Insulta il presidente turco Erdoğan su Facebook, cittadino macedone riceve 400 euro di multa

Foto di zeevveez su Flickr. CC BY 2.0

Per la prima volta dall'indipendenza del Paese nel 1992, una corte macedone ha applicato il principio di lesa maestà [it] contenuto nel Codice Penale al fine di proteggere un capo di Stato – sebbene in questo caso non si trattasse del presidente della Macedonia del Nord.

Nella decisione della corte, relativa a un post su Facebook riguardante il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, il cittadino è stato giudicato colpevole di aver postato “dichiarazioni ironiche e insulti nei confronti del leader di un paese straniero.”

Secondo quanto riportato da Anadolu Agency [mk] e dai media locali [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] la persona, di cui si conoscono solo le iniziali EA, possiede la doppia cittadinanza macedone e turca. EA dovrà pagare circa 400 euro oppure scontare una pena detentiva.

Il procedimento davanti alla Corte Penale ha preso il via dopo che l'ambasciatore turco in Macedonia del Nord, Tulin Erkal Kara, ha sporto denuncia contro EA [mk] alla fine del 2016, quando il precedente governo macedone era ancora in carica. La corte si è pronunciata a metà luglio e la sentenza è stata resa pubblica il 24 agosto.

L'Articolo 181 del Codice Penale macedone tutela la “reputazione di un paese straniero” e afferma che “una persona che intenda ridicolizzare pubblicamente un paese straniero, una bandiera, uno stemma, un inno, un capo di Stato o un rappresentante diplomatico sarà costretta a pagare una sanzione in denaro.”

Tuttavia, da quando il Paese è diventato indipendente nessun giudice ha mai impiegato tale articolo al fine di condannare un cittadino per aver insultato un paese straniero, una bandiera, uno stemma, un inno o un capo di Stato. Sui social network i macedoni hanno reagito alla notizia con indignazione e sgomento. [mk]:

Македонски Суд осудил лице за навреда на Ердоган? Поради пост на Фејсбук? This is a joke??

— Пргавиот (@prgaviot) August 25, 2017

Una corte macedone ha condannato qualcuno per aver insultato Erdoğan? A causa di un post su Facebook? Stiamo scherzando??

Filip Medarski, un importante avvocato di Skopje, ha twittato che l'Articolo 181 del Codice Penale macedone e il verdetto del giudice sono in disaccordo con le pratiche della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU), con sede a Strasburgo:

L'articolo stesso, e in particolare la sentenza, vanno contro le pratiche giudiziarie di Strasburgo. L'esempio più noto in un simile contesto è il caso Eon-Francia.

Dal momento che la Macedonia del Nord è un membro del Consiglio d'Europa, le decisioni di questa corte sono vincolanti per la sua magistratura.

In una dichiarazione all'agenzia Meta News di Skopje, Medarski ha detto che un tale crimine potrebbe rientrare nel Codice Penale macedone ma secondo un principio diverso, perché si tratterebbe di tutelare l'aspetto simbolico di una bandiera, di uno stemma o di un altro elemento rappresentativo di uno Stato come forma di rispetto verso l'istituzione di quel determinato Paese – e non verso l'individuo che ne esercita le funzioni.

“Qui non si è trattato di un insulto al presidente in qualità d'istituzione, bensì di un insulto all'effettiva persona attualmente in carica, in questo caso Erdoğan”, ha affermato Medarski, aggiungendo come ciò sia stato rilevato anche dalla CEDU e dalla sentenza citata nel suo  tweet.

Nel 2013 alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo si tenne l'udienza del caso Eon-Francia, che riguardava la visita del 2008 dell'allora presidente Nicolas Sarkozy alla cittadina francese di Laval, dove un cittadino chiamato Hervé Eon sventolò un piccolo striscione con scritto “Vattene, coglione” (Casse toi pov’con). Nello stesso anno Sarkozy aveva precedentemente utilizzato le medesime parole durante un raduno degli agricoltori, per apostrofare qualcuno che non lo aveva salutato con molto entusiasmo. Successivamente quelle parole sarebbero apparse di frequente sugli striscioni di numerose manifestazioni nonché su internet.

Eon venne arrestato e processato per l'offesa arrecata al presidente. Fu giudicato colpevole e costretto a pagare una multa di 30 euro. La decisione fu in seguito confermata sia dalla Corte d'Appello che dalla suprema corte giudiziaria del sistema francese, la Corte di Cassazione. L'imputato fu arrestato e processato immediatamente per aver offeso il presidente, un crimine stabilito dalla Legge sulla Libertà di Stampa del 1881.

Di conseguenza Eon fece richiesta alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo affinché riconoscesse che la sentenza era in contrasto con il diritto alla libertà di espressione stabilito dall'Articolo 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo. La CEDU confermò che la libertà di espressione dell'uomo era stata violata. La Corte concluse che, ripetendo le stesse parole usate dal presidente, Hervé Eon aveva impiegato una “sarcastica impertinenza” al fine di esprimere il proprio dissenso.

Diversamente dalla Francia, la Macedonia del Nord presenta degli elevati livelli di corruzione in tutti i segmenti della società, uno scarso rispetto dello stato di diritto, nonché tentativi incontrovertibili di limitare la libertà dei media e d'interferire con la magistratura. Tutto ciò è stato messo in evidenza nell’ultimo report dell'Ufficio per la Democrazia, i Diritti Umani e il Lavoro degli Stati Uniti. “Interferenze politiche, inefficienza, favoritismi verso personalità influenti, lunghezza dei procedimenti, violazioni del diritto a un processo pubblico e corruzione caratterizzano il sistema giudiziario,” si legge nel report.

L'ambizioso piano di riforme introdotto dal nuovo governo macedone, in carica dal maggio 2017, fa ben sperare al fine di velocizzare il processo d'integrazione del Paese all'interno della NATO e dell'UE. Questi processi si erano arenati durante il precedente governo di destra del partito VMRO-DPMNE, a causa della sua inclinazione filorussa. La riforma generale della giustizia è un aspetto fondamentale perché tali processi d'integrazione possano proseguire.

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