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Brexit e pregiudizi? L'inquadratura costruita attorno agli immigrati nei media

Categorie: Asia meridionale, India, Pakistan, Polonia, Regno Unito (GB), Citizen Media, Media & Giornalismi, Migrazioni, NewsFrames
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Manifesto tratto dalla campagna ‘Io sono un immigrato’ (I am an immigrant), promossa dal Comitato per il welfare degli immigrati e il Movimento contro la xenofobia, nel tentativo di “contrastare la retorica negativa utilizzata verso gli immigrati, celebrandoli e raccontando le loro storie.” (Broad sharing policy [1])

Aggiornamento: Alla data del 4 aprile 2018, sono state raccolte da Cambridge Analytica le informazioni di 87 millioni di utenti  [2][en, come tutti i link seguenti].

Nell’ultimo periodo, la notizia che Facebook abbia effettivamente condiviso almeno 87 milioni di profili con Cambridge Analytica [3] è finita sulle prime pagine di molti giornali, soprattutto in collegamento con gli Stati Uniti. Tuttavia questa collusione era già nota da tempo nel Regno Unito, soprattutto in relazione al referendum nazionale per l’uscita dall’Unione Europea tenutosi nel 2016 e conosciuto con il nome di “Brexit [4]”. Per citare quanto affermato l’anno scorso dalla giornalista Carole Cadwalladr la democrazia stessa è stata “posta sotto sequestro” dalle operazioni di Cambridge Analytica; il suo reportage definiva la situazione come “Great British Brexit Robbery” [5](Il grande furto della Brexit), (un pezzo che è ancora oggi sotto accusa legale) .

Fino a che punto le varie piattaforme tecnologiche sono state usate per orientare l’opinione pubblica è un problema di fondamentale importanza, come nel caso della Brexit. Chiunque abbia prestato attenzione all’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, in programma per il prossimo anno, sa che si tratta di un argomento che genera reazioni forti. Esiste dunque la possibilità di creare disinformazione approfittandosi della questione Brexit? Che prospettiva si ottiene se si analizzano le notizie riguardanti la Brexit basandosi su dati specifici?

Secondo quanto disponibile su Media Cloud, che raccoglie fonti di media tradizionali e web sia americane che inglesi, l’argomento Brexit [6]è apparso in circa 70.000 articoli tra il 1 marzo 2017 e il 28 febbraio 2018.

Che cos’è Media Cloud?

Media Cloud [7] è una piattaforma open source sviluppata dal MIT Center for Civic Media e l'Harvard Berkman Klein Center for Internet and Society. Media Cloud è progettato per aggregare, analizzare, consegnare e visualizzare informazioni, rispondendo a complesse domande quantitative e qualitative sul contenuto dei media online.

Tra i temi principali emersi su Media Cloud è stato possibile evidenziare, come previsto, parole chiave che fanno riferimento alle elezioni politiche americane e al referendum inglese, oltre a politici di spicco come Theresa May e Boris Johnson.

Tuttavia, se si analizzano i termini utilizzati sui giornali concentrandosi sulle possibili motivazioni dietro alla Brexit, i temi che compaiono con più frequenza sono economia e immigrazione.

Rappresentazione grafica di Media Cloud con un esempio di articoli che contengono la parola “Brexit”. Le parole che compaiono più frequentemente vengono mostrate ad inizio lista in caratteri più grandi. (Ingrandisci l'immagine [8])

Dunque, in che modo esattamente si è discusso nei media americani e inglesi che hanno parlato di questi temi in relazione alla Brexit?

Il tono negativo sull’immigrazione

Per farsi un’idea del tono delle conversazioni a tema immigrazione, abbiamo utilizzato lo strumento Bias Prism [9] per analizzare i termini chiave che appaiono in questo tipo di discussioni. Bias Prism è uno strumento di elaborazione del linguaggio naturale  [10]che analizza il linguaggio, alla ricerca di espressioni che esprimono punti di vista personali e potenziali pregiudizi.

Che cos’è Bias Prism?

