Un detenuto nella prigione siriana di Saydnaya: ‘potevo sentire l’odore della tortura’

Screenshot from 'Inside Saydnaya', Amnesty International's video report of its findings. Source: YouTube Video.

“Nessuno conosce l'orribile tipo di torture che avvengono all'interno” – Screenshot da ‘Inside Saydnaya’, il video report di Amnesty International col materiale scoperto. Fonte: YouTube Video.

Sono almeno 17.723 i siriani morti in prigione dal 2011. È questo che viene rivelato nell’ allarmante rapporto [en, come i link seguenti salvo diversa indicazione] di Amnesty International, organizzazione internazionale che si occupa di diritti umani. La relazione è intitolata “‘Spezza l'essere umano': Tortura, malattia e morte nelle prigioni siriane” ed inizia con ciò che oggi è tristemente risaputo, vale a dire che:

Per decenni, sia l’intelligence siriana che altre forze di sicurezza hanno commesso torture e maltrattamenti, incoraggiati da una cultura dell’impunità, rafforzata dalla legislazione siriana. Tuttavia nel 2011, da quando l’attuale crisi è iniziata, la situazione è diventata catastrofica, con torture commesse su larga scala.

Ma c’è una prigione in particolare, chiamata in causa nel rapporto di Amnesty International, che potrebbe essere considerata come quella più tristemente nota delle altre. In un post Facebook, il famoso siriano Yassin Al-Haj Saleh, intellettuale e dissidente in esilio, che ha trascorso 16 anni nel regime carcerario per essere un membro di un gruppo comunista a favore della democrazia, ha descritto questa prigione come “il posto più orribile al mondo”. Eyal Weizman, direttore dell’agenzia di architettura forense di Goldsmiths, Università di Londra, ha persino dichiarato al giornale inglese ‘The Guardian’ che “quell’edificio è, in sé di per sé, uno strumento architettonico di tortura”.

Sia Al-Haj Saleh che Weizman fanno riferimento alla prigione militare di Saydnaya, situata 30 km a nord di Damasco. È questo il carcere sul quale Amnesty International ha provato a richiamare l'attenzione, collaborando con l’architettura forense ed avendo il supporto di testimonianze concrete di 65 persone sopravvissute alle torture.

Il loro resoconto testimonia alcuni orrori che i dissidenti del regime di Saydnaya hanno dovuto sopportare dall’inizio della rivoluzione avvenuta nel 2011. I racconti dei molti metodi di tortura, incluso lo stupro, sono apparsi nel breve documentario ‘Inside Saydnaya’, distribuito da Amnesty International in concomitanza con la pubblicazione della relazione.

Un uomo, chiamato ‘Jamal A’ da Amnesty International per proteggere la sua identità, è stato arrestato per aver aiutato dei civili rimasti sfollati a causa dei conflitti, ed è stato mandato a Saydnaya nell’ottobre del 2012, dove è rimasto sino a gennaio del 2014. Egli ricorda:

Non appena siamo arrivati ci hanno messo tutti nella doccia [una parte della cella] uno sopra l’altro. Ovviamente eravamo nudi. Il mio pene poggiava sulla schiena di un compagno di cella. Mi vennero i crampi e dovetti muovere la gamba, quindi il mio amico prese lo spazio che avevo creato muovendola. Poi per sbaglio ho messo il mio piede sul suo pene. Gridò. Per questo motivo ci picchiavano con una spranga di acciaio sui palmi delle mani. In passato ero stato operato ad una mano, loro lo sapevano ma si sono concentrati a colpire proprio quel punto, sempre più forte. Per via della mia precedente operazione il dolore era 10 volte più forte.

Salam featured in 'Inside Saydnaya', Amnesty International's video report of its findings. Source: YouTube Video.

Salam, protagonista di ‘Inside Saydnaya’, il video di Amnesty International col materiale scoperto. Fonte: YouTube VIdeo

‘Salam’, un avvocato di Aleppo, arrestato a settembre 2011, è stato mandato a Saydnaya da gennaio 2012 a giugno 2014, per aver partecipato ad una manifestazione pacifica. Ha dichiarato ad Amnesty International che non appena entrato all’interno della prigione poteva già “sentire l’odore della tortura”.

Quando mi hanno portato dentro la prigione potevo sentire l’odore della tortura. È una particolare puzza di umidità, sangue e sudore; è l’odore della tortura. Mi hanno portato tre piani sottoterra. Eravamo in sette dopo essere stati picchiati. Ci hanno condotto dentro la nostra cella. Era lunga 2,5 metri per 3 metri. C’era un grande muro, con un buco alla fine della stanza. Non c’era la doccia, c’era soltanto un gabinetto. Tutto era sporco e bagnato; l’acqua gocciolava dal soffitto della cella. Non c’erano luci, tutto era completamente buio. Non si potevano neanche vedere le altre persone della tua stessa stanza.

Un altro attivista, ‘Shappal’, che ha sostenuto i diritti dei curdi in Siria, ha dichiarato di essere stato ripetutamente colpito mentre le guardie gridavano ‘Bashar è il tuo Dio’, riferendosi al Presidente siriano Bashar al Assad, che è rimasto ancorato al potere negli ultimi cinque anni di guerra civile:

Hanno portato del cibo, ma era davvero poco. Ci hanno picchiato per due ore dicendo ‘Bashar è il vostro Dio’. Hanno fatto la stessa cosa con i detenuti delle celle singole. Sentivamo le guardie venire verso di noi, cella dopo cella, avvicinandosi sempre di più. Chiaramente le altre celle singole [al piano di sotto] erano vicine l’un l’altra e allineate, ma il rumore delle botte era così forte che poteva raggiungere il cielo.

