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A Damasco, è pericoloso mostrare solidarietà verso l'assediata Ghouta Est

Categorie: Medio Oriente & Nord Africa, Siria, Citizen Media, Guerra & conflitti

‘Ghouta,’ di Randa Maddah. Utilizzata con permesso. Fonte: Women Now. [1]

Quello che segue è il terzo articolo di una serie di testimonianze provenienti da Ghouta Est, nei sobborghi di Damasco. I primi due articoli sono testimonianze raccolte dal collettivo Act For Ghouta [2][en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] di un’infermiera [3] [it] e di un dentista [4] [it], pubblicate rispettivamente il 21 febbraio e il 5 marzo 2018.

Controllata dai ribelli anti-regime, Ghouta Est è in stato di assedio da parte del regime siriano e dai suoi alleati dalla fine del 2013 [5]. Ma nelle ultime settimane la violenza si è intensificata drasticamente. Oltre 120 persone [6] sono state uccise tra il 6 febbraio e l'8 febbraio, e il 19 febbraio ha visto la morte di oltre 110 persone [7] in un solo giorno. Dal 18 febbraio, oltre 650 persone sono state uccise, tra cui oltre 150 bambini. Anche le infrastrutture civili sono state gravemente danneggiate, con più di 25 ospedali e centri sanitari colpiti [8], alcuni più di una volta in quattro giorni.

La catastrofe umanitaria a Ghouta Est, nella periferia di Damasco, continua mentre le forze siriane e russe portano avanti un'operazione militare contro l'enclave ribelle sotto l'assedio del governo siriano dal 2013.

Dal febbraio 2018 a oggi sono state uccise 650 persone. Il bilancio delle vittime continua a salire tra implacabili bombardamenti aerei e terrestri, oltre agli ingenti danni alle infrastrutture. Raccapriccianti filmati dall'interno di Ghouta Est si succedono numerosi, offrendo uno sguardo sulla gravità della situazione e sulla sofferenza delle persone nella zona.

Sui social media, i sostenitori del presidente Bashar al-Assad lanciano appelli chiedendo che l'esercito siriano fermi gli attacchi missilistici sulla capitale Damasco, riferendosi a quelli inviati dai ribelli a Ghouta Est, che sono aumentati da quando è iniziata l'inesorabile offensiva da parte del regime.

I mezzi di comunicazione di stato siriani hanno mandato in onda interviste a persone sulle strade di Damasco, contrariate dai frequenti attacchi missilistici che colpiscono la loro città, per i quali incolpano i ribelli a Ghouta Est. Esortano il loro governo a “stroncare gli attacchi dei ribelli”.

Il dispotismo del regime e gli onnipresenti agenti di sicurezza rendono quasi impossibile valutare la portata dell'opposizione all'offensiva di Ghouta all'interno di Damasco. Sebbene difficili da trovare, sono emerse molte voci sommesse. La maggioranza rimane in silenzio mentre il regime mantiene un vantaggio militare.

Salam (non il suo vero nome), una madre di due figli che vive a Damasco, dice a Global Voices che suo figlio sta sviluppando una fobia, essendo costretto a vivere in uno stato di costante paura:

My two year old son cries hysterically and clings fast to me when a warplane flies overhead or when an explosion occurs…He has developed a phobia.

Mio figlio di due anni piange in maniera isterica e si aggrappa stretto a me quando un aereo militare vola sopra le nostre teste o quando si verifica un'esplosione… Ha sviluppato una fobia.

Aggiunge che sebbene a Damasco la vita sia diventata difficile a causa dei missili dei ribelli, non riesce a immaginare come possa essere a Ghouta:

Since the Ghouta operation began, we have been hearing explosions of unusual intensity…the passing of a plane overhead makes buildings shake. It blows my mind to imagine how mothers in Ghouta are coping. If I were there, I would have gone berserk. I am a mother and I understand how mothers feel. I have been watching videos and following Facebook posts from Ghouta mothers. It is impossible for me to not empathize.

Rockets and shells have disrupted life here in Damascus. In some neighborhoods people are no longer sending their children to schools. Just imagine how life is there. Civilians on both sides are paying the price. This madness has got to stop.

Da quando è iniziata l'operazione a Ghouta, abbiamo sentito esplosioni di insolita intensità… il passaggio di un aereo sopra le nostre teste fa tremare gli edifici. Non posso neanche osare immaginare come facciano le madri di Ghouta a sopportare questa situazione. Se fossi lì, sarei già impazzita. Sono una madre e capisco come si sentono le madri. Ho guardato video e seguito i post di Facebook delle madri di Ghouta. È impossibile per me non provare empatia.