Bias Prism è uno strumento sperimentale ancora in fase di sviluppo ideato dal Georgia Tech’s Behavioral Modeling and Computational Social Systems Group in collaborazione con NewsFrames. I risultati che si ottengono grazie agli algoritmi che elaborano il linguaggio naturale segnalano i diversi modi in cui i testi utilizzano un linguaggio fazioso e non obiettivo. Per saperne di più >> [9]

L’obiettivo di Bias Prism è quello di fornire un modo più preciso di analizzare la presenza di espressioni faziose nei testi. Invece di produrre un risultato che si limiti ad indicare se le espressioni sono “di parte o non di parte”, i ricercatori hanno la possibilità di analizzare i testi sulla base di informazioni quali sentimento o espressione di dubbio.

Se si confrontano le parole chiave evidenziate per ulteriori approfondimenti, si trovano molti più termini che fanno riferimento a punti di vista personali ed emozioni – tra cui “dannoso”, “ansia”, “crisi” – negli articoli che parlano di immigrazione rispetto agli articoli che parlano di economia, sebbene quest’ultimo tema sia presente in maggioranza.

Approfondendo l’analisi di questi articoli, sono venute alla luce parole chiave quali immigrato o immigrati. Lo schema identificato è molto simile: i risultati ottenuti con Bias Prism rivelano che la parola immigrato sembra essere di norma più faziosa della parola immigrazione.

L’analisi da noi effettuata su diverse fonti presenti su Media Cloud ha preso in considerazione un campione di 4.500 parole. Grazie all’analisi statistica svolta da Bias Prism, le parole chiave collegate a “immigrazione” e “immigrato” hanno mostrato la tendenza ad essere maggiormente di parte. La media per ciascun campione – composto di parole chiave prima genericamente relative alla Brexit e poi collegate a economia, immigrazione e immigrato – è aumentata progressivamente. Numeri più elevati indicano la possibilità di maggiori pregiudizi. Si tratta di una progressione lieve, che però è visibile in modo più chiaro se si osserva il volume dei risultati in generale, come evidenziato da questo grafico:

L'immagine mostra dove sono collocati sullo spettro di Bias Prism i 4.500 risultati ottenuti analizzando tematiche quali economia, immigrati e immigrazione. Un numero elevato indica la possibilità di un linguaggio più fazioso. Fonte: NewsFrames

È importante ricordare che non tutte le espressioni cosiddette parziali sono negative. Alcune possono sostenere un’opinione specifica o possono essere addirittura positive. È il caso per esempio di alcune delle parole apparse come risultato della nostra ricerca, tra cui “altamente specializzato”, “innovativo”, “ottimismo”, che sono tutte collocabili all’estremo positivo della gamma delle opinioni.

Nonostante questo, nel grafico sottostante sono riportate le parole che sono state maggiormente evidenziate come faziose in relazione a “economia”, “immigrazione” e “immigrati”. Come si può notare, la connotazione delle parole elencate è generalmente negativa:

Elenco delle parole evidenziate da Bias Prism come potenzialmente faziose nell'analisi dei termini economia, immigrazione e immigrati negli articoli che trattano della Brexit nel periodo tra marzo 2017 e febbraio 2018.  Includere tutti questi termini avrebbe portato ad ancora più parole da esaminare. Fonte: NewsFrames (Ingrandisci l'immagine [11])

Nel campione citato sopra, la ricerca in Media Cloud di articoli relativi alla Brexit ha evidenziato 44.401 frasi associate al termine economia; all'interno di queste, 38 parole sono state identificate come parziali (visibili nella colonna di sinistra). Il campione relativo alla parola immigrazione, ottenuto dall’analisi di 22.068 frasi, ha evidenziato 57 parole parziali (visibili nella colonna centrale). Tuttavia, l’analisi della parola immigrato, presente in sole 4.862 frasi, ha ugualmente evidenziato 69 parole ritenute parziali (visibili nella colonna di destra).

