Il Regno Unito, uno dei maggiori fornitori di armi, vuole rendere illegale il boicottaggio del settore

Londra, protesta contro la vendita di armi inglesi a Israele del 21 novembre 2014. Fonte: Sito Web del Movimento BDS

L'industria degli armamenti del Regno Unito rappresenta uno dei settori più importanti a livello mondiale [en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione], seconda solo agli Stati Uniti. Questa è stata coinvolta in diversi abusi e atrocità, soltanto di recente nella guerra in Yemen fornendo bombe a grappolo all’Arabia Saudita, suo principale consumatore. Di fronte e tali accuse, l'organizzazione Campagna Contro il Commercio di Armi (CAAT) ha trascinato in tribunale il governo britannico in diverse occasioni:

Siamo in tribunale per chiedere al Regno Unito di smetterla di fornire armi inglesi all'Arabia Saudita, che hanno ucciso e ferito 3.500 bambini nello Yemen.

Tra gli esempi più spesso citati, quali Arabia Saudita, Bahrain e Israele, compare anche il Messico, al quale è stata venduta una massiccia quantità di armi prodotte dal Regno Unito, e dove gli omicidi, le sparizioni di massa e il massiccio sfollamento di civili, causati dalla guerra di droga attualmente in corso, hanno trasformato il paese in una delle zone più violente al mondo. Tra il 2013 e il 2016, le licenze di esportazione verso la Turchia rilasciate dal Regno Unito nel settore militare e della sicurezza ammontavano a 466 milioni di sterline; e sono state inoltre impiegate durante la brutale e diffusa repressione nel territorio turco nei confronti della società civile e dei curdi.

Grazie a convenzioni “aperte al pubblico” in materia di scambi commerciali, come la manifestazione espositiva Security & Policing (S&P), e gli eventi a porte chiuse, tra i quali la fiera Defence and Security Equipment International (DSEI), il Regno Unito consente alle aziende locali e internazionali di esporre alcune delle armi più letali al mondo ed è inoltre sede di uno dei principali fornitori di prodotti software di videosorveglianza a livello globale, la società Gamma Group.

Il movimento “Stop alla Fiera delle Armi!”, un gruppo di attivisti che ha tentato di fermare i lavori per la fiera DSEI prevista per settembre 2017, ha recentemente evidenziato il ruolo assunto dal Regno Unito nella vendita regolare di attrezzature di videosorveglianza e armi a governi noti per aver violato i diritti umani, quali Arabia Saudita, Bahrain, Etiopia e Venezuela.

Nel Regno Unito, la fiera militare “chiusa al pubblico” [riservata solo agli operatori di settore] vende attrezzature di videosorveglianza e gas avvelenante ai torturatori.

Il giornalista Cahal Milmo ha recentemente scritto sul sito inew.co.uk quanto segue:

Il governo ha approvato oltre 152 licenze per l'esportazione di armi non letali all'estero dal 2010, tra cui alcuni gas lacrimogeni o munizioni contenente gas irritante del valore di 182.000 sterline destinati alla spedizione in Arabia Saudita nel 2015 e, per il 2014, ha autorizzato la vendita di munizioni di controllo della folla pari a 6,1 milioni di sterline agli Emirati Arabi Uniti.

Sebbene stia negoziando la sua uscita dall'Unione Europea, il Regno Unito persegue l'obiettivo di espandersi in quest'area, in conformità sia alle indicazioni contenute nella carta verde per il dopo Brexit sia a quanto stabilito da David Jones, uno dei ministri responsabili dell'uscita dall'UE e membro del parlamento britannico. 

Lo scorso febbraio, il Regno Unito ha confermato la sua posizione in materia quando ha annunciato la realizzazione di piani volti a vietare a enti come i consigli locali, il Servizio Sanitario Nazionale del Regno Unito (NHS), gli enti pubblici e alcune associazioni studentesche universitarie di promuovere attività di boicottaggio, liberazioni o di sanzioni nei confronti di un settore o uno stato “diversamente da quelli verso cui il governo ha già formalmente introdotto sanzioni legali, embarghi e restrizioni”. 