Screenshot from 'Inside Saydnaya', Amnesty International's video report of its findings. Source: YouTube Video.

“Dormi a comando, ti svegli a comando, mangi a comando” – Screenshot di ‘Inside Saydnaya’, il video report di Amnesty International col materiale scoperto. Fonte: YouTube Video.

‘Una testimonianza per ritenere responsabile il regime siriano di questi omicidi di massa’

Queste testimonianze vanno unite ad una relazione rilasciata a febbraio 2016 dalla Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite, nel quale sono state esaminate le uccisioni dei detenuti avvenute tra il 10 marzo 2011 ed il 30 novembre 2015, sulla base di 621 interviste. La relazione si conclude così:

I prigionieri detenuti dal governo venivano picchiati sino alla morte, o morivano a seguito di infortuni causati dalle torture. Altri invece sono scomparsi a seguito di condizioni di vita disumane. Il governo ha commesso dei crimini inerenti alla sterminazione dell’essere umano, all’omicidio, allo stupro e ad altre forme di violenza sessuale, tortura, reclusione, sparizioni forzate ed altri atti disumani. Sulla base dello stesso comportamento sono stati commessi anche crimini di guerra.

In una dichiarazione pronunciata insieme alla relazione, Philip Luther, direttore di Amnesty International per il Medio Oriente e l'Africa del Nord, ha sottolineato che la comunità internazionale, e precisamente riferendosi a Russia e Stati Uniti, deve impegnarsi seriamente per fermare queste pratiche.

Le comunità internazionali, in particolare di Russia e Stati Uniti, che presiedono i colloqui di pace sulla Siria, devono rendere prioritari questi abusi nell’agenda delle discussioni tenute sia con le autorità che con i gruppi armati, facendo loro pressione per far sì che l’uso della tortura e di altre forme di maltrattamento finisca.

Yassin Swehat, un blogger spagnolo-siriano ma anche giornalista e co-fondatore del sito di cronaca Al Jumhuriya, ha rilasciato queste riflessioni a Global Voices [ar]:

رغم أن تقرير الأمنستي لا يحمل جديداً بالنسبة للسوريين، الذين عاشوا ويعيشون قصصاً يومية مع الاعتقال، ومع كل الآلية المتسلطة المبنية حول مسألة الاعتقال، بما في ذلك شبكة الفساد الهائلة حولها (لمعرفة أوضاع معتقل، لإيجاد مكانه، لإيصال ملابس أو أدوية..أو حتى فقط لمعرفة إن كان لا يزال على قيد الحياة) إلا أنه تقرير مهم للغاية، إذ يوثق كيف صنع العهد الأسدي الثاني، عهد بشار، سجنه الأيقوني الخاص بعد أن كان سجن تدمر الرهيب هو السجن الأيقوني للعهد الأسدي الأول، عهد حافظ. للأسف أخشى للتقرير مصيراً مشابهاً لتسريبات قيصر، إذ أثبت العالم عدم اكتراثه لانتهاكات حقوق الإنسان من قبل النظام وحلفاءه. لكن مع ذلك التقرير وثيقة مهمة للغاية، وسيكون لها أهميتها في الذاكرة التاريخية السورية بلا شك، وأرجو أن يكون له أهمية قانونية يوماً ما كشهادة لمحاسبة آلة الطحن والقتل والاعتقال، أي النظام السوري.

La relazione di Amnesty International non contiene niente di nuovo per i siriani che hanno vissuto e vivono quotidianamente con la minaccia di essere arrestati, soggetti ad un meccanismo di autoritarismo che circonda il problema delle detenzioni, aggravato dalla corruzione dilagante (sapere le condizioni del prigioniero, localizzarlo, fare in modo che riceva vestiti o medicine, o sapere se è ancora vivo). Ciononostante, è una relazione davvero importante che documenta come con la seconda era di Assad, quella di Bashar, sia stata creata l’emblematica prigione di Saydnaya, che segue l’altra prigione simile di Tadmur della prima era di Assad, quella relativa a Hafez al Assad [il padre di Bashar].

Purtroppo, ho la paura che il destino di questa relazione sia molto simile a quella [del 2014] di Caesar leaks [torture ed esecuzioni dei prigionieri elencate dettagliatamente dalle autorità siriane], dove il mondo ha provato indifferenza verso le violazioni dei diritti umani praticate dal regime e dai suoi alleati.

Questa relazione è però un documento davvero importante, e senza ombra di dubbio avrà una sua importanza nella memoria storica della Siria. Spero che un giorno, avrà una rivelanza legale, come testimonianza per ritenere responsabile il regime siriano di questi omicidi di massa.

Luna Watfa, cofondatrice della ‘Organizzazione Femminile per i Prigionieri Siriani’, ma anche ex detenuta dopo aver trascorso 13 mesi all’interno della prigione governativa siriana, ha chiesto ai suoi followers di Twitter di leggere la relazione di Amnesty International.

Ti sei mai chiesto come sono i centri di tortura di Assad? Vuoi esplorarli tu stesso? Adesso puoi a Saydnaya.

Il CPJ (Comitato per la Protezione dei Giornalisti) ne ha approfittato per ricordarci un giornalista di Palestine Today, Bilal Ahmed Bilal, morto nel dicembre del 2013, dopo quasi due anni di reclusione a Saydnaya:

Bilal Ahmed Bila, il giornalista di Palestine Today, uno dei tanti che sono morti all'interno della prigione di Saydnaya.

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