Dal momento che la parola immigrati sembra generare maggiore tensione, passiamo dunque ad analizzare alcune di queste conversazioni nel contesto da cui provengono.

Singole parole e il quadro più ampio

Se si analizzano gli articoli ad uno ad uno, le questioni in gioco possono risultare di difficile comprensione.

Si prenda per esempio in considerazione la recente copertura da parte dei media del fenomeno dell'immigrazione. Alla fine di febbraio, l’Istituto statistico nazionale britannico (Office for National Statistics-ONS) ha pubblicato il suo abituale resoconto trimestrale relativo alle statistiche in materia di migrazione [12].

Tale notizia è stata poi ripresa varie volte, ma leggendo gli articoli singolarmente è difficile identificare motivi di preoccupazione. Per esempio, a seguire si hanno gli incipit di tre articoli in cui l’utilizzo di dati numerici rende la lettura abbastanza complessa:

Articolo uno: paragrafo introduttivo

Net immigration has risen to 244,000 a year in a reminder of the scale of the task facing the government to curb numbers.
The net flow to the UK in the year to September was up from 230,000 in the 12 months to June.
The increase was driven mainly by a rise in arrivals from outside the EU, with immigration from the bloc slipping sharply, according to the Office for National Statistics (ONS).

Il tasso di immigrazione netta è salito a 244.000 immigrati all’anno, riportando l’attenzione sulla portata del compito che spetta al governo, che deve cercare di contenere questi numeri. Il flusso netto di immigrazione verso il Regno Unito fino a settembre di quest’anno è salito di 230.000 immigrati nei 12 mesi precedenti il mese di giugno. Questo aumento si deve soprattutto ad una crescita negli arrivi da paesi fuori dall’Unione Europea, mentre l’immigrazione dal blocco europeo è diminuita bruscamente, stando a quanto riportato dall’ONS.

Articolo due: paragrafo introduttivo

Net immigration has risen to 244,000 a year in a reminder of the scale of the task facing the government to curb numbers.
The net flow to the UK in the year to September was up from 230,000 in the 12 months to June.
The increase was driven mainly by a rise in arrivals from outside the EU, with immigration from the bloc slipping sharply, according to the Office for National Statistics (ONS).

I dati indicano che il numero di cittadini europei che hanno lasciato il Regno Unito ha raggiunto il livello più alto da 10 anni a questa parte, con 130.000 persone che sono emigrate fino al settembre di quest’anno. Tuttavia, fa sapere l’ONS, nello stesso periodo 220.000 cittadini europei si sono trasferiti in Gran Bretagna, ovvero 47.000 in meno rispetto all’anno precedente.

Articolo tre: paragrafo introduttivo

The number of EU citizens leaving the UK is at its highest level for a decade with 130,000 emigrating in the year to September, figures show.
But 220,000 EU nationals still moved to Britain over the same period, the Office for National Statistics found.
That is 47,000 fewer than the previous year.

Secondo il resoconto fornito dall’ONS, per la prima volta in 6 anni la migrazione netta dall’Europa è scesa al di sotto delle 100.000 persone. Fino a settembre 2017 circa 90.000 cittadini europei sono arrivati in Gran Bretagna, un calo che gli esperti di statistica suggeriscono sia dovuto alla Brexit. È la prima volta da marzo 2013 che l'immigrazione netta dal blocco europeo scende al di sotto delle sei cifre; all’epoca aveva raggiunto i 95.000. Per trovare un un numero ancora minore si deve tornare al 2012, quando gli immigrati furono 82.000.

Può essere che siano di difficile comprensione, ma non c’è niente in queste frasi che sia in qualche modo fazioso. Per confermare questa valutazione si è fatto ricorso a Bias Prism, utilizzandolo per identificare qualsiasi differenza negli articoli, così come si era fatto con le parole “economia”, “immigrazione”, e “immigrato”. I risultati ottenuti sono stati simili per tutti e tre gli articoli.*

Se però facciamo un passo indietro, è evidente che il quadro in cui viene inserito il problema nel primo articolo è diverso dagli altri due. È sufficiente dare un’occhiata ai titoli: il vero problema sono le persone che si trasferiscono nel Regno Unito o quelle che se ne vanno?

