È uscito “Black Panther” [en, come tutti i link seguenti] e come previsto il film sta battendo ogni tipo di record ai box office - e non solo quelli riguardanti i film sui supereroi.
Basato sul personaggio di Black Panther creato dai fumetti della Marvel, il film parla del ritorno del Re T’Challa al regno di Wakanda, una nazione africana tecnologicamente avanzata, per diventarne capo, ma sono in azione le forze di opposizione. Con Wakanda in pericolo, il nuovo re per salvare il regno deve affidarsi al suo lato supereroe, Black Panther, insieme all’aiuto di un agente della CIA e i Dora Milaje (le forze speciali della nazione).
I Caraibi — e in particolare Trinidad and Tobago — erano eccitati esattamente come il resto del mondo per l’uscita del film. I trinidadiani hanno celebrato il successo di un connazionale nel cast (l'attore Winston Duke che ha il ruolo di M'Baku), ma anche il fatto che sia un film pieno di attori neri in ruoli positivi.
A causa della storia della nazione, caratterizzata da colonizzazione e schiavitù e il sistema di servitù che ha rimpiazzato la struttura lavorativa dopo l’emancipazione, la demografia etnica di Trinidad e Tobago è principalmente composta da persone con discendenze africane e indiane. Come in molti altri casi di società post coloniali, dove la razza veniva usata per dividere e conquistare, il concetto di identità nera veniva manipolata dai politici e amplificata dai media. Il risultato è che molti falsi stereotipi sono stati perpetrati.
Il film sfida l’immagine approssimativa e unidimensionale dell’identità nera promossa da queste fonti manipolate, e ha fatto spazio affichè agli afro-trinidadiani rivendichino la propria narrativa.
Gli spettatori al cinema durante diverse proiezioni hanno avuto l'opportunità di celebrare le proprie radici e le cultura africane con danze e percussioni. Adulti e bambini si sono presentati con costumi elaborati legati alla nazione africana del Wakanda e come gesto di riconoscimento della nobiltà delle loro radici africane. Molti sostenitori, vestiti in stile africano, erano pieni di gioia nel guardare il film e hanno affermato, “La strada è stata lunga, ma ce l’abbiamo fatta!”
Durante un festeggiamento a Trinidad e Tobago, Winston Duke si è collegato con Facebook Live (verso circa le 17:13 secondo la timeline del video) per vedere di persona i festeggiamenti. L’attore è sembrato davvero toccato dal tributo e ha affermato: “Incredibile. Questo è incredibile”. In seguito ha aggiunto: “Stiamo creando degli spazi per far sì che tutte le nostre storie vengano raccontate.. tutte le storie diverse di Trinidad e Tobago e di tutti i luoghi della diaspora”
Mentre un utente di Facebook, il fotografo David Wears, ha condiviso un video divertente che mostra perfettamente il piacere che le persone provano nel vedere il film, molti cittadini hanno esaminato il lato più significativo e le sue sorprendenti ripercussioni, sia in maniera negativa che positiva.
Nella rubrica Letter to the Editor (Lettera al redattore) del popolare sito Wired868, Jan-Michael Williams ha sfidato la condanna scoppiata online verso l’esuberanza dei fans del film:
There is a lot of hype surrounding the actions of people, particularly African and/or Black people, before and after watching this new film, Black Panther.
Firstly, let me say that I have not yet seen the film, I’ve only seen its effects. And, for me, it is the best movie of my life so far.
There are some Trinis who have missed the importance of the fact that this is the first movie to have a cast of mostly black people who have roles that do not entail being a drug dealer, prostitute, thug, gangster or any of the negative stereotypes the film industry has created for black people from its inception.
“C’è molta promozione che circonda le azioni delle persone, in particolare quelle africane e nere, prima e dopo aver visto questo nuovo film, Black Panther.
Prima di tutto fatemi dire che non ho ancora visto il film, ho solo visto i suoi effetti. E per me, è il miglior film della mia vita fino ad adesso.
Ci sono alcuni trinidadiani che non hanno recepito l’importanza del fatto che questo è il primo film che ha un cast principalmente nero con ruoli che non sono lo spacciatore, la prostituta, il delinquente, il gangster o qualsiasi altro stereotipo negativo che l’industria cinematografica ha creato fin dal principio per le persone nere.
E continua:
I’m sure that some of you have tried to speak with a Chinese accent after watching those old Kung Fu movies. Some have even engaged in friendly sparring matches to try to reproduce the karate moves. […]
If this film provokes a genuine sense of African pride, a deep connection to something truly meaningful yet missing and/or a thirst for more knowledge about our culture, heritage and homeland, then let us please allow it to do its part. If for others, it’s just another fashion event, then so be it. It is not that they are making a mockery of the culture.
