Iran: la moglie di un attivista laburista perseguitato processata per un post su Facebook

The wife of a prominent labor activist has been charged with posting “insulting” content on Facebook even though she insists she is not a member of the social media site, which is banned in Iran. Image from ICHRI and used with permission.

La moglie dell'importante attivista laburista è stata accusata di aver postato contenuti ‘offensivi’ su Facebook. Dice di non usare Facebook, che è proibito in Iran. Immagine usata con il permesso di ICHRI [en].

Una versione di questo articolo è stata originariamente pubblicata in due parti all'interno del sito della International Campaign for Human Rights in Iran [en, come i link seguenti salvo diversa indicazione]. Potete trovare le due parti qui e qui.

La moglie dell'importante attivista laburista Mahmoud Salehi è stata accusata di aver postato dei contenuti ‘offensivi’ su Facebook a inizio giugno. Eppure lei insiste dicendo di non usare il social network, che è proibito in Iran.

In un'intervista con gli esponenti dell'International Campaign for Human Rights in Iran – ICHRI, Najibeh Salehzadeh ha rilasciato la seguente dichiarazione:

Mi è stato detto che durante un viaggio in Francia ho postato su Facebook del materiale contro la Repubblica Islamica e al leader supremo. Ma io non ho Facebook e sono andata in Francia per accompagnare mio marito, che era stato invitato da una grande organizzazione del lavoro in Europa.

Salehzadeh ha dichiarato all'ICHRI che, il 6 giugno 2016, è stata convocata nella sezione 2 della Procura iraniana di Saqqez, una città della provincia iraniana del Kurdistan, ed è stata accusata di ‘propaganda contro lo stato’ e di ‘insulti al leader supremo’. Il suo processo, che si è svolto nella sezione 1 della corte Rivoluzionaria di Saqqez, è tuttora in attesa di un verdetto.

Secondo l'accusa, una donna chiamata “Sanaz” avrebbe condiviso due post su Facebook scrivendo il numero di cellulare di Salehzadeh, in basso, in almeno uno dei due post. Tuttavia l'accusa non ha mai mostrato a Salehzadeh la ‘prova’. I presunti post su Facebook sono stati identificati dalle Forze di Polizia iraniana per i Crimini Informatici (FATA) che hanno poi successivamente aperto il caso contro Salehzadeh.

“Ho detto durante il processo che per me non ha nessun senso usare un nome falso su Facebook e poi rendere pubblico il mio vero numero di telefono” ha dichiarato Salehzadeh.

Inoltre ha anche affermato all'ICHRI che molte persone hanno avuto modo di avere il suo numero di cellulare nel 2007, quando suo marito fu trattenuto dalla polizia e lei rilasciò alcune interviste riguardo la sua situazione.

Mahmoud Salehi, il marito di Salehzadeh, è un importante attivista laburista che in Iran è stato arrestato ed imprigionato in diverse occasioni per aver partecipato a proteste pacifiche. Il 28 settembre 2015 è stato condannato a nove anni di prigione per “aver partecipato ad assemblee dell'opposizione e per propaganda contro lo Stato”. Attualmente è libero su cauzione e riceve cure mediche per una malattia ai reni.

In un post su Facebook [ir], Salehi ha insistito nel dire che si tiene alla larga dalla politica iraniana.

L'onorevole giudice del caso ha detto che io e mia moglie abbiamo diffuso una propaganda contro la Repubblica Islamica [mentre eravamo] in Francia. Per vostra informazione è disponibile la registrazione video [ir] del mio discorso ai rappresentanti di 50 Organizzazioni Sindacali, e il giudice onorevole… può chiaramente vedere che la conferenza non aveva niente a che vedere con la Repubblica Islamica o con le credenze di chiunque.

I sindacati indipendenti non sono permessi in Iran. I lavoratori sono abitualmente licenziati e rischiano l'arresto per via degli scioperi, mentre i leader laburisti sono perseguiti secondo le accuse relative alla sicurezza nazionale e vengono condannati a lunghe pene detentive.

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