Articolo uno: titolo

Immigrazione netta SALE a 244.000 all’anno, ancora più del DOPPIO del limite posto dal Primo Ministro, ma i numeri dalla UE scendono al di sotto dei 100.000 per la prima volta dal 2013 [13]

- dal Daily Mail

Articolo due: titolo

Dati sull’immigrazione: il numero più alto di cittadini europei da dieci anni a questa parte lascia il Regno Unito [14]

- dalla BBC

Articolo tre: titolo

Immigrazione netta dall’Europa scende al di sotto dei 100.000 per la prima volta dal 2012 [15]

- dal Telegraph

Il significato più ampio di questi articoli si evince dai titoli. Nel caso del Daily Mail, giornale di destra [16], il titolo fa riferimento al governo, chiedendosi se stia facendo abbastanza per raggiungere i suoi obiettivi relativi all’immigrazione verso il Regno Unito, anche in relazione alla promessa post-Brexit di limitare il movimento delle persone. Oppure, nel caso della BBC e del Telegraph, cioè giornale di centro [16], ci si chiede se le paure dei cittadini europei in merito alla Brexit stiano già avendo un impatto sull’immigrazione.

Per ottenere un’analisi di queste due interpretazioni ci siamo rivolti all’Osservatorio delle Migrazioni dell’Università di Oxford, un progetto di ricerca che fornisce “un’analisi imparziale, indipendente, accreditata e basata su risultati empirici di dati relativi all’immigrazione e agli immigrati nel Regno Unito.”

La sua posizione [17] sostiene che questi numeri non sono in grado di fornire prove certe. L’Osservatorio afferma che “le cifre riportate nei titoli non ci dicono se il cambiamento di rotta nell’immigrazione dall’Unione Europea sia un fatto positivo o negativo per il Regno Unito”. Successivamente l’Osservatorio sottolinea anche la scarsità di informazioni fornite da questi numeri: nessun riferimento alle capacità, al reddito e alle attività degli immigrati, oltre che ad elementi relativi alla loro integrazione, come l’apprendimento della lingua inglese.

Due domande stanno alla base della questione immigrazione. La prima riguarda gli eventuali benefici economici che l’immigrazione può portare ad una nazione. Per rispondere a questa domanda sono stati effettuati una serie di studi [18], i quali hanno concluso che una migrazione netta positiva è generalmente positiva (tra cui studi recenti effettuati da Breugel [19] o Harvard Business Review [20]).

Questa immagine di impatto economico generalmente positivo [21] (PDF) generato dall’immigrazione può risultare inaspettata ad alcuni partecipanti alle discussioni sulla Brexit. Tuttavia, sebbene si possa essere d’accordo sugli effetti economici dell’immigrazione, c’è ancora spazio per opinioni discordanti in merito al valore dell’immigrazione. E questo fatto è alla base della seconda domanda: da che cosa è generata tutta questa negatività riguardo agli immigrati, se non si tratta di questioni economiche?

Il ‘tipo di posto in cui vogliamo vivere’

Secondo un’altra analisi effettuata dall’Osservatorio delle migrazioni: [22]

Economic estimates are important, but limited in that they cannot resolve important judgements about the type of society people want. These preferences over the ‘sort of place we want to live in’ can drive people’s views and choices on migration just as much as the ‘pure’ economic factors.

Le valutazioni economiche sono sì importanti ma limitate, nel senso che non riescono a modificare le opinioni delle persone sul tipo di società che vogliono. Le preferenze sul ‘tipo di posto in cui vogliamo vivere’ hanno il potere di condizionare punti di vista e decisioni sull’immigrazione, così come i fattori economici ‘puri’.

In altre parole, la discussione sull’immigrazione ruota attorno anche ai valori. I valori sono infatti un altro dei temi dominanti nella copertura giornalistica di questioni legate all’immigrazione e alla Brexit.