Sono sicuro che alcuni di voi abbiano cercato di parlare con un accento cinese dopo aver guardato quei vecchi film di Kung Fu. Alcuni avranno persino cercato di simulare degli incontri per riprodurre le mosse di karate […]
Se questo film provoca un senso genuino di orgoglio africano, una connessione profonda a qualcosa che sia davvero significativo come la mancanza o la sete di maggiore conoscenza della nostra cultura, eredità e nazione, allora per favore permettiamogli di svolgere questo ruolo. Se per gli altri invece è solo un altro evento di moda, che lo sia. Non vuol dire che stiano prendendo in giro la cultura.
Claudius Fergus, redattrice ospite di Wired 868, ha esplorato le modalità con cui il film ha aiutato a smantellare gli stereotipi negativi:
Superhero comics were created to boost the image of whites as the world’s progenitors and purveyors of justice, peace and security. Likewise, Hollywood has earned its reputation as the quintessential flagbearer of American cultural imperialism for well over a century. […]
The main actors and actresses in Black Panther concur that it is a manifestation of African potency historically denied by a large segment of the world’s population. […] Most commentators agree with [film critic Billy] Niles that what makes Black Panther revolutionary is its ‘predominantly black cast […] set in a prosperous (if fictional) African nation, that didn’t focus squarely on the historical global suffering of black people.’
Gli eroi dei fumetti sono stati creati per sostenere l’immagine dei bianchi come progenitori del mondo e portatori di giustizia, pace e sicurezza. Infatti Hollywood si è guadagnata la reputazione come tipica portabandiera dell’imperialismo culturale americano per più di un secolo. […]
Gli attori e gli attrici principali di Black Panther concordano che il film è una manifestazione della potenza storica africana, ignorata da un grande segmento della popolazione mondiale. […] La maggior parte dei commentatori sono d’accordo con quanto afferma [il critico cinematografico Billy] Niles ossia che ciò che rende Black Panther rivoluzionario è che si tratta di “cast prevalentemente nero […] localizzato in una prosperosa [anche se immaginaria] nazione africana, che non è incentrato sulla sofferenza globale storica dei neri”.
Fergus ha poi illustrato come questi vecchi stereotipi siano “ben visibili” nel Carnevale di Trinidad e Tobago, la festa nazionale del paese:
Prior to the mid-1950s, the prime material for Trinidad Carnival portrayals of Africa came from Hollywood films, which persistently presented the continent and its people as ‘primitive and uncivilized’. […]
In 1957, revolutionary bandleader George Bailey started an artistic movement to reclaim Africa from Hollywood, beginning with his portrayal, ‘Back to Africa’, which won the Band of the Year title.
Prima della metà degli anni ’50, le raffigurazioni principali dell’Africa per il Carnevale di Trinidad provenivano dai film di Hollywood, che raffiguravano sempre il continente e i suoi abitanti come “primitivi e incivili”.
Nel 1957, George Bailey, leader di una banda del Carnevale di Trinidad cominciò un movimento artistico per rivendicare l’Africa da Hollywood, e iniziò con la sua rappresentazione “Back to Africa” (ritorno all’Africa) che vinse il titolo di Band dell’anno.
Nonostante queste rappresentazioni radicali durante il Carnevale — e ora il film di Black Panther che smonta questi stereotipi — Errol Fabien, personalità radiofonica di Trinidad ha alcune riserve:
I Marvel at the support for Black Panther. I myself cannot wait to go see the movie. […] But what is my support to accomplish? […] What does this black cast get from this phenomenal effort on their part? Well guess what? The movie is not black owned, it is a Disney product, Disney owns Marvel. We get so very caught up in consumerism and the agenda that is set for us by white America that we never look further. Black Panther is great but it is just another case of a Anti Black Society finding another way to bleed money out of the people who are so easily fooled by crumbs. […] Now I love the movies, do not get me wrong but here is a proposition, an idea, how about supporting some local productions too. […] I have seen films with all black casts already, this is not the first. They were made right here in Trinidad and Tobago. It is like the global amazement of a black president of the USA… I know about Black Leaders all my life. Obama was great but not novel. […] Not because White America says something is great makes it great. […] Yes this is a great movie for Black actors and ah we boy Duke, but a greater movie for Disney… they making the money.
