La tassa sui social media imposta in Uganda aggraverà ulteriormente il divario digitale di genere

Giugno 2018. Proteste di un gruppo di donne lavoratrici a Kampala in Uganda. Foto di Katumba Badru, usata dietro sua autorizzazione.

Il 1° luglio è entrata in vigore in Uganda una nuova tassa giornaliera sull'uso dei social media e delle piattaforme di messaggistica, che, secondo quanto dichiarato dal Presidente Museveni, sono equiparabili a “beni di lusso”.

Questa tassa aggraverà indubbiamente il divario digitale per tutti i cittadini dell'Uganda che hanno meno mezzi economici a disposizione, ma le conseguenze potrebbero essere però di gran lunga peggiori per le donne che già devono affrontare notevoli ostacoli per poter accedere a ed utilizzare internet.

Secondo un punteggio [en, come i link seguenti, salva diversa indicazione] assegnato da World Wide Web Foundation, in Uganda il costo di 1 GB di dati equivale a circa il 22% di un guadagno mensile medio. I paesi come l'Uganda e il Mozambico, che dispongono di una rete Internet estesa, sono anche quelli che contano il minor numero di donne online. A livello regionale, in Africa solo una donna su nove ha accesso ad internet. Da un sondaggio effettuato in dieci città selezionate del mondo, tra cui Kampala, è emerso che solo il 37% delle intervistate donne utilizzava internet contro il 59% degli uomini.

Le ricerche condotte da Women of Uganda Network e Web Foundation indicano che, a causa dell'ampia diffusione della povertà tra le donne, che dipendono dall'agricoltura di sussistenza, le donne non possono permettersi di acquistare uno smartphone o un pacchetto dati. Comunque, anche quelle che possono concedersi un dispositivo e servizi mobili devono spesso superare ostacoli quali la lingua e la bassa alfabetizzazione.

Il divario di genere è dovuto anche a fattori culturali e sociali. Nella società ugandese ci sono norme radicate che stigmatizzano la presenza e partecipazione delle donne in luoghi pubblici, che comprendono anche bar e telecentri dove è spesso possibile accedere a internet. Il divario digitale di genere deriva anche dagli schemi di disuguaglianza tra i generi, riscontrabili a livello di partecipazione politica e rappresentanza nelle strutture che hanno potere decisionale, dalle disparità in termini di opportunità economiche, dall'accesso all'educazione (e conseguentemente all'alfabetizzazione) e dalla divisione del lavoro in ambito economico.

Tuttavia, nonostante le difficoltà molte donne ugandesi sono presenti online. La rivoluzione digitale ha dato alle donne dell'Uganda una voce online che permette loro di confrontarsi politicamente, esprimere le loro critiche agli organi di governo, smantellare il patriarcato, chiedere consigli ad amici, accedere ad informazioni, connettersi con i clienti, commercializzare prodotti, fondare organizzazioni benefiche, costituire gruppi di supporto psicosociale, coordinare gruppi di risparmiatori, organizzare la supervisione dei minori nei villaggi mentre sono assenti e molto altro ancora. Al Presidente Museveni è forse sfuggito qualcosa quando ha affermato che i social media vengono usati solo per i pettegolezzi. Comunque, se anche così fosse, comunicare è una delle necessità essenziali dell'uomo.

La tassa non tiene nemmeno conto della bassa alfabetizzazione, sopratutto tra gli ugandesi più poveri. Quando ho intervistato delle donne che vivevano a Bwaise, uno slum di Kampala, ho imparato che per loro WhatsApp e Facebook sono l'internet, perché queste sono le uniche due piattaforme che sanno utilizzare. Conseguentemente, con l'introduzione della nuova tassa, saranno impossibilitate anche ad utilizzare questi servizi.

Se il governo dell'Uganda avesse aderito alla risoluzione del Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite del 2016 relativa alla promozione, protezione e godimento dei diritti umani digitali, saprebbe che internet deve essere accessibile a tutti. Nell'Articolo 6 si afferma che lo scopo [della risoluzione] è quello di “colmare il divario digitale di genere e migliorare l'uso delle tecnologia abilitanti, e in particolare le tecnologie di informazione e comunicazione, allo scopo di promuovere l'autoaffermazione delle donne e delle ragazze”. Nell'Articolo 10 si condannano “le misure finalizzate ad impedire o ostacolare esplicitamente l'accesso o la divulgazione online di informazioni che violino le leggi internazionali sui diritti umani, e si invitano al tempo stesso gli stati ad astenersi dal e a cessare di utilizzare tali misure”.

Museveni afferma che i social media sono un bene di lusso che le persone possono scegliere se utilizzare o meno. Sentirlo fare questo tipo di affermazioni fa veramente male. Siamo nel 2018. Mentre il resto del mondo si avvia verso la realtà dell'intelligenza artificiale, l'innovazione introdotta dall’ Internet delle Cose [it] e ci si sforza di rendere gratuito l'accesso ad internet nei luoghi pubblici, l'Uganda va nella direzione opposta.

Se i membri del parlamento, i numerosi consiglieri del Presidente e il Ministero dell’ Informatica si degnassero di ascoltare per un momento le proteste indignate degli ugandesi, che sono diventate sempre più esplicite e forti dopo il 1° luglio, forse abrogherebbero la tassa.

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