Il Regno Unito intende vietare agli enti pubblici finanziati dal governo di promuovere attività di boicottaggio, liberazione o di sanzioni nei confronti di un settore o uno Stato. 

La legge anti-boicottaggio è stata pensata in seguito ai continui sforzi compiuti dal Ministero delle Comunità e degli Enti Locali per impedire alle autorità finanziate da risorse pubbliche di boicottare, per motivi etici, determinati paesi o le offerte provenienti da fornitori aventi sede in altri Stati. Tale proposta avrà effetto sulle politiche in materia di fondi di approvvigionamento per l'acquisto di beni e servizi, adottate per motivi etici da diversi enti pubblici al fine di impedire che si investa o si acquistino determinati tipi di prodotti. La legge interesserà anche le modalità con cui tali enti investiranno in fondi pensione, che andranno a confondersi con i “fondi comuni” o i “fondi sovrani”. I ministri di governo coinvolti nella proposta hanno fatto sapere che verranno applicate sanzioni “severe” in caso di violazione della legge.

In risposta a tali indicazioni, la UNISON, una delle maggiori organizzazioni sindacali britanniche, ha evidenziato quanto segue: “Le politiche di investimento dovrebbero essere materia dei membri dei fondi pensione e dei loro consulenti, non del governo”. Lo scorso anno, l'associazione Pensions and Lifetime Savings, che include oltre 1300 regimi pensionistici, ha inoltre sottolineato che tali norme potrebbero danneggiare gli interessi dei membri dei fondi pensione

La protesta guidata dal movimento “Stop alla Fiera della Armi” contro la vendita di armi inglesi a Israele del 7 settembre 2015. Fonte: Facebook

Diverse campagne confermano il ruolo decisivo svolto storicamente dai consigli locali nel difendere i diritti umani e nel rafforzare i processi volti a influenzare le norme internazionali. Negli anni '60 e '70, oltre 100 enti locali britannici hanno scelto di vietare le merci provenienti dal Sudafrica e, nel 1981, il Consiglio di Strathclyde ha interrotto gli investimenti dei fondi pensione attivati da società aventi filiali nel territorio sudafricano. 

Più di recente, nel 2014, il comune di Leicester ha approvato una politica di boicottaggio dei prodotti provenienti dagli insediamenti illegali israeliani, in Cisgiordania, allo scopo di difendere i diritti dei cittadini palestinesi. Nel 2015, il comune di Birmingham ha minacciato di non rinnovare il contratto di smaltimento stipulato con l'azienda francese di gestione dei rifiuti Veolia, qualora essa non avesse rinunciato alle proprie attività in Cisgiordania. In risposta a tali azioni, il segretario di Stato per le Comunità Locali Sajid Javid ha affermato “reprimeremo definitivamente tali campagne di boicottaggio inappropriate e inutili.” Il Ministro presso l'Ufficio di Gabinetto Matthew Hancock ha aggiunto che il divieto di intraprendere campagne di boicottaggio “aiuterà a prevenire dannose e controproducenti politiche estere e locali che rischiano di compromettere la sicurezza nazionale”.

“Reprimeremo definitivamente tali campagne di boicottaggio inappropriate e inutili.”

Ryvka Barnard, responsabile delle campagne promosse dall'organizzazione attivista ‘War on Want‘ con sede nel Regno Unito, afferma che il governo britannico ha esplicitamente preso di mira il Movimento BDS per il boicottaggio, la liberazione e le sanzioni, il quale chiede tra l'altro di porre
fine all'occupazione israeliana nei territori palestinesi, e gli altri movimenti contrari al commercio delle armi, ritenendoli espressioni di una generale repressione dei diritti umani e di una limitazione delle scelte dei consumatori.