Mi meraviglio del supporto a Black Panther. Personalmente non vedo l’ora di andare a vedere il film. […]. Ma a cosa porta il mio supporto? […]. Cosa otterrà questo cast di neri dopo questo sforzo fenomenale? Beh sapete cosa? Il film non è di proprietà di neri, ma è un prodotto Disney, Disney possiede Marvel. Siamo così catturati dal consumismo e dall’agenda dettata dall’America bianca che non vediamo mai oltre. Black Panther è grandioso ma è solo un altro esempio di una società anti-neri che trova un modo diverso di prendere soldi da persone facili da abbindolare solo con delle briciole. […] Io amo i film, non capitemi male, ma ecco una proposta, un’idea, perché non dare supporto anche a produzioni locali? […]. Ho già visto film con soli attori neri, questo non è il primo. Sono stati fatti proprio qui a Trinidad e Tobago. È un po’ come la meraviglia globale nell’avere un Presidente nero degli Stati Uniti… ho sempre conosciuto leader neri durante la mia vita. Obama è stato grande ma non una novità. […]. Non è che quando l’America Bianca afferma che una cosa è grandiosa allora lo è per forza. […]. Sì è un grande film per gli attori neri e per Duke, il nostro ragazzo, ma è ancora più grande per la Disney… che guadagna soldi.
La scrittrice Lisa Allen-Agostini ha risposto:
While I hear what he's saying, I'm going to pay money to see this movie. The film industry understands one language: MONEY. When the film breaks records they can no longer ignore cinema of people of colour. Will they continue to cut their own throats by stifling black, Caribbean and other cinema? By ‘they’ I mean not just Hollywood, but also T&T, who still seem to think of our indigenous film products as novelties, or charity.
Capisco quello che dice, ma pagherò comunque per vedere questo film. L’industria cinematografica capisce un solo linguaggio: IL DENARO. Quando un film batte ogni record, non possono più ignorare un cinema fatto di persone di colore. Continueranno a tagliarsi la gola soffocando il cinema nero, dei Caraibi e di altri tipi? E per “loro” intendo non solo Hollywood, ma anche Trinidad e Tobago, che ancora sembra che pensi che i nostri film siano delle novità, o delle opere di bene.
Forse uno dei riassunti più bilanciati e intensi è quello della poetessa Shivanee Ramlochan:
Black Panther is sublime. Not because it's a perfect narrative. No such thing exists. […] It's sublime because it's an ardent vehicle for black joy.
[…] I am not black, except in the eyes of an agent of empire who sees me as not white = black. I do not speak as an authority on the/any black experience, consciousness or understanding. I celebrate black joy. I care deeply about black narratives stealing from the mouth of the empire to make what is theirs, to take (back) what is theirs, to (re)(en)vision themselves with steel, reggae, blood, canboulay and all other forces that move and speak, for the living and the ancestors.
Afrofuturism is a vital part of Black Panther's narrative exoskeleton. Afrofuturism is vital because, in many ways, it yearns to be a representation of the AfroNow. You will find that yearning articulated with almost painful beauty in this film. And that articulation will, if nothing else, give you hope. Hope that yes, there is a Future/Now where black kings are superheroes. […] Hope that somewhere, in a part of the African continent you haven't yet beheld, behind a holographic partition, a city made of commerce and creativity, its ziggurats and spires polished in silver, its catacombs rivering with gold, its arsenals whirring with dread, dense technology, works and sleeps, ready to reckon with the colonizing world. Daring it to try.
Black Panther è sublime. Non perché ha una narrativa perfetta. Non esiste una cosa del genere. […]. È sublime perché è un veicolo intenso di gioia nera.
[…] Non sono nera, a parte agli occhi di un rappresentante dell’impero che mi vede come non bianca e quindi nera. Non parlo come un’autorità con un’esperienza, coscienza o conoscenza nera. Celebro la gioia nera. Mi interessano molto le narrative nere che rubano dalla bocca dell’impero per farle proprie, che si riprendono ciò che è loro, che si rivedono e immaginano sè stessi con acciaio, reggae, sangue, i combattimenti canboulay e tutte quelle forze che si muovono e parlano per i vivi e per gli antenati.
L’Afrofuturismo è una parte vitale dell’esoscheletro narrativo di Black Panther. L’Afrofuturismo è vitale perché, in molti modi, vuole diventare la rappresentazione dell’Afropresente. Troverete quella voglia articolata con una bellezza dolorosa nel film. E quella articolazione se non vi darà niente, vi darà almeno speranza. Speranza che sì, c’è un futuro/presente dove i re neri sono supereroi. […]. Speranza che da qualche parte, in una zona dell’Africa che non avete ancora visto, dietro una partizione olografica, c’è una città che lavora e dorme fatta di commercio e creatività, con ziggurat e guglie verniciate d’argento, catacombe attraversate da oro, arsenali temuti, tecnologia avanzata, che è pronta a essere stimata dal mondo colonizzatore. Abbiate l’audacia di provarci.