Questo articolo [en] viene ripubblicato con il permesso di Radio Free Asia. L'articolo includeva alcune foto del simbolico Edificio Bianco di Phnom Penh scattate qualche giorno prima della sua demolizione.
Questo simbolico blocco di appartamenti con una passerella aperta, costruito 54 anni fa, ha spesso attirato l'attenzione di artisti, ballerini e fotografi a Phnom Penh, la capitale della Cambogia. Adesso verrà demolito.
Il governo ha infatti stipulato un contratto di costruzione, gestione e cessione con l'azienda giapponese Arakawa per trasformare l'edificio in un complesso polifunzionale di 21 piani. Il valore del progetto ammonta a 80 milioni di dollari.
L'edificio, il cui nome originale era appartamenti municipali, fu inaugurato nel 1963 come complesso residenziale a basso costo. Nel corso degli anni, si era però trasformato in un famigerato slum e in una zona ad alta criminalità dove prostitute, eroinomani, suore, studenti, bambini e imprenditori vivevano fianco a fianco.
L'edificio era stato originariamente progettato dall'architetto cambogiano Lu Ban Hap e dall'architetto Vladimir Bodiansky, di origine russa, come simbolo della visione della nuova trasformazione urbanistica Khmer dell'allora Re Norodom Sihanouk. L'edificio, costituito da sei blocchi dove risiedevano 493 famiglie, si trova nel quartiere di Tonle Bassac lungo il Sothearos Boulevard, a due soli isolati dalle sedi dall'Assemblea Nazionale e del Ministero degli Affari Esteri cambogiani.
Ora all'interno dell'edificio si vedono solo lenzuola dimenticate, cuscini e tavoli. Ciò nonostante, sette famiglie proprietarie di appartamenti si sono opposte allo sfratto, rifiutandosi di abbandonare i lori appartamenti e di accettare un indennizzo inferiore al prezzo di mercato, insieme ad altre quattro famiglie, residenti nell'ala destra dell'edificio, che erano ancora al suo interno quando è iniziata la demolizione il 17 luglio 2017.