Ryvka Barnard, di WarOnWant: il governo ha esplicitamente preso di mira il movimento BDS e quelli contrari al commercio delle armi, ritenendoli espressioni di una generale repressione delle libertà.

Il silenzio sugli abusi in Israele

La legge sul divieto di condurre campagne di boicottaggio si uniformerà presumibilmente all’Accordo sugli Appalti Pubblici (AAP) stipulato nel quadro dell'Organizzazione Mondiale per il Commercio, incentrato sull'accesso ai mercati internazionali, con lo scopo di trattare i fornitori senza timori né favoritismi. Tale accordo ha “aperto alla concorrenza internazionale (ovvero ai fornitori indicati dalle parti firmatarie dell'AAP che offrono beni, servizi o servizi di costruzione) attività di appalto del valore annuo stimato di 1,7 bilioni di dollari”. Se da un lato il riconoscimento di tale accordo potrebbe creare qualche complicazione al Regno Unito, dall'altro lato l'organizzazione ‘War on Want‘ sottolinea che l'AAP “in realtà consentirà il boicottaggio/l'esclusione di aziende sulla base delle loro pratiche, e non solo arbitrariamente in relazione al loro paese di origine.”

Attualmente, nel Regno Unito, le normative si concentrano su determinati beni quali i combustibili fossili, i prodotti del tabacco e quelli provenienti dagli insediamenti israeliani, nei territori occupati della Cisgiordania, nonché sulle aziende coinvolte nel commercio delle armi. Tuttavia, Andrew Smith, membro dell'organizzazione CAAT, sostiene che tali restrizioni potrebbero avere gravi ripercussioni su tutti i gruppi promotori delle campagne.

La finalità principale del divieto di promuovere attività di boicottaggio nel Regno Unito è quella di eliminare le pressioni derivanti dalle richieste di un embargo bilaterale sulle armi nei confronti di Israele, esercitate dai gruppi di attivisti, come l'organizzazione War on Want e i consigli, al fine di boicottare i prodotti provenienti dagli insediamenti israeliani. La legge anti-boicottaggio costringerà quindi le istituzioni finanziate dal governo a sottostare agli interessi britannici in materia di politica estera; una mossa brillante considerato il commercio di armi promosso dal Regno Unito, soprattutto se di provenienza israeliana.

La legge anti-boicottaggio costringerà le istituzioni finanziate dal governo a sottostare agli interessi britannici in materia di politica estera.

Le domande di autorizzazione d'esportazione di armi vengono presumibilmente “valutate caso per caso sulla base di criteri rigorosi,” nel rispetto del divieto di armi impiegate ai fini di aggressione esterna, repressione interna o altri comportamenti criminali. Tuttavia, le modalità con le quali una determinata arma viene classificata come tale sono oscure. 

In pratica, sembra venga compiuta una valutazione sommaria. I criteri applicati lasciano ampio spazio all'interpretazione, e pochissime licenze per l'esportazione delle armi sono state annullate o revocate. Bernard ha sottolineato che il Regno Unito non ha adeguatamente regolamentato le vendite delle armi: sebbene, attraverso un processo di valutazione interno, il governo britannico abbia classificato Israele come un paese che desta preoccupazione, nel 2016 ha approvato l'esportazione di armi verso questo Stato per un valore superiore a 100 milioni di sterline.

Il commercio bilaterale di armi tra Regno Unito e Israele

Il commercio di armi tra Regno Unito e Israele produce benefici reciproci ed è estremamente redditizio per entrambi i governi. 

Poiché il settore militare in Israele è composto da oltre 200 aziende private e pubbliche e le campagne pubblicitarie promettono armi “collaudate nei territori palestinesi occupati”, il paese è diventato il principale esportatore di droni al mondo. Nel 2012, è stato inserito al sesto posto nella classifica dei maggiori esportatori di armi, dal momento che il valore delle sue esportazioni è raddoppiato da 3,5 miliardi di dollari nel periodo 2004-2007 a 7,1 miliardi di dollari negli anni 2008-2011. 