Razzi e granate hanno sconvolto la vita qui a Damasco. In alcuni quartieri la gente non manda più i propri figli a scuola. Immagina solo come può essere la vita là. Sono i civili da entrambe le parti a pagare il prezzo. Questa follia deve finire.

Ahmad (non il suo vero nome), un impiegato governativo originario di Harasta, nella zona orientale di Ghouta, partì per Damasco con la sua famiglia subito dopo l'inizio della repressione governativa delle proteste nella sua città natale. Ahmad passa la maggior parte del suo tempo incollato al suo computer per seguire gli sviluppi a Ghouta e ora vive temendo costantemente per la vita dei suoi parenti e allo stesso tempo in paranoia per il suo lavoro a Damasco:

I have relatives and friends in Eastern Ghouta. They keep posting updates of their hellish conditions on social media. I have already lost three friends since the operation started.

Employees from Ghouta are closely monitored. You have to be careful to not even show sympathy. You have to weigh your words carefully.

Ho parenti e amici a Ghouta Est. Continuano a postare aggiornamenti delle loro condizioni infernali sui social media. Ho già perso tre amici da quando è iniziata l'operazione.

I dipendenti di Ghouta sono monitorati da vicino. Devi stare attento a non mostrare alcun tipo di solidarietà. Devi pesare attentamente le tue parole.

Alla domanda su quali potrebbero essere le conseguenze, Ahmad ha detto:

You risk being suspected of having links with ‘terrorists’, you can lose your job if someone tips you off. You risk even detention. Generally speaking, there is a tacit understanding that silence in the safest thing you can do.

Si rischia di essere sospettati di avere legami con i “terroristi”, puoi perdere il lavoro se qualcuno fa una soffiata su di te. Si rischia anche la detenzione. In generale, c'è una tacita intesa che rimanere in silenzio sia la cosa più sicura che puoi fare.

Dice di non sapere come reagire quando i colleghi incitano a ‘spazzar via Ghouta':

When co-workers complain about shells and rocket attacks and call for ‘wiping Ghouta out’ in retaliation for the rockets, all you can do is grin and bear it. I feel deeply embittered. I have friends and relatives there. I have my house which I am sure is a big pile of rubble now. I have my childhood and youth memories there.

Deep down I know I am a coward. But there is nothing we can do. They have military might on their side. Even the UN [United Nations] and international community have proved inept. We are trapped in our helplessness.

Quando i colleghi di lavoro si lamentano di colpi di proiettili e di missili e incitano a “spazzar via Ghouta” in rappresaglia per i razzi, tutto quello che puoi fare è sorridere a denti stretti e sopportare. Mi sento profondamente amareggiato. Ho amici e parenti lì. Ho la mia casa che sono sicuro sia un mucchio di macerie ora. Ho i miei ricordi di infanzia e di gioventù lì.

In fondo so di essere un vigliacco. Ma non c'è nulla che possiamo fare. Hanno tutta la forza militare dalla loro parte. Persino le Nazioni Unite [ONU] e la comunità internazionale si sono dimostrate inefficaci. Siamo intrappolati nella nostra impotenza.

Omar (non è il suo vero nome), uno studente universitario che viene dal quartiere di Qaboun, vicino a Damasco, esprime la propria opinione dicendo:

Back in 2006, I vividly remember when we received a Lebanese family who fled the Israeli war in our house in Qaboun. I remember my brothers engaging in solidarity stands and fundraising for the people of Gaza during Israeli operations. With Ghouta, we are denied the luxury of showing solidarity. I envy people from across the globe who can join protests and shout at the top of their voices in solidarity with Ghouta.

Nel 2006, ricordo vividamente quando ricevemmo nella nostra casa di Qaboun una famiglia libanese che fuggì dalla guerra israeliana. Ricordo i miei fratelli impegnati in dimostrazioni di solidarietà e raccolta fondi per il popolo di Gaza durante le operazioni israeliane. Con Ghouta, ci viene negato il lusso di mostrare solidarietà. Invidio persone da tutto il mondo che possono unirsi alle proteste e gridare a pieni polmoni la loro solidarietà con Ghouta.

Omar dice di aver creato un account Facebook falso per partecipare alle campagne online e condividere storie da persone all'interno di Ghouta. Attivo sui social media, Omar dice che traduce storie, post e video di persone sotto assedio nella speranza di “spronare l'opinione pubblica affinché passi all’ azione”.

Whenever you turn a blind eye to this tragedy, a boom brings it back to your senses. There is no ignoring it…Geographical vicinity, kinship and humanity dictates it.

Ogni volta che cerchi di far finta che questa tragedia non esista, un boom ti riporta in te. Non lo si può ignorare… La vicinanza geografica, gli affetti familiari e l'umanità lo impongono.