Riprendiamoci Twitter!

Screengrab from the We Are Twitter campaign video

Per molti di noi Twitter è il modo più semplice e veloce per informarsi e condividere quanto succede intorno a noi. La piattaforma collega tra loro le diffonde notizie vitali e dà visibilità ai movimenti in ogni parte del mondo.

Tuttavia Twitter Inc. rischia seriamente di essere venduto [en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione] insieme a tutti i suoi utenti. Secondo Wall Street, l'azienda sta per fallire perché non garantisce guadagni sufficienti agli azionisti. Note corporation con i mezzi e l'interesse per acquistarlo—Google, Salesforce, Disney, Microsoft—alla fine hanno declinato.

Questa triste prospettiva ha dato vita a un crescente movimento globale per sollecitare Twitter Inc. a darsi da fare, insieme ai suoi stessi utenti, per aiutarli a trovare il modo per acquistare l'azienda e trasformarla in una piattaforma cooperativa con proprietà condivisa. Anziché essere venduto al miglior offerente, questo movimento vorrebbe che l'azienda condividesse il proprio futuro con coloro la cui partecipazione lo rende così prezioso: gli utenti.

Sull'onda di un articolo pubblicato a fine settembre sul Guardian da Nathan Schneider, giornalista e ricercatore presso l'Università del Colorado, Boulder, è così partita una campagna online per dare corpo a quest'iniziativa. Si basa innanzitutto su una petizione multi-lingue (italiano incluso) che al momento ha superato le 2.900 firme, affiancata dagli hashtag #NoiSiamoTwitter e #CompriamoTwitter (#WeAreTwitter e #BuyTwitter). C'è poi un gruppo (aperto a tutti) su Loomio per decidere come procedere e un canale su Slack per ulteriori discussioni e attività di coordinamento.

Strumento cruciale per l'attualità internazionale

Twitter è un po’ come il classico coltellino dell'esercito svizzero, applicato all'attivismo digitale e alla conversazione globale. Per le testate indipendenti si è rivelato un'importante fonte d'informazione, e ha contributo a cambiamenti drastici nella diffusione delle notizie nelle varie regioni del mondo – e su chi ne mantiene il controllo.

Global Voices è stato tra i pionieri nel ricorso a Twitter per raccogliere notizie sul campo, usandolo per seguire e informare su eventi e situazioni segnalati in tempo reale, per esempio, dagli attivisti durante la Primavera Araba del 2011 [it]. Da qui si è sviluppata una intricata rete di relazioni e connessioni tra gli utenti che pubblicavano e rilanciavano le notizie a getto continuo, e la piattaforma si è rivelata un ottimo strumento per creare comunità.

Allo stesso modo, Andy Carvin—all'epoca social media editor della National Public Radio statunitense—prese a usare Twitter in maniera creativa, non soltanto per raccogliere/rilanciare notize e procedere al ‘fact-checking’ in tempo reale, bensì anche per portare alla luce le storie personali dei tanti che stavano lottando per la libertà nelle strade e su internet.

In entrambi i casi, Twitter si è dimostrato una modalità innovativa per fornire aggiornamenti dal campo senza filtri, nonostante l'assenza di corrispondenti locali o a fronte delle censure governative, una narrativa che eventualmente ha attirato l'attenzione (in alcuni casi anche eccessiva) delle grandi testate tradizionali occidentali.

La rete d'informazione del popolo?

Un altro evento sotto molti aspetti caratterizzato da Twitter sono state le recenti elezioni presidenziali americane. Dallo scorso agosto all'8 novembre, sono stati generati oltre un miliardo di tweet e gli account dei due maggiori candidati hanno prodotto un flusso costante di aggiornamenti, nel bene e nel male, spesso seguiti da fact-checking in tempo reale e vari meme satirici.

Questo quadro variegato è la prova di quanto affermato recentemente dallo stesso responsabile di Twitter, Jack Dorsey, che ha definito la piattaforma “la rete d'informazione del popolo”, e la campagna per una proprietà in cooperativa di Twitter punta proprio su quest'aspetto. Non a caso nella lettera introduttiva [it] della campagna stessa si legge fra l'altro (il “tu” si riferisce direttamente a Twitter):

“E se tu fossi veramente del popolo? Perché non troviamo piuttosto un modo che consenta a noi utenti di comprarti?

Vorremmo raggiungere un accordo grazie al quale tu possa continuare ad andar forte, puntando a traguardi da raggiungere collaborativamente, anziché limitarsi a ingrossare il portafoglio di pochi investitori. Siamo convinti che insieme sia possibile portare avanti un’attività imprenditoriale che funzioni, prosperi ed innovi in modo eccezionale”.

Al momento, l'obiettivo primario dell'iniziativa è quello di raggiungere un accordo di questo tipo con la propretà, dove si preveda l'inclusione e la ricompensa di tutti coloro che finora hanno contribuito a costruire il Twitter che amiamo (pur con problemi da risolvere, quali certo linguaggio violento, bot e rumore eccessivo).

Una proposta azzardata, però…

Si tratta forse di un'idea così folle? Forse. Non ultimo perché trasformare Twitter in una cooperativa di proprietà degli utenti richiede interventi precisi per acquistarlo dall'attuale dirigenza e azionariato. Ciò comporta decisioni non da poco e una forte somma di denaro. Attualmente si discutono proprio gli aspetti tecnici di una simile proposta. Quel che conta, però, è che questa “folle idea” sta generando un ampio dibattito sui possibili modelli di alternativi di proprietà per i social media e le piattaforme online.

Sta crescendo la spinta generale per costruire un'internet più partecipativo e collaborativo [it], come parte del più ampio movimento verso un nuovo mutualismo (platform cooperativism) che va attirando individui, aziende e città di ogni parte del mondo. Non tutto sul web deve operare come Google oppure Facebook. La decentralizzazione e il coinvolgimento diretto degli utenti sono elementi chiave per l'internet del futuro – un'internet fatto dalla gente e per la gente.

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