Il 24 febbraio 2017, l'ufficio del pubblico ministero del distretto Yokohama ha pubblicato un atto con diverse accuse, inclusi numerose accuse di omicidio e tentato omicidio contro Satoshi Uematsu. Lui è il ventisettenne ex-dipendente del Tsukui Yamayuri-en (‘Tsukui giardino del giglio’) una casa di cura per persone con disabilità mentali a Sagamihara, Prefettura di Kanagawa, che ha ucciso 19 pazienti e ne ha feriti altri 27 nelle prime ore del 26 luglio 2016. L'accusa è stata pubblicata dopo che il 20 febbraio, Uematsu è stato dichiarato mentalmente idoneo per un processo.
Non è ancora stata decisa una data per il processo, sebbene è stato riportato che Uematsu potrebbe essere giudicato da un giudice di pace. Come ha riportato [en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione] il sito Asahi: “L'indagine di sette mesi, inclusi i cinque mesi di valutazioni psicologiche, ha portato a: 19 accuse di omicidio; 24 accuse di tentato omicidio, due accuse di reclusione illegale che hanno causato ferite; tre accuse di reclusione illegale; un'accusa di accesso illegale; e un'accusa di violazione della legge sul controllo delle spade e delle armi da fuoco.”
La notizia è stata riportata da ogni principale giornale in Giappone, ma può magari essere criticato il metodo che alcuni, se non la maggior parte della stampa giapponese, hanno avuto nel documentarla. Il principale focus è stato sulla salute mentale di Uematsu — gli è stato diagnosticato con un narcisistico disordine della personalità (NPD) — e nel fornire possibili motivazioni per spiegare il perchè abbia commesso il crimine. Come lo Yomiuri Shimbun ha scritto nell'editoriale del 25 febbraio, “La custodia dei pubblici ministeri dell'uomo per una valutazione mentale è continuata per cinque mesi. Questo è dovuto probabilmente all'approccio più cauto dato dalle autorità, visto che l'incidente è stato eccezionalmente efferato.”
Questo grave episodio, per numero di morti e feriti, è il più grande omicidio di massa in Giappone dalla Seconda Guerra Mondiale, così da questa prospettiva è sicuramente un crimine “eccezionalmente atroce”. Cosa non risulta chiaro è perchè un crimine del genere possa richiedere “un approccio più cauto”. Sicuramente la procedura standard di recuperare prove, interrogare il sospettato e presentare le prove all'accusa nella speranza di avere un processo, non cambia solo perchè ci sono stati così tanti sono stati uccisi e feriti. L'unica cosa, infatti, che rende questo incidente insolito è che la maggior parte delle vittime erano disabili. Un'altra cosa che trovo fastidiosa è il bisogno apparente dei media di trovare una spiegazione più profonda per le azioni di Uematsu, considerato che lui stesso ha reso la sua motivazione abbastanza chiara. Come è stato riportato, egli ha detto al poliziotto quando si è consegnato, subito dopo aver commesso il crimine, “L'ho fatto… È meglio che le persone disabili scompaiano.”
Non voglio suggerire che i media giapponesi abbiamo completamente sbagliato usando l'incidente per sottolineare gli scarsi risultati del Giappone nel affrontare problemi di salute mentale. Uematsu aveva subito un ricovero forzato in un ospedale alla fine di febbraio 2016, ed è stato lì solo pochi giorni prima di esser rilasciato. La speranza che questo incidente porti il Giappone a sviluppare un “intervento prematuro” efficace per i malati mentali è un sentimento da rispettare, ma focalizzarsi solo sulla salute mentale del sospettato toglie attenzione dalle vittime, molte delle quali non saranno nominate, apparentemente per richiesta dei familiari. Ci sono comunque alcuni tra i media giapponesi, come Kazuhiro Nozawa, un redattore del Mainichi Shimbun, che ritengono che il tono dell'informazione sottolinei un pregiudizio distintivo giapponese sull'avere una disabilità, o avere un bambino disabile.
“Il sospettato nel caso Sagamihara,” scrive Nozawa, “visti gli esausti guardiani dei pazienti con handicap a Yamayuri En, è arrivato a pensare che le persone disabili “possono solo portare all'infelicità” ed è giunto alla conclusione che su queste persone si dovrebbe praticare l'eutanasia. Sebbene la sua idea sia incredibilmente contorta, non si può negare che la sua partecipazione emotiva verso i guardiani delle persone disabili formi parte della sua idea. Le notizie sull'incidente sono basate ampiamente sulla compassione verso i sorveglianti delle vittime”.
La preoccupazione dei media per la possibile malattia mentale del sospettato e la compassione per le famiglie delle vittime sposta l'attenzione dalle vittime in se, dalla direzione della casa di cura Tsukui Yamayuri En e dalla loro parte di responsabilità per le uccisioni. Secondo Kyodo News [jp], un'inchiesta del governo della prefettura Kanagawa sull'incidente, ha concluso che la struttura ha agito “in modo estremamente inappropriato” non condividendo informazioni che potrebbero aver avuto ripercussione sulle vite dei loro pazienti. L'articolo continua affermando che “se le informazioni fossero state condivise con la prefettura, misure o personale di sicurezza sarebbero state rinforzate. C'è stato un problema nella gestione di situazioni critiche”.
Nonostante questo reportage incriminante, i media non sembrano criticare come è stata gestita la struttura, e sembra che la stessa direzione operativa al tempo del incidente sia rimasta a ricoprire gli stessi incarichi, che è anomalo. È istruttivo confrontare le modalità con cui i media giapponesi hanno documentato Sagamihara rispetto ‘all'incidente Dentsu’. Dentsu è una delle maggiori aziende pubblicitarie giapponesi il cui presidente, Tadashi Ishii, ha dato le dimissioni nel dicembre 2016, un anno dopo che uno dei suoi dipendenti, Matsuri Takahashi, si è tolto la vita per le troppe ore di straordinario. In quel caso la protesta pubblica e la pressione dei media hanno giocato un ruolo importante per costringere il presidente della società a dare le dimissioni. Non sembra che una simile urgenzia sia stata applicata per la direzione della casa di cura Tsukui Yamayuri En.
In sostanza, nessuno vuole causare alle famiglie in lutto nessuno stress ulteriore. Ma se il governo giapponese è sincero nel voler migliorare le vite delle persone disabili dopo Sagamihara, le attitudini verso i disabili in Giappone hanno bisogno di cambiare, e specificamente il pregiudizio verso i bisogni dei disabili deve essere rimosso. Come dice Suzanne Kamata, da lungo tempo residente in Giappone e madre di una ragazza disabile: “Il primo passo verso la normalizzazione è la visibilità. Come possiamo essere in lutto per quelli a cui è stata negata la loro umanità? Mostrate i loro visi. Dite i loro nomi.”
Il titolo di questo articolo è stato aggiornato.
Michael Gillan Peckitt è un accademico che vive a Kobe ed è autore dell’ e-book “La storia di un Gaijin [it]: racconti di un disabile inglese in Giappone”.