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Google cede alle richieste della Russia e censura i video che promuovono una manifestazione di protesta

Categorie: Europa centrale & orientale, Russia, Citizen Media, Advox

Alexey Navalny, leader della Fondazione Anticorruzione, è stato condannato a 30 giorni di carcere per aver organizzato una manifestazione di protesta. Google, su richiesta del governo russo, ha rimosso i video di Navalny da YouTube // Mitya Aleshkovsky, CC3.0.

Alla vigilia della manifestazione contro l'impopolare riforma delle pensioni [1] [en, come i link seguenti], Google aveva comunicato alla Fondazione Anticorruzione, organizzatrice della manifestazione, che avrebbe rimosso da YouTube i video che promuovevano la protesta perché si opponevano alla legge russa. 

Il Codice Amministrativo della Russia, alla vigilia delle elezioni, impone un “giorno di silenzio” dove è proibita qualsiasi campagna politica. La manifestazione coincideva con la elezione del sindaco di Mosca, il 9 settembre, e anche con le elezioni in altre regioni. Sono stati rimossi vari video contenenti annunci che promuovevano la manifestazione in 80 città russe, dove si sarebbero tenute le elezioni. Sono stati rimossi anche i video da YouTube.

All'inizio di settembre, la Commissione Elettorale Centrale della Russia e la procura hanno inviato un reclamo formale [2] a Google, con l'accusa di aver interferito nelle elezioni. Secondo Alexander Klyukin, membro della commissione che si è pronunciato prima della commissione provvisoria per proteggere la sovranità statale ed evitare l'interferenza di autorità straniere negli affari interni della Russia, le autorità russe si sono opposte alla propaganda su Google dell'agenda politica di Alexey Navalny. La commissione provvisoria è stata istituita nel 2017 dal Consiglio della Federazione Russa (la camera alta del Parlamento). Navalny è un attivista di spicco dell'opposizione che attualmente sta scontando una reclusione di 30 giorni [3] per aver cercato di organizzare, a gennaio 2018, una presunta manifestazione non autorizzata.

Leonid Volkov, alleato di Navalny e direttore della sua campagna come candidato sindaco di Mosca nel 2013, ha detto in un post su Facebook [4] che la Fondazione Anticorruzione ha presentato un reclamo formale contro Google, imponendo all'azienda l'obbligo di censura per i governi repressivi:

Why is that so important.

This is not the first time when Russian authorities abuse their power to issue unlawful requests to the western IT-corporations. This is the first time, though, when Google decides to comply with such a request.
This sad precedent has to be given high priority and to be reverted. We realise how legal compliance works in large corporations: the lawyers would always advise just to follow local rules to avoid problems with the local authorities. This is a good practice in the countries where the rule of law is well established.
The corporations — including Google — should face the reality. In authoritarian regimes these are the governments who most frequently abuse the law. Not every request signed by a government authority should be automatically considered as a lawful one. Good portion of criticism is necessary to protect the users and their rights.

Perché è così importante.

Non è la prima volta che le autorità russe abusano del loro potere per fare richieste illegittime alle aziende occidentali che si occupano di tecnologia dell'informazione. Questa è la prima volta che Google decide di adempiere a questo tipo di richieste.
È necessario ribaltare e trattare questo triste precedente con elevata priorità. Ci rendiamo conto di come vengono osservate le norme nelle grandi aziende: gli avvocati suggeriscono di seguire soltanto le norme locali per evitare problemi con le autorità del luogo, ma può andar bene solo nei Paesi che hanno uno stato di diritto ben definito.
Le aziende, compresa Google, dovrebbero affrontare la realtà. I regimi autoritari sono quelli che abusano spesso della legge. Ogni richiesta firmata da un'autorità governativa non dovrebbe essere considerata automaticamente lecita. È necessario un buon senso critico per proteggere gli utenti e i loro diritti.

Lo scandalo è già scoppiato e Google si trova in mezzo a una crisi esistenziale, dove i lavoratori si ribellano contro l'azienda per aver “accettato” la censura [5].