Israele vende le proprie armi al Regno Unito per un valore che ammonta a milioni di sterline e l'azienda addetta alla sicurezza informatica Elbit Systems ha collaborato con il governo britannico fornendogli la tecnologia per i droni del valore di 110 milioni di dollari, affinché venga impiegata in Afghanistan e in Iraq. Allo stesso tempo, le forze militari e le aziende israeliane si affidano alle società britanniche specializzate nel settore della difesa per l'acquisto di armi a duplice impiego, utilizzate sia per schieramento a scopo militare che civile.

Le organizzazioni CAAT, War on Want e la Campagna di Solidarietà per la Palestina (PSC) hanno documentato i rapporti instaurati tra questi due paesi in una relazione comune intitolata “Armare l'apartheid: la complicità del Regno Unito nei crimini di guerra israeliani nei confronti del popolo palestinese

La relazione include dettagli sul ruolo della G4S, una delle maggiori società di sicurezza al mondo, che ha sede nel Regno Unito. Accusata di complicità in una serie di abusi, l'azienda ha chiuso nel 2014 una parte delle sue attività in Israele; tuttavia, la campagna contro la G4S in Israele è tutt'altro che finita. 

Manifestazione contro la G4S guidata dal movimento ‘War on Want’ del 10 marzo 2016. Source: Facebook

Nel 2005, il Ministro della Difesa ha stipulato un contratto associativo del valore di circa un miliardo di sterline con la UAV Tactical Systems Ltd (U-TacS), una società composta dalla Thales UK e dalla Elbit Systems. Tale accordo ha garantito lo sviluppo del drone per la vigilanza Watchkeeper WK450 nel Regno Unito; la War on Want avverte che il velivolo si basa su un modello “sperimentato sul campo” nei territori palestinesi occupati durante gli attacchi a Gaza.

Inoltre, il Regno Unito concede le licenze alle aziende che vendono componenti di armi a Israele, tra cui il drone Hermes. Le Forze di Difesa Israeliane (IDF) utilizzano questo drone sia per monitorare che per bombardare i territori palestinesi a Gaza. Tale impiego è stato particolarmente evidente nel 2014, durante l’operazione Margine di Protezione, nella quale vennero uccisi 1.460 palestinesi. 

Poiché il drone Hermes utilizza una raffinata tecnologia di sorveglianza per identificare i bersagli e per dirigere gli attacchi dei missili e delle bombe intelligenti, è stato descritto dall'aviazione militare israeliana come “la spina dorsale per le missioni di individuazione del bersaglio e di ricognizione.”

Il Regno Unito non fornisce a Israele solamente i droni, la tecnologia ad essi associata, i componenti di armi, il controllo delle armi, apparecchiature di rilevamento del bersaglio e le munizioni, ma anche indumenti antiproiettile, munizioni per armi di piccola dimensione e veicoli blindati, molti dei quali vengono impiegati per individuare, uccidere e soggiogare il popolo palestinese.

È evidente che se la legge anti-boicottaggio verrà mantenuta come da programma, essa condizionerà la libertà pubblica. Convertire gli appelli non violenti al boicottaggio e al ritiro degli investimenti in atti criminosi intimidirà gli enti pubblici e negherà loro la possibilità di dissociarsi dal commercio di armi, fortemente radicato ed espanso, tra Regno Unito e Israele. Infatti il responsabile del programma per le relazioni economiche di Amnesty International nel Regno Unito, Peter Frankental, si chiede

Dov'è l'incentivo che garantirà l'assenza di violazioni dei diritti umani nelle aziende… se gli enti pubblici non hanno la possibilità di ritenerle responsabili, rifiutandosi di assegnare loro dei lavori?

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