Termini associati con più frequenza alla parola ‘immigrato’ nell'analisi riguardante la Brexit. Fonte: Media Cloud

Uno degli articoli che è comparso più volte nelle ricerche su Media Cloud in merito al tema dei valori e degli immigrati, è il discorso Un piano per la Gran Bretagna [23] pronunciato da Theresa May il 17 gennaio 2017, in cui il Primo Ministro elenca le 12 priorità del suo governo a proposito della Brexit.

Nel suo messaggio all’Europa, Theresa May utilizza la parola valori più di una volta, per esempio:

So to our friends across Europe, let me say this. Our vote to leave the European Union was no rejection of the values we share. … For all these reasons – and because of our shared values and the spirit of goodwill that exists on both sides – I am confident that we will follow a better path. I am confident that a positive agreement can be reached. [emphasis added]

Fatemi dunque dire questo ai nostri amici europei. La nostra decisione di lasciare l’Unione Europea non ha significato la rinnegazione dei valori che condividiamo con voi. … Per tutti questi motivi – e per i valori che condividiamo e lo spirito di gratitudine che esiste da entrambe le parti – sono sicura che porteremo avanti un cammino migliore. Sono sicura che un accordo positivo possa essere raggiunto. [grassetto aggiunto]

Theresa May affronta anche il tema dell’immigrazione:

Britain is an open and tolerant country. We will always want immigration, especially high-skilled immigration, we will always want immigration from Europe, and we will always welcome individual migrants as friends. But the message from the public before and during the referendum campaign was clear: Brexit must mean control of the number of people who come to Britain from Europe. And that is what we will deliver. [emphasis added]

La Gran Bretagna è un paese aperto e tollerante. L’immigrazione sarà sempre ben accetta, soprattutto quella altamente specializzata, così come sempre ben accetta sarà l’immigrazione dall’Europa, e i singoli migranti saranno sempre considerati come degli amici. Tuttavia il messaggio che abbiamo ricevuto dai cittadini, sia prima che durante la campagna del referendum, è stato chiaro: la Brexit deve portare ad un maggiore controllo del numero di persone che arrivano in Gran Bretagna dall’Europa. E questo è ciò che faremo. [grassetto aggiunto]

Tuttavia, per farsi un’idea del modo in cui i concetti di valore e immigrazione interagiscono (per quanto sia possibile comprenderlo analizzando i media), Media Cloud ci ha permesso di verificare quali combinazioni di parole sono apparse nelle varie fonti giornalistiche in concomitanza con il termine “valori” .

Rappresentazione grafica dell'utilizzo della parola “valori” negli articoli raccolti su Media Cloud che trattano degli immigrati in relazione alla Brexit. L'immagine mostra le parole più frequentemente associate a “valori” in un campione di 1.000 frasi. (Ingrandisci l'immagine [24])

Come si vede qui sopra, sono state identificate diverse conversazioni, tuttavia è opportuno segnalare da un lato termini quali “minaccia”, “distruttivo” e “ovest bianco”, e dall’altro “apertura”, “tolleranza” e “rispetto”. Si evince inoltre che queste tensioni non riguardano solo l’immigrazione europea verso il Regno Unito. È importante infatti sottolineare che il tono di alcuni articoli sulla Brexit e sull’immigrazione è proprio di autori americani e del loro punto di vista, che tiene in considerazione problemi simili [25] emersi durante l’elezione di Donald Trump a Presidente degli Stati Uniti.

Nonostante questo, stando al più recente rapporto del governo sulle varie nazionalità presenti nel paese, l’immigrazione nel Regno Unito proviene da nazioni sia dentro che fuori l’Unione Europea. Il paese d’origine più comune dopo il Regno Unito è la Polonia, che appartiene all’Unione Europea. A seguire si trovano India e Pakistan, che fanno parte di una regione precedentemente sotto il controllo dell’Impero Britannico.

