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Prigionieri palestinesi in sciopero della fame da un mese per le condizioni del carcere israeliano

Categorie: Medio Oriente & Nord Africa, Palestina, Citizen Media, Diritti umani, Protesta

Da 30 giorni consecutivi, oltre 1500 prigionieri politici palestinesi detenuti nelle carceri israeliane stanno portando avanti un massiccio sciopero della fame [2] [en, come gli altri link, salvo diversa indicazione], privandosi di cibo e bevande, per condurre una tenace battaglia [3] contro i trattamenti violenti ricevuti.

Gli scontri in Cisgiordania sono scoppiati mentre i palestinesi si mobilitavano a sostegno dei detenuti in sciopero della fame. Il 12 maggio, le forze israeliane hanno ucciso [4] un palestinese di 23 anni a Nabi Saleh, un paese della Cisgiordania, colpendolo dritto al petto con un proiettile. Altri dieci palestinesi sono stati feriti a Nablus, Qalqiliya e Hebron.

Lo sciopero a oltranza è iniziato il 17 aprile durante la celebrazione annuale della Giornata dei Prigionieri Palestinesi. I partecipanti chiedono di porre fine con effetto immediato ai danni derivanti da negligenza nell'assistenza medica, alla segregazione in isolamento e alla detenzione amministrativa [5]: quest'ultima è una pratica particolarmente diffusa [6] fra le autorità israeliane, attraverso la quale viene disposto lo stato di fermo nei confronti di un prigioniero per un massimo di sei mesi, per poi essere rinnovato per un periodo indeterminato, senza capi d'accusa né processo.

In Israele, circa 500 palestinesi si trovano in detenzione amministrativa sulla base di prove segrete. L'uso estensivo di questo tipo di pratica da parte di Israele viola il diritto internazionale [7] ed è stato più volte criticato dalle Nazioni Unite [8], dall’Unione europea [9] e dalle organizzazioni per i diritti umani [10].

30° giorno
Solo acqua e sale, e desiderio di libertà, giustizia e pace.. #ScioperoPerLaDignità

Inoltre, i detenuti stanno scioperando per ottenere condizioni più favorevoli, quali, tra le altre [15]: visite più lunghe e frequenti per i familiari, la possibilità di ricevere un'istruzione secondaria o di livello superiore e un migliore accesso all'assistenza e ai servizi sanitari.

Finora Israele ha rifiutato di accogliere le richieste dei prigionieri. In seguito a tale rifiuto, Marwan Barghouti, promotore dello sciopero della fame, ha annunciato [16] che intensificherà la protesta e smetterà di bere acqua. “Non si può tornare indietro, continueremo fino alla fine” ha inoltre affermato [17].

Barghouti ha inoltre invitato i palestinesi a prendere parte ad azioni di disobbedienza civile [18] al fine di supportare i detenuti in sciopero e di commemorare il 69° anniversario della Nakba, ovvero il giorno in cui i palestinesi ricordano l'esodo che ha accompagnato la creazione dello stato moderno di Israele.

Le autorità israeliane hanno cercato di fermare lo sciopero della fame adottando una serie di misure [19] volte, ad esempio, a sottoporre i detenuti a improvvisi e frequenti incursioni nelle camere detentive con l'impiego di gas e cani, a privare loro l'accesso alle aree comuni, a confiscare abiti ed effetti personali, a separare i partecipanti dai promotori del movimento e a confinarli in celle di isolamento sporche.

Nel tentativo di porre fine allo #ScioperoPerLaDignità, le autorità israeliane hanno trasferito diversi detenuti palestinesi in celle di isolamento.

Appena iniziato lo sciopero della fame, i servizi penitenziari israeliani hanno trasferito Barghouti e altri due detenuti [19], Karim Younis e Mahmoud Abu Srour, nelle celle di isolamento. Essi hanno inoltre hanno reso pubblico un filmato privo di data che, affermano, mostrerebbe Barghouti mentre, di nascosto, fa uno spuntino nella sua cella; la famiglia di Bargouthi e i sostenitori hanno dichiarato che le autorità israeliane stanno mentendo e che il video risale a più di dieci anni fa.

Un'altra tattica, come riportato [24] [ar] dagli avvocati dei prigionieri, consiste nel mostrare ai detenuti in sciopero del cibo al fine di fare loro pressione o nel negare le cure sanitarie necessarie e urgenti fino a quando non porranno fine allo sciopero.

30 GIORNI senza cibo… e il mondo continua ad avere gli occhi bendati…!

Karim Younis, il più “anziano” tra i palestinesi detenuti in Israele, ha scritto una lettera aperta [3] in cui rassicura il suo popolo sulla volontà dei detenuti di portare avanti lo sciopero della fame, malgrado vengano adottate misure di repressione da parte di Israele. Egli ha inoltre dichiarato che i detenuti sono pronti ad avviare negoziati seri con i servizi penitenziari israeliani:

Nostri nobili fratelli,

spinti dalla determinazione e dalla necessità di libertà e dignità, vi porgiamo i nostri saluti dalle celle di isolamento della prigione di Ramla e facciamo appello a ognuno di voi.

Vi assicuriamo che siamo fieri e determinati nella volontà di ottenere la vittoria, a prescindere dalla durata della battaglia.

Assicuriamo tutti i nostri fratelli che, malgrado l'isolamento e le continue pressioni, ci è giunta la notizia della vostra solidarietà e del vostro supporto e che crediamo fermamente nell'inevitabilità della vittoria, indipendentemente da quanto violenta sarà la battaglia.

Le autorità carcerarie utilizzano tutte le forme di repressione possibile allo scopo di annientare la nostra volontà di resistere e soggiogarci; malgrado ciò, tali misure hanno solo rafforzato la nostra determinazione a portare avanti lo sciopero della fame.

Il testo integrale della lettera è consultabile sul sito [3] di ADDAMEER, un'associazione impegnata a difendere i diritti umani e a offrire supporto ai prigionieri.