- Global Voices in Italiano - https://it.globalvoices.org -

I giordani danno una mano agli sfollati siriani nonostante l'ostinazione del governo a tenere le frontiere chiuse

Categorie: Medio Oriente & Nord Africa, Giordania, Siria, Citizen Media, Guerra & conflitti, Politica, Rifugiati

Marwan di 4 anni, temporaneamente separato dalla sua famiglia in Siria, viene aiutato dal personale dell'UNHCR ad attraversare il confine con la Giordania. Foto distribuita via Twitter [1].

Da luglio 2018, il governo siriano sta portando avanti la sua offensiva [2] [en, come i link seguenti, salva diversa indicazione] contro le “restanti sacche di ribelli nella Siria meridionale”, secondo quanto riferisce Arab Weekly. Nel tentativo di spazzare via le forze ribelli  [3]sono infatti stati organizzati una serie di attacchi aerei sulla città di Daraa. Stando alle Nazioni Unite, nelle ultime settimane sono almeno 270.000 i siriani fuggiti dagli attacchi aerei e terrestri [4]

La guerra siriana ha provocato lo sfollamento di oltre metà [5] della popolazione siriana. Solo gli attacchi su Daraa hanno provocato lo sfollamento di oltre  [6]300.000 persone [6] in circa due settimane. Negli ultimi sette anni la vicina Giordania ha accolto oltre 1,3 milioni  [7]di rifugiati, ma a seguito delle recenti proteste all'interno del paese, che hanno portato alle dimissioni del governo precedente, quello recentemente eletto ha deciso di chiudere le frontiere. 

La chiusura delle frontiere non ha tuttavia impedito ai giordani di dare una mano ai siriani.

Le ONG locali situate nella capitale Amman stanno chiedendo assistenza ai cittadini per tentare di alleviare le durissime condizioni che stanno vivendo i siriani sfollati che si trovano vicino alla città di confine di Al-Ramtha [8] in Giordania. Benché alcune ONG esistessero già prima che scoppiasse la crisi in Siria, altre sono state create solo di recente per fare fronte all'arrivo di circa 40.000 sfollati siriani [4] al confine.

Ad esempio, la ONG Eghathet Al-Malhoof (che significa “Aiutare chi ha bisogno” in arabo) ha stipulato un accordo con il Comitato per l'Ambiente della Giordania per raccogliere e distribuire le donazioni lungo il confine, come pure Masar che sta collaborando con l'UNHCR e altre ONG internazionali che sono state autorizzate a portare a termine missioni di soccorso aventi finalità analoghe. 

Le ONG hanno distribuito volantini, contattato funzionari di governo e condiviso post sui social media per richiedere qualsiasi tipo di aiuto per i bambini, tra cui l'arruolamento di volontari e donazioni. Nei volantini vengono fornite informazioni sulle donazioni di alimentari commestibili, specificando in particolare che sono necessari cibo in scatola, pane, acqua e bibite imbottigliate. I gruppi hanno anche lanciato un appello per la raccolta di medicine, forniture mediche e sanitarie, tende e materiale di prima necessità per i neonati. Sebbene vengano accettate anche donazioni in denaro, le ONG preferiscono donazioni di materiale anche per evitare le complessità di dover maneggiare denaro in contanti.

Osama Hajjaj, un membro dell'iniziativa Masar ha raccontato a Global Voices (GV) che c'è bisogno di volontari e che coloro che non possono dare la loro disponibilità per l'intera giornata possono comunque prestare il loro aiuto dopo il lavoro. Il direttore di Masar, Mohammed Al Garalleh, ha raccontato a GV di essere molto soddisfatto della quantità di aiuti ricevuti fino a questo momento, sottolineando come la risposta sui social media sia stata immediata e reattiva. Garalleh ha anche dichiarato che è l'esercito giordano ad occuparsi della distribuzione delle donazioni e che la sua organizzazione accoglie chiunque voglia dare una mano

Secondo Eyad Al Jazzazeh, responsabile di Eghathet Al Malhoof, la sua organizzazione ha ricevuto una grande quantità i donazioni da privati, organizzazioni, aziende private e società. 

