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Netizen Report: il regno di Erdogan continua, i giornalisti restano sotto attacco e i traduttori saranno i prossimi?

Categorie: Medio Oriente & Nord Africa, Turchia, Censorship, Citizen Media, Cyber-attivismo, Diritti umani, Elezioni, Libertà d'espressione, Media & Giornalismi, Politica, Protesta, Tecnologia

Manifestanti diretti in Piazza Taksim nel giugno 2013. Foto di Mstyslav Chernov via Wikimedia Commons (CC BY-SA 3.0)

Il Netizen Report di Advox offre uno spaccato internazionale sulle sfide, vittorie e tendenze emergenti nei diritti di internet a livello mondiale.

Il 24 giugno, mentre gli elettori turchi si recavano alle urne per votare – e alla fine rieleggere il presidente in carica Recep Tayyip Erdogan per un quarto mandato, gli utenti di internet si preparavano all'oscurità.

Dopo i movimenti sociali emersi a Istanbul nel 2013, i siti di social media come Twitter e You Tube sono stati periodicamente eliminati da internet. Wikipedia è stata bloccata del tutto [1] [it] dall'aprile 2017.

Poco prima delle elezioni, il Ministero dei Trasporti, degli affari marittimi e delle comunicazioni ha rivendicato il potere di bloccare i contenuti “anormali” [2] [en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione] sui social media durante le votazioni. Questo ha indotto ad anticipare il blocco di un maggior numero di siti web, ma dimostra anche un livello di trasparenza più elevato rispetto al passato. È possibile che questo, in parte, risponda alla pressione di sostenitori e ricercatori di una rete internet aperta all'interno e all'esterno del paese.

I ricercatori associati a NetBlocks [3] stanno ancora raccogliendo i risultati dei test tecnici realizzati durante le elezioni. NetBlocks ha confermato a Global Voices che quel giorno c'erano varie interruzioni di corrente, e che il partito di Erdogan, l’AKP [4] [it], ha costretto la Vodafone a bloccare temporaneamente i ripetitori per i raduni di opposizione.

Dal tentativo di colpo di Stato militare del luglio 2016, la Turchia si trova in continuo stato di “emergenza nazionale”. Anche se la scadenza è prevista per luglio [5], gli esperti locali sospettano che continueranno gli sforzi del governo per controllare le informazioni su questioni di interesse pubblico.

Giornalisti e difensori dei diritti umani hanno pagato un prezzo molto alto [6] per richiamare i potenti alle loro responsabilità nel paese, affrontando molestie, arresti e procedimenti disciplinari [7], insieme a persone che [8] hanno semplicemente criticato Erdogan sui social media.

L'ufficio di Instabul del sito web di informazione sendika.org è stato attaccato [9] nel corso di una nuova indagine avviata contro il suo editore, Ali Ergin Demirhan, il quale è stato arrestato l'anno scorso con l'accusa di aver tentato di delegittimare i risultati del referendum. Gli investigatori hanno scoperto che, fin dal suo avvio, sendika.org è stato bloccato almeno 61 volte [10] in Turchia.

Accanto ai comuni giornalisti e difensori dei diritti umani, un'altra classe meno comune di attori in rete è entrata nel radar delle autorità turche: i traduttori.

Un numero crescente di utenti attivi in rete sta diventando sempre più importante in varie parti del mondo grazie alla traduzione di notizie e report sui social media per un pubblico interessato. Questa è anche una potente strategia per aumentare l'attenzione verso importanti eventi dal vivo, come proteste o processi.

Il 21 giugno Sebla Küçük, traduttrice e cibernauta turca, è stata accusata [11] di diffondere una “propaganda terroristica” su Twitter. I tweet offensivi contenevano solo traduzioni di notizie da fonti di media in lingua inglese sull'offensiva turca nel distretto di Afrin, nel nord della Siria, all'inizio del 2018.

Küçük ha informato il sito web Diken del sospetto che la vera motivazione dell'accusa sono le sue traduzioni del processo all'ex dirigente di Halkbank, Mehmet Hakan Atilla.

“Evidentemente [il procuratore] è stato turbato dalla mie traduzioni relative al processo di Hakan Atilla, ma dal momento che non potevano fare nulla al riguardo, hanno intentato una causa priva di fondamento”, ha detto.

La nuova direttiva UE sul diritto d'autore potrebbe uccidere internet

L'Unione Europea ha fatto un passo avanti verso l'approvazione della direttiva sul diritto d'autore [12], un'iniziativa politica a livello regionale che potrebbe stravolgere la libera circolazione delle informazioni online in Europa e nel mondo.

