Abbiamo seguito i tweet di Bana Alabed [en, come tutti gli altri link salvo diversa indicazione] una bambina di 7 anni, e di sua madre; gli ultimi messaggi di attivisti e combattenti che aspettano la resa o la morte; e cerchiamo di accertarci degli attacchi chimici o delle storie contrastanti sui bombardamenti degli ospedali. E allo stesso tempo, lottiamo per capire se queste informazioni combaciano con la nostra visione del mondo attuale o la sovvertono.
La guerra civile siriana potrebbe essere la guerra più documentata della storia. Sono stati creati milioni di immagini, video, blog, tweet e documenti audio sul conflitto, ma la vita va avanti in Siria nonostante la guerra, e la relativa crisi di rifugiati. Queste notizie — create da giornalisti, cittadini, attivisti, combattenti e vittime — sono il prodotto della nostra fiorente cultura mediatica partecipativa, della copertura di documentazione digitale e della riflessione che accompagna gran parte della vita moderna.
La Siria, prima della guerra, aveva una tecnologia delle comunicazioni ragionevolmente robusta e crescente, con l'accesso alle reti dei mass media, alla TV satellitare, a internet e ai dati mobili. L'accesso a queste tecnologie ha dato ai siriani i mezzi sia per comunicare tra di loro che per connettersi con il resto del mondo. Restano oggi tracce sufficienti di queste reti, che permettono alle persone nelle zone di conflitto di continuare a condividere informazioni. Nonostante la guerra (o forse a causa di essa), le reti dei citizen media siriani, con un'incrementata conoscenza e abilità, sono state il canale principale per documentare la guerra.
Ma l'accesso ai vasti archivi online di informazione sulla guerra non garantisce che questo materiale sia organizzato o presentato in accordo con le nostre aspettative sui reportage di guerra. Questo perchè l'informazione nel conflitto moderno non riporta semplicemente i fatti così come accadono. L'informazione, invece, è parte della battaglia nella percezione della guerra e dei suoi combattenti. Questo fa formare opinioni su ciò che è giusto e etico, su chi vale la pena di supportare sul piano politico o sul quello delle fonti, e su chi sarà oggetto di attacco.
L'informazione e la sua manipolazione sono state un elemento vitale e strategico in questo conflitto, e il controllo dell'informazione è diventato un'arma. Il Syrian Electronic Army, l'esercito degli hacker siriani, una forza parastatale che supporta il regime di Assad, nei primi giorni del conflitto ha preso di mira gli attivisti con continui attacchi DDoS [it], attacchi hacker e malware. Nel frattempo, sia il regime di Assad che l'ISIS hanno preso di mira i giornalisti per il loro lavoro.
L'ISIS è riuscito a cambiare il corso della guerra attraverso un uso della violenza preciso e aggressivo, soprattutto nella documentazione delle decapitazioni dei giornalisti occidentali e nella promozione di questi video attraverso i canali mediatici.
La nebbia della guerra non accade e basta; i combattenti vi contribuiscono strategicamente con i loro tentativi di mistificazione e confusione degli avversari.
Contro le forze della disinformazione, trovare o costruire un discorso coerente sulla guerra è una sfida immensa. Ora conosciamo i principi e le tecniche per organizzare, dare la priorità e verificare l'informazione pubblicata dalla Siria. Possiamo identificare i fatti e stabilire le prove attraverso un'analisi attenta e con le tecniche mediatiche forensi come la ricerca inversa per immagini, la geolocalizzazione e l'analisi dei metadati. Possiamo costruire e mantere relazioni di fiducia con gli amici, i colleghi e le fonti vicini al conflitto.
Possiamo sapere molte cose su questa guerra, ma conoscere semplicemente i fatti non è abbastanza per cambiarne il corso. I fatti comprovati non influenzano necessariamente il risultato degli eventi. Questa è l'essenza del potere della conoscenza e dei sui limiti.
Questa storia è stata inizialmente pubblicata da Public Radio International, partner di Global Voices.