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Serbia: blackout di protesta dei maggiori siti di informazione contro le intimidazioni del fisco

Categorie: Europa centrale & orientale, Serbia, Censorship, Citizen Media, Cyber-attivismo, Diritti umani, Libertà d'espressione, Media & Giornalismi, Politica, Protesta, Advox

Screenshot del profilo Twitter di Vukašin Obradović [1], proprietario e responsabile del Novine Vranjske, con una foto di copertina dell'hashtag “Io sto con Vranjske”, slogan della protesta del 18 settembre.

Il 28 settembre, più di cento organi di stampa e siti web di ONG hanno organizzato un blackout online [2] [en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione], come atto di resistenza contro il controllo mediatico e le intimidazioni all'interno del paese.

“Ecco cosa succede quando non c'è libertà dei media” – Oggi 150 organi mediatici e associazioni in Serbia si oscureranno per dare l'allarme sulla situazione del paese.

Il blackout è l'ultimo di una serie di eventi che hanno seguito la chiusura [9], il 18 settembre, del Novine Vranjske [10] [bosniaco] (“Il giornale di Vranje [11]“), un settimanale indipendente che ha coperto i fatti della Serbia meridionale per 23 anni.

Il proprietario e capo redattore del Vranjske, Vukašin Obradović, ha spiegato che il settimanale è stato costretto a chiudere a causa di molestie di natura amministrativa [9] e di altre forme di pressioni statali, in particolar modo dall'Agenzia delle Entrate serba. In un comunicato in merito alla chiusura, la Federazione Europea dei Giornalisti ha dichiarato:

[Obradović], his family and his colleagues experienced multiple non-investigated instances of harassment and persecution, ranging from repeated direct threats, car tampering, offices robbed, to inspections and controls leading to the economic suffocation of the newspaper, peaking this year.

[Obradović], la sua famiglia e i suoi colleghi sono andati incontro a numerosi casi di molestie e persecuzione passate inosservate, che vanno da ripetute minacce dirette, manomissione di veicoli, furti in ufficio, fino a ispezioni e controlli che hanno portato al soffocamento economico del giornale, soprattutto nell'anno corrente.

La mattina del 19 settembre Obradović si è rinchiuso in redazione intraprendendo uno sciopero della fame  [12][bos, come i link seguenti, salvo diversa indicazione]. Nella notte è stato ricoverato [13]per motivi di salute, ma ha volontariamente lasciato l'ospedale il 20 settembre. Ha poco dopo pubblicato una lettera aperta [14] al direttore dell'Agenzia delle Entrate chiedendo spiegazioni sulla chiusura, fornendo le prove, a lui inviate sotto forma di certificato statale, che il giornale aveva pagato tutte le tasse. Ha sottolineato come la sua azienda fosse soggetta a giustizia discriminatoria sin dal 1994, includendo ispezioni dell'Agenzia delle Entrate e del Ministero del Lavoro, con calunniosi intenti di compromissione. L'Agenzia non ha ancora fornito risposte.

Con l'hashtag #StojimUzVranjske [15], letteralmente “Io sto con Vranjske”, giornalisti e difensori della libertà di parola hanno organizzato, il 18 settembre, proteste fisiche [16] a Belgrado, e online. Anche due giornali cartacei hanno espresso solidarietà al Vranjske.

Dietro a una copertina dallo sfondo nero, il Danas Daily ha riproposto una selezione di articoli investigativi del Vranjske che lo hanno reso un bersaglio del regime. Il Vreme ha utilizzato l'hashtag di protesta e ha fornito una panoramica di questioni legate alla libertà dei media.

Acquisto solo quei giornali che appoggiano apertamente il Vranjske: Danas Daily e Vreme Weekly.

Anche alcune organizzazioni giornalistiche di punta si sono unite al movimento di protesta, tra cui la Balkan Insight, uno dei pochi organi di stampa indipendenti che produce notizie in inglese dalla Serbia [en]:

La pagina della Serbia oggi non sarà disponibile, poiché ci siamo uniti alla campagna di sensibilizzazione sulla declino della libertà nei media nel paese.

Benché il numero di siti partecipanti al blackout possa in un primo momento sembrare alto, è in realtà solo una piccola porzione dei circa duemila organi di stampa presenti in Serbia. Molti di essi rimangono in silenzio, o strizzano apertamente l'occhio alla propaganda del governo in carica.

