Giornalisti palestinesi bersaglio della nuova legge sui crimini informatici

Un collage di foto dei giornalisti arrestati dall’Autorità Nazionale Palestinese. Nella descrizione leggiamo “Il giornalismo non è un crimine” e “Dove sono i giornalisti?” Fonte: Quds News Network, Twitter

Appena alcune settimane in seguito all’adozione di una controversa legge sul crimine informatico, [en, come i link seguenti salvo diversa indicazione] l’Autorità Nazionale Palestinese (PNA) ha fatto causa a cinque giornalisti con l’accusa [ar] di avere “fatto trapelare informazioni ad enti ostili”. Il governo non ha ancora identificato [ar] gli “enti ostili” in questione, ma potrebbe trattarsi di organi di stampa affiliati ad Hamas, il rivale politico di Fatah, partito al governo in Cisgiordania, per cui quattro dei cinque giornalisti arrestati lavorano.

Tra i giornalisti ci sono infatti Mamdouh Hamamrah, di Betlemme, e Ahmed Halayqah, di Hebron, entrambi giornalisti per il canale televisivo Al-Quds; Tariq Abu Zaid di Nablus, giornalista del canale al-Aqsa; Amer Abu Arafah di Hebron, giornalista presso l’agenzia giornalistica Shehab News Agency; e Qutaibah Qasem, di Betlemme, giornalista freelance e blogger per Al Jazeera. Il fermo è avvenuto la sera dell’8 agosto: gli agenti dei Servizi Segreti Palestinesi hanno arrestato i cinque giornalisti in varie regioni della Cisgiordania mentre le forze di sicurezza hanno fatto irruzione nelle loro case e luoghi di lavoro e confiscato cellulari e computer.

Il loro arresto arriva appena poche settimane dopo la firma da parte del presidente Mahmoud Abbas di una legge altamente controversa sul crimine informatico; questa reprime la libertà d’espressione online dei palestinesi criminalizzando qualsiasi argomento reputato dannoso per “l’armonia sociale, “lo stato di sicurezza”, “l’ordine pubblico”. Se in un primo momento il Pubblico Ministero ha negato qualsiasi connessione tra la nuova legge e la campagna di arresti, in un secondo momento ha citato proprio l’articolo 20 come giustificazione per l’arresto dei giornalisti. L’articolo 20 prevede che qualunque persona che usi la tecnologia informatica per pubblicare notizie le quali potrebbero “mettere a rischio la sicurezza dello stato, l’ordine pubblico esterno o interno” saranno detenuti per almeno un anno o sarà loro comminata una sanzione pecuniaria di un minimo di 1400 dollari.

I giornalisti sono stati rilasciati su cauzione il 15 agosto senza alcuna accusa pendente, benché la Commissione per la Riconciliazione avesse impartito l’ordine di detenere i giornalisti per alcuni giorni. I parenti dei giornalisti credono che gli arresti siano una ritorsione con motivi politici per l’arresto di Fouad Jaradeh, reporter del canale ufficiale del PA, avvenuto l’8 giugno a Gaza per mano di ufficiali di Hamas.

I provvedimenti introdotti contro i giornalisti hanno causato una protesta tra gli altri colleghi palestinesi e attivisti, i quali hanno lanciato una campagna sui social sotto l’hashtag in lingua palestinese #وين_الصحفيين (‘siamo tutti giornalisti’) e #الصحافة_ليست_جريمة  (‘il giornalismo non è un crimine’), per domandare l’immediato rilascio degli arrestati e denunciare sia l’abuso da parte della PNA della legge sul crimine informatico per reprimere la libertà di stampa [ar, come tutti i tweet seguenti].

L’obiettivo della legge sul crimine informatico, che le autorità hanno imposto ai giornalisti, è di mettere a tacere qualsiasi voce che si opponga al governo o inciti alla resistenza contro l’occupazione. #Ilgiornalismononèuncrimine

Limitare la libertà di stampa per una legge vaga è un crimine. La legge sul #crimineinformatico è un crimine. #Ilgiornalismononèuncrimine

La legge sul crimine informatico forza i giornalisti a tapparsi la bocca.

Lo scorso 12 agosto a Ramallah, anche le famiglie degli arrestati, insieme ad altri giornalisti e attivisti hanno protestato [ar] con lo slogan “il giornalismo non è un crimine” contro la crescente repressione della libertà da parte della PNA e l’approvazione della nuova legge su crimine informatico.

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