Francia: dopo lo sfratto di tutti i migranti, la ‘Giungla di Calais’ è stata trasformata in una riserva naturale

Come appare ora il luogo dove un tempo c'era “La giungla di Calais”. Immagine: screenshot del video di AFP su Youtube.

Un piccolo sentiero di legno avvolge la distesa di sabbia, selva e bunker abbandonati costruiti dai tedeschi attorno al 1940. Ci porta verso un osservatorio da cui uno può dare un’occhiata al paesaggio desolante, sullo sfondo di un’autostrada trafficata e delle industrie che punteggiano la città industriale di Calais.

Questa è la riserva naturale inaugurata [en,come tutti i link a seguire salvo diverse indicazioni] e costruita dove un tempo sorgeva la “Giungla di Calais” [it] in cui vivevano più di 10.000 rifugiati dall’Afghanistan, Sudan, Siria, Eritrea, Iraq e altri paesi.

In mezzo a controversie e forte copertura mediatica, il sito è stato smantellato e raso al suolo nell’ ottobre del 2016, distruggendo non solo i rifugi abitati ma anche tutti gli altri edifici, inclusi ristoranti, negozi, una moschea e una chiesa.

Le autorità locali hanno costruito al suo posto un parco di fauna selvatica, pubblicizzato come una “riconquista ecologica e paesaggistica” che promuoverebbe la crescita della “bellissima flora come le orchidee, e la presenza di uccelli come beccaccini e rondini riparie, come afferma il sito ufficiale [fr].

Tuttavia, alcuni pensano che il progetto sia stato motivato dal desiderio di pulire la città dalle persone indesiderate, piuttosto che per proteggere la fauna naturale.

‘Sfratti ecologici’

Da quando la giungla è stata distrutta, le autorità francesi hanno intrapreso simili progetti in altre parti di Calais. Un’altra iniziativa ristrutturazione vuole trasformare un piccolo bosco, dove vive una comunità di eritrei, in un parco [fr], con la differenza che il bosco rimane sempre aperto, mentre i parchi si possono chiudere.

Posizionato tra un’autostrada, una scuola superiore e un’area residenziale, i 2.5 ettari del bosco è ufficialmente chiamato Chico Mendes Wood, mentre gli abitanti eritrei l’hanno soprannominato Little Forest. Tutti i giorni, le associazioni locali li riforniscono di cibo, acqua, e oggetti per la cura personale.

Little Forest è inoltre vicino ad altre comunità locali e questo spesso ha portato a tensioni, soprattutto per quanto riguarda lo smaltimento di rifiuti. Secondo Help Refugees, un’organizzazione benefica, le autorità non sono riuscite a fornire ai migranti i giusti mezzi per la raccolta dei rifiuti.

Il 12 giugno 2018, il comune di Calais ha indetto un'assemblea pubblica [fr] dove la sindaca Natacha Bouchart ha presentato il piano della giunta comunale per il bosco. Global Voices ha partecipato all’incontro.

Ci sono state molte discussioni sul fatto che il bosco sia l’ultimo ricordo di ciò che fu un tempo l’area, conosciuta come “la meravigliosa palude” (traduzione letterale di Beaus Marais, il nome del distretto in cui si trova), e uno dei residenti locali ha ricordato al pubblico che il bosco è l'habitat di numerose specie animali, tra cui le salamandre che risiedono vicino allo stagno centrale.

Nessuna menzione è stata fatta sugli abitanti del bosco, fino a quando un uomo ha timidamente suggerito, quindici minuti dopo l’inizio della riunione, che bisogna trovare una soluzione per “le persone che vivono lì.”

Secondo i piani della città, quando il bosco diventerà finalmente un parco, verrà circondato da un cancello per impedire l’accesso dall’esterno negli orari di chiusura, e verranno installate delle camere nei lampioni del parco. Secondo il sindaco, questo aiuterebbe a indentificare i proprietari dei cani che potrebbero defecare nel parco.

Sono sorti molti altri suggerimenti durante l’assemblea, come per esempio l’installazione di un parco giochi, di un marciapiede e un campo da pétanque [it]. Nessuno ha suggerito l’installazione di bagni o fontane. Il processo di riqualifica costerà alla città circa 1.5 milioni di euro

La pianificazione del progetto suggerisce che alcuni elementi sono più importanti di altri: mentre la maggior parte della costruzione è programmata per l’inizio del 2020, i recinti verranno costruiti ad agosto 2018 [fr].

Com'era la Giungla di Calais il 17 gennaio 2016. Foto: malachybrowne/Flickr CC BY 2.0

‘Niente punti fissi’

La proposta di ristrutturazione del Chico Medes Wood avviene nel contesto dello sgombero di insediamenti a Calais che va in scena a volte giornalmente almeno una volta a settimana. Sotto la nuova politica “niente punti fissi” [fr], le autorità distruggono ed eliminano tende, teloni, sacchi a pelo, lenzuola usando anche gas lacrimogeni.

Queste operazioni spesso avvengono di notte o all’alba, senza preavviso e sotto la presenza massiccia della polizia. Non solo vengono distrutte le case dei rifugiati, ma vengono confiscate tutte le loro proprietà, e sono stati riportati anche vari episodi di violenza da parte della polizia [fr], anche contro migranti minorenni.

Non sapremo mai cosa pensa Chico Mendes, a cui è dedicato il bosco, della proposta di Bouchart. L’attivista brasiliano, assassinato nel 1988, dedicò la sua vita alla lotta per la preservazione della foresta amazzonica, così come alla difesa dei diritti dei contadini e le popolazioni indigene che vivevano lì.

Usando le parole di Michel Agier [fr], ricercatore senior presso l’istituto francese per la ricerca e lo sviluppo, e autore del libro “La Giungla: i campi e i migranti di Calais”, i progetti di ristrutturazione sono in realtà un tentativo di cancellare la storia tumultuosa di questa “bozza di città” [fr]:

Il y a un ensemble de crises politiques qui font qu’il y a des gens qui sont mis dans l’obligation de circuler. Ce qui indigne les gens de Calais, c’est le mauvais traitement des gens qui sont là, et, en passant, la mauvaise image de leur ville à cause de cela. Ce n’est pas littéralement le camp ou les migrants eux-mêmes, c’est plutôt cette absence de solution.

Ci sono delle crisi politiche che fanno sì che le persone siano obbligate a muoversi. Quello che fa arrabbiare gli abitanti di Calais è il maltrattamento di quelli che sono lì, e la cattiva immagine che ha la città per questo motivo. Il problema non è il campo o la presenza di migranti, ma piuttosto la mancata soluzione alla situazione.

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