In ogni caso, se uno scontro di valori e aspettative esiste tra i cittadini vecchi e quelli nuovi, quali sono esattamente i valori portati dagli immigrati?

L’analisi di 1.047 articoli, resi disponibili da Media Cloud, contenenti frasi su immigrati e valori non ha prodotto alcun risultato degno di nota. È stato necessario andare oltre la notizia singola, e ricercare dimensioni più profonde in cui gli immigrati abbiano potuto esprimersi attraverso i loro sforzi, come la diffusione dell’hashtag #IoSonoUnImmigrato (#IamAnImmigrant) cominciata nel 2015 [27] (immagine a inizio articolo).

È importante interrogarsi su come vengano attualmente rappresentati gli immigrati nei media, dato che un quindicenne su quattro che risiede in un paese OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) è immigrato o imparentato con un immigrato. Secondo questo studio, l’integrazione può rivelarsi difficile per i bambini immigrati a causa delle loro circostanze personali. Tuttavia, un valore alquanto positivo che i bambini immigrati hanno diffuso è una maggiore motivazione a realizzarsi [28].

[29]

Almeno un quindicenne su quattro ha affermato di essere nato in un altro paese o di avere almeno un genitore nato in un altro paese. Fonte: OECD (Ingrandisci l'immagine [30])

Per quanto i media si interroghino spesso sul problema dell’integrazione, difficilmente si incontra un’analisi volta a comprendere appieno chi sono quelli che cercano di integrarsi, per lo meno stando a quanto evidenziato dai dati analizzati in questo studio.

Pregiudizi e inquadratura, strumentalizzazione e comprensione

La questione qui analizzata non riguarda tanto la presenza di pregiudizi negli articoli, quanto una questione di inquadratura. Quando gli inviati britannici e americani hanno parlato delle tensioni relative all’immigrazione e agli immigrati in relazione alla Brexit hanno sicuramente trasmesso le loro interpretazioni personali. Non si sta però cercando di stabilire se alcuni articoli siano più parziali di altri.

L'inquadratura è una risposta spontanea e umana di fronte a situazioni complesse a cui si cerca di dare un’interpretazione [31]. La difficoltà nell’accettare l’immigrazione deriva in parte dalla difficoltà nell’ accettare un’integrazione in larga scala, che comporta variazioni consistenti nelle popolazioni di tutto il mondo, ma soprattutto nel Regno Unito [32], dove il numero di immigrati è raddoppiato negli ultimi 25 anni. Il conseguente incontro con nuovi cittadini e nuove idee ha poi naturalmente favorito lo sviluppo di varie conversazioni su quali aspetti stiano alla base della cultura britannica.

Vale la pena ricordare che anche i cittadini britannici emigrano e fanno parte di discussioni legate all’integrazione in altri paesi. Nel 2015, il Regno Unito si trovava tra i 10 paesi al mondo con il maggior numero di emigrati all’estero.

In questo caso, dunque, il problema riguarda il quadro più ampio in cui gli immigrati vengono inseriti dai media, che appare alquanto negativo. Le inquadrature del contesto sono necessarie, ma sono anche complicate. Infatti, sebbene possano essere accurate nel riportare le paure degli altri, le inquadrature di contesto [33] date dai media sulle questioni relative all’immigrazione possono inavvertitamente amplificare i pregiudizi che essi stessi stanno riportando.

La paura per possibili strumentalizzazioni generata dal recente scandalo di Cambridge Analytica ci ricorda che le campagne di disinformazione possono essere sviluppate non solo da informazioni false, ma anche da interpretazioni umane riguardo fatti e credo politici.

In che modo i media affidabili possono promuovere discussioni salutari e la conoscenza dei valori legati all’immigrazioni e agli immigrati? Forse rispondendo a questa domanda, e riflettendo sull’utilizzo delle inquadrature di contesto, si potrà arrivare alla costruzione del tipo di posto in cui tutti vogliamo vivere.

Grazie a C.J. Hutto per il suo feedback su questo articolo.
* I dati utilizzati in questo articolo si possono trovare qui [34].