Il 6 ottobre 1976, le forze dello stato e un gruppo anticomunista attaccarono una protesta studentesca all'interno del campus Tha Prajan, all'Università Thammasat di Bangkok, in Thailandia. Almeno 46 persone furono uccise, ma il bilancio potrebbe essere più grave.
Studenti di varie scuole stavano manifestando contro il ritorno dei leader militari, che erano stati cacciati da una rivolta guidata da studenti nel 1973. Più di mille persone si trovavano nell'Università Thammasat quando il gruppo attaccò i manifestanti. Successivamente, le forze armate organizzarono un colpo di stato quella notte.
Non ci furono mai indagini officiali riguardo al massacro. Nessuno fu arrestato e accusato in tribunale per aver ordinato il brutale omicidio degli studenti. Il massacro non è nemmeno raccontato nei libri di testo del paese.
Ci sono voluti 20 anni perché la Thailandia costruisse una piccola lapide dedicata alle vittime della strage.
Dopo 40 anni, i sopravvissuti e i parenti [en, come i link seguenti salvo diversa indicazione] delle vittime continuano a chiedere giustizia.
40 years after #6October 1976 massacre of pro-democracy students, #Thailand military still commit rights violations with #impunity. pic.twitter.com/8hSOJijk9V
— Sunai (@sunaibkk) October 6, 2016
40 anni dopo il massacro degli studenti pro-democratici del 6 ottobre 1976, l'esercito thailandese commette ancora violazioni dei diritti umani senza essere punito.
‘Erano violenti ed incredibilmente spietati’
Molti studenti furono picchiati e bruciati a morte quel giorno. I giovani manifestanti furono demonizzati come comunisti che volevano far cadere la monarchia, un'istituzione molto amata in Thailandia.
La brutalità dell'attacco fu catturata in una foto scattata del giornalista dell'Associated Press, Neal Ulevich:
Today marks the 40th anniversary of a massacre of pro-democracy students in Bangkok. This @AP photo from that day never fails to horrify. pic.twitter.com/0CBoFPRMw4
— Sally Mairs (@ssmairs) October 6, 2016
Oggi è il 40esimo anniversario del massacro degli studenti pro-democratici a Bangkok. Questa foto dell'Associated Press di quel giorno è sempre sconvolgente.
Neal ha scritto di ciò che vide quel giorno:
Ho visto il corpo di uno studente appeso ad un albero. La scena si ripeteva pochi metri dopo.
Non so quanto tempo prima gli studenti fossero stati linciati – probabilmente solo pochi minuti – ma gli estremisti di destra infuriati si sentivano derubati dalla morte e continuavano a picchiare i corpi.
Netnapa Khumtong era uno studente di medicina all'epoca:
Ci costrinsero ad andare nel campo da calcio e ci fecero togliere i vestiti. Eravamo umiliati e spaventati. Non possiamo dimenticare – sono passati 40 anni, e non è ancora stato trovato un responsabile. Erano violenti, e incredibilmente spietati.
Prayuth Chumnasiau venne arrestato quel giorno. Dopo il suo rilascio, scelse di unirsi ai ribelli comunisti nelle montagne:
Ero all'Università Thammasat quando accadde. E fui arrestato e detenuto alla scuola di polizia Bang Khen per sette giorni. Il 12 ottobre, la polizia acconsentì al rilascio su cauzione. L'Università Ramkhamhaeng, dove studiavo, pagò la cauzione a tutti i suoi studenti. Le condizioni erano che dopo il rilascio ogni studente si sarebbe dovuto presentare ogni mese ai servizi segreti. Tutti gli studenti arrestati e rilasciati grazie all'Università Ramkhamhaeng si presentarono e i loro profili furono registrati. Pochi giorni dopo il rilascio, decisi di unirmi alla lotta armata del movimento comunista nella foresta.