Sebbene vi siano più di 1800 organi di stampa registrati in Serbia, la situazione media non è mai stata più buia. Ci sono molti più propagandisti che giornalisti. #IStandWithVranjske #Upitnik [uno show televisivo che aveva avuto l'ardire di intervistare Obradović]

Il fatto che le autorità abusino dell'Agenzia delle Entrate serba come strumento per punire i media ribelli è un segreto di Pulcinella.

Il settimanale indipendente Vreme [26] (“Time”) ha evidenziato, nella pubblicazione del 28 settembre, che il Kikindske novine [27] (“Il giornale Kikinda”) nel 2015 è rimasto dormiente per tre mesi, ed è stato poi bloccato per sei mesi a causa di un presunto errore dell'Agenzia delle Entrate.

Secondo il Vreme, l'Agenzia delle Entrate ha mancato di rispondere alle inchieste giornalistiche su come vengano condotti simili controlli nelle società di media filo-governative, come Politika e Informer. Entrambe avevano di recente pubblicato un ‘dossier’ diffamatorio da parte di un'organizzazione riservata chiamata Antidot – New Media Network Western Balkans [28]. Il dossier ritraeva organizzazioni locali di giornalismo investigativo di punta quali BIRN [29]CINS [30][en] e KRIK [31] come produttrici di “contenuti para-mediatici” e come mercenarie utilizzate dagli Stai Uniti per “rovesciare i governi balcanici.”

Antidot era inizialmente di proprietà dell'avvocato Stanko Subotić [32] [it], un uomo d'affari con molte conoscenze, colpevole di crimini organizzati compiuti durante il governo di Slobodan Milošević [33][it]. Quando, nell'aprile 2015, il giornale Blic ha reso nota questa connessione, il portale di Antidot ha cambiato proprietà [34] nel tentativo di “cancellare le proprie tracce.”

Vreme ha inoltre riportato che anche il conto in banca della casa editrice Adria Media Group era stato bloccato dopo che il suo tabloid Kurir [35] (“Corriere”) aveva intrapreso una critica al regime del presidente ed ex Primo ministro Aleksandar Vučić, nonostante fosse appurato che il debito fiscale del gruppo ammontasse a zero dinari. Secondo l'inchiesta, “AMG sostiene di aver ricevuto più di sessanta controlli fiscali in meno di tre mesi, tuttavia l'Agenzia delle Entrate non ha emesso alcuna informazione pubblica a riguardo.”

Al contrario, le società di media pro-regime come la Pink TV non hanno subito conseguenze dall'Agenzia delle Entrate, nonostante un debito di centinaia di milioni di dinari in tasse non pagate allo stato.

Nel 2016, il Centro per il Giornalismo Investigativo della Serbia (CINS) ha scoperto che la Pink ha ricevuto oltre 7 milioni di euro [36] [en] in prestiti statali, nonostante i suoi debiti, che giuridicamente rendono l'azienda priva di diritto a ricevere prestiti [en]:

Hashtag translations: #StopMediaDarkness #ForMediaFreedom #IStandWithVranjske

Ai tempi di Milosevic uccidevano i giornalisti. Ora uccidono il giornalismo.

Le libertà dei media in Serbia negli ultimi anni si stanno deteriorando [38][en], sotto il governo del regime populista capitanato dal presidente Aleksandar Vučić [39] [it], che ha coperto la carica di Ministro dell'Informazione sotto il governo di Milošević, e che si disegna come un riformatore pro-Europa. Il suo partito, il Partito Progressista Serbo, è un membro dell'European People's Party (EPP).

I metodi del Partito progressista serbo fanno eco alle pratiche utilizzate nei paesi confinanti governati da partiti membri dell'EPP. Per esempio, anche il precedente governo macedone (caduto nel 2017) si serviva di gruppi propagandisti che si spacciavano per organismi indipendenti, e di gruppi di azione civile per produrre dossier diffamatori. Questi tentativi erano simili a quelli di Antidot di bersagliare attivisti e giornalisti, sia per le molestie amministrative [40] [en] delle istituzioni statali nei confronti di ONG e media indipendenti, sia per l'impunità per attività criminali contro questi ultimi  [41][en].