Oltre 250 [9] medici, infermieri e unità mediche si sono offerti volontari e sono accampati nelle vicinanze di Al-Ramtha, pronti ad aiutare chiunque abbia bisogno di assistenza medica, oltre a verificare che malattie contagiose o virus diffusi tra i siriani sfollati non oltrepassino il confine. Alcuni pazienti sono stati ricoverati in ospedali pubblici giordani [9].

Oltre alla valanga di aiuti concreti, due hashtag su Twitter,  #open_the_borders [10] e #we’ll_share_our_bread_in_half, [11] (aprite i confini e condivideremo metà del nostro pane) hanno contribuito a mobilitare aiuti e supporto. Benché anche i giordani abbiano i loro problemi da affrontare, molti pensano che i siriani sfollati debbano essere lasciati entrare nel paese, come emerge anche dalle risposte recenti dei netizen su Twitter:

Questo è il più grande sfollamento causato dalla guerra siriana. Agli sfollati mancano i generi di prima necessità per sopravvivere.
Non abbandonate la Siria.
Scrivete e parlate di Daraa.
Sollecitate il governo giordano ad aprire le frontiere alle persone e agli aiuti umanitari.

L’ umanità non conosce confini.

Da Idlib al Texas: “In solidarietà con i bambini detenuti nel confine degli Stati Uniti. I nostri cuori sono con voi.”

“Ancora una volta, moriranno migliaia di innocenti se non si interviene con urgenza.”

Secondo quanto ha dichiarato il responsabile di @RefugeeChief su SW, le condizioni in Siria sono le seguenti:
– 750.000 vite in pericolo
– 320.000 persone sfollate o in condizioni disastrose
– 60.000 persone accampate lungo il confine giordano.

Giordania: cuori generosi e frontiere chiuse

Le Nazioni Unite [4] (ONU) hanno sollecitato la Giordania ad aprire le frontiere, facendo presente che i siriani sfollati lungo il confine non hanno altre opzioni e corrono il rischio di morire. I giordani continuano tuttavia a voler ostinatamente mantenere le frontiere chiuse, ed hanno addirittura informato l'ONU che spetta all'organizzazione stessa provvedere alla sicurezza della Siria

Un mese prima dell'inizio degli attacchi, la Giordania ha comunicato che non era più in grado di accogliare altri rifugiati. [26]

ِDurante le recenti proteste pacifiche [27] nel maggio 2018, organizzate dai sindacati per protestare conto l'introduzione di una nuova tassa sul reddito, molti giordani hanno dato voce alle loro lamentale, tra cui il costo di dover mantenere i rifugiati. Poiché queste proteste hanno portato alle dimissioni dell'intero governo precedente, il nuovo governo è molto riluttante ad affrontare il problema dei rifugiati, perché alcune persone hanno tentato di scaricare i problemi del paese [28] su di loro. 

L'attuale governo “non si sente obbligato” [7] ad aprire le frontiere, anche perché i finanziamenti stanziati per il piano di accoglienza dei rifugiati [29] (un piano di partnership strategico stipulato tra la Giordania e la comunità internazionale) ammontano solo al 7% per quest'anno, [30] contro il 65% del 2017 [30].

I principali sostenitori dell'amministrazione siriana sono la Russia e l'Iran, mentre Stati Uniti, Turchia e Arabia Saudita sostengono tutti i ribelli. Tuttavia, gli Stati Uniti e gli altri alleati dei ribelli sembrano avere abbandonato i ribelli [31] al punto di non mandare loro più aiuti.

Tramite la sua ambasciata ad Amman in Giordania, gli Stati Uniti hanno fatto sapere a ribelli nelle aree meridionali della Siria che non possono più contare sugli armamenti americani. [31]

Adesso i ribelli si ritrovano soli e senza aiuti, e i civili non sanno se fare ritorno alle loro città bersagliate dagli attacchi aerei dove la morte è certa o se attendere lungo il confine con Israele e la Giordania. [32]