Il 20 giugno, la Commissione Affari legali dell'UE ha votato a favore della direttiva, che richiede alle principali piattaforme web come Facebook di acquistare licenze dalle imprese mediatiche prima di collegarsi alle loro storie e cerca di applicare un “filtro di caricamento” per valutare tutti i contenuti nel caso di una eventuale violazione del copyright, prima che possano essere pubblicati su internet. Gli elevatissimi ostacoli tecnici [13] di tale sistema non hanno ancora scoraggiato i leader dell'UE. Oltre alla Wikimedia Foundation [14] (gestita da Wikipedia), decine di tecnologi, esperti e sostenitori di internet si sono espressi [15] contro questa politica.

L'Etiopia sblocca 264 siti web!

Questa settimana, per volere del nuovo capo del governo dell'Etiopia, Abiy Ahmed, sono stati sbloccati 264 siti web [16], alcuni dei quali sono stati censurati per più di dieci anni. Tra quelli sbloccati, ci sono diversi siti di informazione che gestiscono una copertura critica del governo e dei partiti politici. Questi siti non solo sono stati censurati, ma hanno anche provocato l'arresto di decine di operatori dei media durante il precedente governo.

Il nuovo governo etiope sta pian piano affermando il suo potere [17] dopo il governo di transizione dell'ex Premier Hailemariam Desalegn, il quale si è dimesso nel febbraio 2018 a causa delle ampie proteste pubbliche, che hanno incrementato i livelli di violenza e provocato la rottura della coalizione di governo.

Sito di notizie egiziano censurato solo 9 ore dopo il suo lancio

Nonostante gli ostacoli e le minacce ai giornalisti egiziani, alcuni stanno ancora lottando. Appena nove ore dopo il lancio, da parte della Rete Araba per l’ Informazione sui Diritti Umani, di un portale di notizie [18] che riportava storie di violazioni dei diritti umani in Egitto, il sito è stato bloccato su tutti i provider di internet.

Alle autorità cinesi non piace John Oliver

Le autorità cinesi [19] hanno aggiunto il nome del comico angloamericano John Oliver e del suo programma umoristico, Last Week Tonight [20], a un elenco di termini sensibili che innescano la cancellazione automatica dei messaggi sulle piattaforme cinesi dei social media come Weibo e Wechat. La mossa è arrivata poco dopo che Oliver, in un recente programma, aveva fatto una critica mordace (e divertente) della repressione del governo cinese riguardo alla libertà di espressione politica e religiosa.

In Cambogia gli utenti di Facebook affrontano minacce legali per i post

In vista delle elezioni del 29 luglio, in Cambogia tre utenti di Facebook sono stati portati in tribunale [21] con l'accusa di violare la nuova legge sulla lesa maestà del paese, che penalizza l'atto di insultare la monarchia.

Le autorità indonesiane possono ora intercettare qualsiasi conversazione che potrebbe essere collegata ad atti terroristici

La nuova legge dell'Indonesia sull'antiterrorismo consente alle autorità di “…intercettare qualsiasi conversazione telefonica o con altri mezzi di comunicazione sospettati di essere utilizzati per preparare, pianificare e commettere un atto terroristico”. Molti temono che la legge possa essere usata come pretesto per controllare giornalisti o difensori dei diritti umani. In una recente analisi, Human Rights Watch [22] ha lanciato l'allarme in merito a tale disposizione.

Anche in Indonesia, l'autore di libri spirituali Alnoldy Bahari è stato giudicato colpevole [23] di aver diffuso discorsi di odio su Facebook, violando la legge del 2008 sulle informazioni e le transazioni elettroniche. Un tribunale distrettuale di Giava occidentale ha condannato Bahari a cinque anni di prigione e a pagare una multa di 100 milioni di rupie (7.155 dollari). Amnesty International e SAFEnet [24] hanno condannato la decisione in quanto violazione del diritto a un giusto processo.

L'amico fundraiser di Trump vende tecnologia di sorveglianza alla Turchia?

I report dal New York Times [25], e più recentemente da The Intercept [26], indicano che una compagnia di sicurezza chiamata Circinus, gestita dal fundraiser di Donald Trump, Elliott Broidy, sta elaborando un software di sorveglianza e di tracciamento dei dati. Anche se la loro autenticità non è stata confermata, i documenti consegnati a The Intercept sembrano mirare alla vendita dei servizi tecnologici della società ai governi di Turchia, Romania, Emirati Arabi Uniti e Cipro.

Il sito web di Circinus vanta anche servizi di sorveglianza domestica per la polizia e il sistema penitenziario. Secondo il sito web della società [27], questi servizi “permettono la raccolta, l'aggregazione e l'analisi di tutte le comunicazioni con i detenuti (Skype, messaggistica istantanea, e-mail, social media), nonché la capacità di monitorare l'attività e l'estrazione dei dati”.

Nuova ricerca sui temi trattati (in inglese)

 

 

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Ellery Roberts Biddle [30], Mohamed ElGohary [31], L. Finch [32], Arzu Geybullayeva [33], Juliana Harsianti [34], Oiwan Lam [35], Mong Palatino [36], Karolle Rabarison [37], e Sarah Myers West [38] hanno contribuito a questo articolo.