Iran: in carcere l'avvocato dei diritti umani Nasrin Sotoudeh, difensore delle ragazze che protestavano contro l'hijab

Nasrin Sotoudeh, un noto avvocato per i diritti umani, è in prigione per aver difeso le manifestanti contro l'hijab in Iran.

Segue un adattamento dell’articolo originariamente pubblicato sul sito web del Centro per i Diritti Umani in Iran [en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione].

Le autorità hanno accusato l’avvocato iraniano per i diritti umani Nasrin Sotoudeh di due crimini contro la sicurezza nazionale, in quanto rappresentante di donne incarcerate in Iran dopo aver protestato pacificamente contro la legge della Repubblica Islamica sull’hijab obbligatorio.

Sotoudeh è stata arrestata a casa sua il 13 giugno e le è stato detto, senza ulteriori spiegazioni, che sarebbe stata portata nel carcere Evin di Teheran per scontare una pena di cinque anni che non sapeva di aver ricevuto, in quanto condannata in contumacia [it].

“Durante l’interrogatorio le hanno detto che le accuse contro di lei sono di ‘propaganda contro lo stato’ e di ‘assemblea e collusione’, per aver cospirato con la signora Shaparak [Shajarizadeh] nel tribunale di Kashan,” ha riferito il marito di Sotoudeh, Reza Khandan, al Centro per i Diritti Umani in Iran (CHRI).

“Dire che un avvocato abbia incontrato e cospirato con la sua cliente è una delle cose più ridicole mai sentite”, ha aggiunto. “Incontrare un cliente è la parte basilare del lavoro di un avvocato. Ma la cosa più interessante è che Shaparak è stata arrestata a Kashan (152 miglia a sud di Teheran), e Nasrin non poteva andarci, quindi non c’è stato nessun incontro al tribunale di Kashan.”

Dal dicembre del 2017 alcune donne iraniane, tra cui Shajarizadeh, sono state arrestate per aver protestato pacificamente contro la legge della Repubblica Islamica sull’hijab obbligatorio, togliendosi il velo e sventolandolo in strade affollate. Conosciute sui social media come “le Ragazze di Revolution Street,” tra di loro almeno tre donne sono state ufficialmente accusate per i loro atti di disobbedienza civile.

Secondo l’Articolo 638 del Codice Penale Islamico dell’Iran, “Le donne che appaiono in luoghi pubblici e strade senza indossare un hijab islamico, verranno condannate da 10 giorni a due mesi di detenzione, o a una multa da 500 a 50,000 riyāl.”

Inoltre: “Chiunque commetta un atto harām [peccaminoso] in luoghi pubblici e strade, oltre ad essere punito per l’atto stesso, riceverà una condanna a due mesi di carcere o fino a 74 frustate; e se si commette un atto che non è perseguibile ma che viola la pubblica discrezione, si sarà solo condannati alla detenzione da 10 giorni a due mesi, o fino a 74 frustate.”

Il marito di Sotoudeh continua: “Se mi chiedete cosa pensano davvero le autorità, allora dirò che ciò che vogliono è solo che Nasrin resti a casa, che eviti casi come le Ragazze di Revolution Street, e smetta di difendere gli attivisti civili e politici e di rilasciare interviste ai media.”

“Penso davvero che siano confusi,” ha aggiunto. “L’hanno trattenuta e adesso stanno costruendo un caso contro di lei.”

Khandan ha detto che Sotoudeh sta considerando l’idea di unirsi alle manifestanti iraniane contro l’hijab per protestare contro il suo arresto.

“Oggi [17 giugno] Nasrin, durante la visita, mi ha detto che ha lavorato duro sui casi contro le sue tre clienti — le Ragazze di Revolution Street — e crede che l’hijab obbligatorio sia inumano e contro i diritti umani e che, se la sua detenzione continua, anche lei si toglierà il velo in prigione,” ha detto il marito.

Khandan ha anche detto al CHRI che Sotoudeh si è rifiutata di ingaggiare un difensore, per protesta contro la recente introduzione da parte della magistratura di una lista di 20 avvocati controllati dallo stato, i soli a cui è concesso di difendere i detenuti per motivi politici in Iran.

Il 17 giugno, Khandan e gli avvocati difensori Arash Keykhosravi e Payam Derafshan, insieme a molti attivisti per i diritti civili, si sono riuniti fuori dai cancelli del carcere Evin per manifestare contro l’arresto di Sotoudeh.

Keykhosravi e Derafshan stanno rappresentando la famiglia di Kavous Seyed-Emami, un professore universitario e ambientalista iraniano-canadese, morto in circostanze sospette nel carcere Evin nel febbraio 2018.

Gli agenti di sicurezza hanno picchiato i manifestanti e trattenuto nove di loro per parecchie ore, ha riferito Khandan. Keykhosravi e Derafshan, insieme ad altri due manifestanti, “hanno riportato molte ferite,” ha aggiunto.

“Ci siamo riuniti davanti a Evin verso le 10 del mattino di oggi [17 giugno] ma le guardie ci hanno mandato via, e il presidio si è riunito in realtà sotto il ponte vicino Evin,” ha detto Khandan. “Non appena i nostri amici hanno iniziato a cantare slogan e ad esibire gli striscioni, gli agenti ci hanno attaccati con pugni e calci e hanno arrestato nove dei nostri.”

“Siamo rimasti in un furgone della polizia per un’ora, poi siamo stati trasferiti in un tribunale, e infine ci hanno liberato dopo un paio d’ore,” ha aggiunto. “Poi sono andato immediatamente al carcere di Evin per vedere Nasrin, perché oggi era il giorno di visita.”

Dopo essere stato rilasciato, Derafshan ha riferito al sito di notizie riformista Etemad Online che un ufficiale giudiziario ad Evian si è scusato per il trattamento violento.

“In seguito all’inappropriato attacco da parte degli agenti di sicurezza, il rappresentante giudiziario del tribunale di Evin si è scusato per i loro errori e ha detto che avrebbe indagato meticolosamente sull’accaduto per garantire sicurezza e un’adeguata gestione della crisi,” ha concluso Derafshan.

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