‘La questione è completamente scomparsa nella società thailandese’
Thongchai Winichakul, docente universitario ora in pensione, anche lui un sopravvissuto del massacro, fa notare come i governi appoggiati dall'esercito che si sono succeduti abbiano cospirato per nascondere la verità riguardo a ciò che accadde a Thammasat quel giorno:
Non vogliono riconoscerlo. Ecco perché la statua che commemora l'incidente è stata messa in un angolo dell'università. Non può essere messa in un luogo pubblico…
Puangthong Pawakapan, professore di scienze politiche dell'Università Chulalongkorn, ha denunciato la mancanza di giustizia verso le vittime del massacro:
Tale questione è scomparsa completamente nella società thailandese. Nessuno ne parla mai, affatto. Coloro che chiedono giustizia sentono che è impossibile. Molte persone dicono che il problema non dovrebbe essere riportato alla luce. Tutto ciò è un chiaro segnale che ai responsabili è stato permesso di farla franca. Perché sono ancora al potere.
Sinsawat Yodbantoey, un altro sopravvissuto, spinge il pubblico a ricordare questo tragico episodio della storia recente della Thailandia:
Ci sono cose che sono state registrate e cose che sono state dimenticate. Ci sono memorie selettive e dimenticanze selettive. Questo crea confusione.
Ricordare il massacro
Prommin Lertsuridej ha spiegato perché gli attivisti e i sopravvissuti come lui continuano a riunirsi ogni anno per commemorare l'evento:
Ci riuniamo ogni anno per mostrare che non non siamo stati quelli che hanno distrutto il paese – ma che siamo coloro che vogliono creare una società giusta.
Per la prima volta in 40 anni, l'Università Chulalongkorn, la prima università della Thailandia, ha organizzato un evento per parlare del massacro. L'attività ha addirittura attirato l'attenzione internazionale perché uno degli invitati era lo studente ed attivista di Hong Kong Joshua Wong, a cui è stato negato l'entrata nel paese all'aeroporto di Bangkok.
Molte scuole a Bangkok hanno organizzato attività simili per parlare alle nuove generazioni del massacro.
How one man commemorate #6Oct76 massacre. #Thailand #impunity #barbarity #brutality pic.twitter.com/5iqCsE7AoQ
— Pravit Rojanaphruk (@PravitR) 6 de octubre de 2016
“Penso dunque sono morto, 40° anniversario, 6 ottobre 1976-2016″ – Come un uomo sceglie di commemorare il massacro del 6 ottobre 1976.
Il massacro non è menzionato nel curriculum scolastico ma viene commemorato attraverso vari lavori artistici.
Quest'anno, un artista ha organizzato un'esposizione di “selfie” per rielaborare il bisogno di ricordare la storia. Uno dei ritratti dei selfie riguarda il massacro di Thammasat.
#Thailand: “The role of the artist is to ask questions, not answer them.” The selfie series: https://t.co/rB3IchQO7q pic.twitter.com/P1oMvh4D74
— Kingsley Abbott (@AbbottKingsley) October 6, 2016
Thailandia: “Il ruolo dell'artista è di porre domande, non di trovare risposte”. La serie di selfie: https://t.co/rB3IchQO7q pic.twitter.com/P1oMvh4D74
Ma la ricerca di giustizia resta vaga. La situazione oggi è resa più difficile perché questi stessi militari controllano il governo.
Secondo il professor Surachart Bamrungsuk dell'Università Chulalongkorn, i militari sono responsabili dell'instabilità politica del paese:
La nostra politica continua ad avere alti e bassi, con civili e militari che si alternano alla guida del paese, ma nessuna azione a favore delle vittime di questo incidente mortale ‘dimenticato’. I militari dovrebbero ritornare nelle loro caserme e lasciare che la politica faccia il suo corso naturale.
Intanto, gli attivisti sottolineano il bisogno di mettere fine all'impunità nel paese. Chiedono inoltre l'arresto dei responsabili del massacro di Thammasat e che i militari ristabiliscano un governo civile.