La guerra contro la sterilizzazione in India sembra non avere una fine

Schermata da un video di YouTube

Questo articolo fa parte di una serie di tre articoli scritti da Madhura Charkraborty [en,come i link seguenti salvo diversa indicazione] Alankrita Anand, originariamente pubblicati da Video Volunteers, un'organizzazione di media comunitari premiata a livello internazionale con sede in India.

L'India ha una triste storia riguardo le politiche di controllo sponsorizzate dallo stato e mirate ai poveri e diseredati. Dal 1975, l'anno “dell'emergenza”, quando 6,2 milioni di uomini furono sterilizzati forzatamente grazie a un'iniziativa fortemente criticata, l'onere di ridurre la fertilità è stato onestamente lasciato esclusivamente alle donne. I corrispondenti di Video Volunteers denunciano il crescente numero di casi di sterilizzazione di donne di ceto basso, senza il loro consenso, nei centri sanitari del paese.

Nel 2013-2014, sono state effettuate 4 milioni di operazioni di sterilizzazione in tutta l'India, di cui solo su 100,000 uomini. È importante ricordare che l'India spende l'85% del suo budget totale per la pianificazione familiare sulla sterilizzazione. Nel 2014, 15 donne dello stato di Chhattisgarh [it] sono decedute a cause di operazioni di sterilizzazione mal riuscite eseguite dai centri statali.

Nel 2015-2016, l'82% delle donne che sono state sterilizzate si sono sottoposte a questo intervento in un centro gestito dal governo. Tra quelle che usavano pillole contraccettive, più delle metà (il 54%) si sono rivolte a un centro privato. Per la pianificazione familiare, il governo assegna l'85% delle risorse alla sterilizzazione, il 13,5% alle attrezzature ed agli stipendi, e l'1,5% ad altri metodi.

Queste informazioni delineano il quadro complessivo di come il governo indiano consideri e tratti le donne. Nei 20 anni trascorsi dalla Piattaforma di Azione di Pechino organizzata dalle donne dell'ONU, che aveva promosso un cambiamento paradigmatico da un approccio basato sul “controllo della popolazione” a uno incentrato sul diritto di “scelta” e di “salute riproduttiva”, per le donne indiane è cambiato veramente poco. Nel 1991, Deepa Dhanraj girò un documentario, Something Like A War (Qualcosa di simile alla guerra) filmando con una telecamera camere di ospedali dove i medici si vantavano con indifferenza delle centinaia di sterilizzazioni che effettuavano al giorno, e sul fatto che alle donne venisse sedate quanto bastasse e che fossero legate e imbavagliate per evitare che urlassero mentre le stavano sterilizzando.

Una cosa è però cambiata: il sistema di controllo delle nascite viene ora affidato alla “salute delle madri”, ovvero alla “scelta delle donne di materia riproduttiva nell'ambito del Janani Suraksha Yojana. Le destinatarie di questo controllo sono naturalmente sempre le donne che vivono al di sotto della soglia di povertà in villaggi e slum, che appartengono per lo più alla casta dei Dalit e che non possono permettersi cure mediche private.

Usha Patel, un corrispondente di Video Volunteers riferisce:

Nel video mostrato in precedenza si mette in evidenza come solo un insignificante 0,3% degli uomini si sottopone a sterilizzazione contro il 36% delle donne. I motivi? Nandu, un uomo di 35 anni di Uttar Pradesh ritiene che gli uomini non debbano essere sterilizzati perché “svolgono lavori più duri delle donne”. Sua moglie, Manju, approva.

Questo video mostra le raccapriccianti condizioni dei reparti di maternità indiani, dove 5 donne all'ora muoiono di parto.

Nel 2015, un giornalista ha riferito delle condizioni della sala parto di uno dei principali centri universitari statali di Kolkata, che è una vera e propria metropoli. Le donne in travaglio venivano continuamente rimproverate e schiaffeggiate sia dai medici che dagli infermieri perché si lamentavano. Questo accanimento generale nei confronti delle donne ai margini della società – dai parti in ospedale, alla sterilizzazione alle punture per il controllo delle nascite somministrate alle donne a loro insaputa –  richiama alla mente l'atteggiamento indiano di voler ridurre la fertilità, e i passati campi di sterilizzazione forzati di Sanjay Gandhi. Sono in molti a ritenere che le politiche indiane mostrino la tendenza a controllare solo il numero di figli dei poveri.

Non mancano casi di terribili violazioni dei diritti di riproduzione delle donne. Per contro, in India, nell'ultimo decennio l'uso della contraccezione maschile è continuato a calare drasticamente, registrando una riduzione dell'uso dei profilattici del 52%. Diversamente, la contraccezione femminile continua ad essere oggetto di campagne governative sia sul campo che da parte della Missione per la Salute Nazionale.

Bikash Barman, un corrispondente della comunità di Video Volunteers ha segnalato che la maggior parte delle donne incinte del villaggio di Kalpani, del distretto di Cooch Behar del Nord Bengala, evita di recarsi in ospedale perché teme che vengano inseriti loro forzatamente dispositivi intrauterini.

Nel video, una delle 30 donne che ha partorito in un centro sanitario statale e alla quale è stato impiantato forzatamente un dispositivo contraccettivo ha affermato:

No, I was not willing to have a copper-T inserted.

Non volevo che mi inserissero una spirale.

Le ricerche dimostrano che la maggiore autonomia delle donne le sta spingendo a soluzioni che tutelino maggiormente la loro salute. Disincentivare le gravidanze a una giovane età è più efficace della sterilizzazione per ridurre i tassi di fertilità. Tutto questo comporta naturalmente cambiare gli atteggiamenti patriarcali nei confronti delle donne e il modo in cui queste vengono considerate dalla società. Cambiare questo atteggiamento a livello domestico e istituzionale è un lavoro immane che non può essere documentato con traguardi numerici come le morti al momento del parto, Tuttavia, finché non verrà introdotto questo cambiamento nella lingua delle nostre politiche, le donne continueranno ad essere trattate come cavie.

I corrispondenti della comunità di Video Volunteer provengono da comunità emarginate in India e producono numerosi video su storie non denunciate. Queste storie “sono notizie per coloro che le vivono”. Offrono un contesto iperlocale di copertura dei diritti umani globali e delle sfide che devono essere affrontate a livello di sviluppo.

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