Trinidad e Tobago: la strada verso l'indipendenza economica è lastricata di marijuana

Immagine della bandiera di Trinidad e Tobago, di pubblico dominio. Foglia di cannabis di Oren neu dag (CC BY-SA 3.0), via Wikimedia Commons. Immagini rielaborate da Georgia Popplewell

Di Nazma Muller

La proibizione dell'assunzione della cannabis – o marijuana, come viene comunemente definita la forma essiccata della pianta – è stata introdotta a Trinidad e Tobago e nel resto dei Caraibi (paese con parlanti inglesi) durante il periodo coloniale, dal governo della colonia della corona britannica [it]. Il divieto è poi stato confermata dalla firma della Convenzione Unica sugli Stupefacenti del 1961, un trattato internazionale finalizzato a vietare la produzione e la fornitura di sostanze stupefacenti (nominalmente) e di prodotti aventi effetti simili se non su licenza per scopi specifici, come le cure mediche e la ricerca.

Mentre Trinidad e Tobago festeggia il 56° anniversario dell’indipendenza [en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione], questa Convenzione e tutte le sue derivazioni, inclusa la classificazione della cannabis da parte dell'Organizzazione Mondiale della Sanità come droga della Tabella I, continuano ad essere usate come ostacoli a qualsiasi tipo di riforma legale delle nostre leggi sulle droghe. Il proibizionismo ha come conseguenza il traffico illegale di droga, che provoca a sua volta il caos nel paese: causa centinaia di vittime e la corruzione di forze di polizia, guardia costiera, forze di difesa e funzionari doganali, a suon di lucrose tangenti e bustarelle. Anche se l'aumento dell'incidenza dei tumori collegabile al nostro stile di vita industriale/consumistico provoca la perdita di centinaia di vite umane, migliaia di persone vengono arrestate e imprigionate per possesso di cannabis all'interno di un sistema giudiziario oberato e corrotto.

Trinidad e Tobago, che si trova ad affrontare l'improvvisa chiusura di una grande raffineria di petrolio a Petrotrin, è in una fase di stallo, prevista da tempo. Non c'è tempo per lasciarsi andare ai rimpianti. I cittadini sono abituati a piangere sui miliardi sperperati, ma non resta molto nelle casse del Tesoro e dovremo cominciare a pensare velocemente quando diventeremo forzatamente “indipendenti” dal cuscino di petrolio e gas su cui galleggiamo da circa 100 anni.

Da decenni, gli economisti sollecitano il governo a diversificare l'economia. Bene, ora non c'è altra scelta. Una delle possibilità più ovvie sarebbe la cannabis. Voglio dire, se il Canada sente il bisogno di legalizzare la cannabis per uso personale, chi siamo noi, piccola isola tropicale, per storcere il naso di fronte all'oro verde?

Alla vigilia delle ultime elezioni parlamentari del 2015, sia l'attuale Primo Ministro di Trinidad e Tobago, il Dott. Keith Rowley, che il suo predecessore, Kamla Persad-Bissessar, hanno risposto alle domande sulla depenalizzazione della cannabis dicendo che avrebbero affidato la questione all'organo regionale della CARICOM [it], che ha istituito nel 2014 la Commissione Regionale sulla Marijuana.

I membri della commissione, guidata dalla Professoressa Rose-Marie Belle Antoine, Preside della Facoltà di Giurisprudenza del campus Trinidad dell'Università delle Indie Occidentali, sono tra i più illustri professionisti nel loro settore. Il vice presidente è il Professor Wendell Abel, consulente psichiatra presso l'Ospedale Universitario delle Indie Occidentali e capo della Psichiatria presso la Facoltà di Scienze Mediche all'Università del campus giamaicano delle Indie Occidentali. Il Professor Abel ha lavorato per molti anni nel campo della salute mentale in Giamaica e nei Caraibi e ha conseguito, tra l'altro, un master in sanità pubblica presso la Johns Hopkins University. Il Professor Abel ha pubblicato diversi capitoli di libri con revisione paritaria [it], pubblicazioni tecniche e articoli di riviste che si concentrano sulla salute mentale e su questioni di politica sanitaria come il suicidio, la depressione e i servizi di salute mentale comunitaria. È stato in prima linea nella ricerca empirica condotta nei Caraibi riguardo agli effetti della cannabis sulla salute mentale. Un altro membro della commissione è Esther Best, dirigente del Consiglio Nazionale delle Droghe di Trinidad oltre che della politica e strategia globale del paese in materia di droga. Ha rappresentato il paese e la regione in una serie di importanti forum internazionali dedicati a riforme e politiche nel settore.

Il 3 agosto, la Commissione regionale ha reso pubblica la sua relazione finale, in cui si afferma che: “Nel complesso, dopo aver valutato i dati scientifici e le testimonianze della popolazione, la Commissione è del parere che i benefici medici comprovati della cannabis/marijuana in diverse aree superino i rischi”. Nel rapporto, intitolato “Trattenendo il respiro – salvaguardare il nostro futuro attraverso una politica sociale-legale responsabile sulla marijuana”, si legge anche che:

“This finding is consistent with those of numerous other national bodies/ Commissions in the region and globally and that of international bodies, the most influential of which have labelled the current legal regime ‘redundant’ and ‘obstructionist’. . . The scientific data supports law reform to permit the use of marijuana, but in a controlled regulatory environment. A public health, rights-based, non-prohibitionist approach focused on high‐risk users and practices – similar to the approach favoured with alcohol and tobacco – allows for more control over the risk factors associated with cannabis‐related harms than the current, ineffective prohibition, which heightens health risks and induces social harms.”

“Il risultato è coerente con quelle di numerosi altri organismi/Commissioni nazionali nella regione e nel mondo e con quelle degli organismi internazionali, i più influenti dei quali hanno definito l'attuale regime giuridico “ridondante” e “ostruzionista”. . .  I dati scientifici sostengono una riforma legislativa che autorizzi l'uso della marijuana, ma in un contesto normativo controllato. Un approccio alla salute pubblica, basato sui diritti e non proibizionista, incentrato su consumatori e pratiche ad alto rischio – simile all'approccio adottato per alcol e tabacco – consente un maggiore controllo sui fattori di rischio associati ai danni connessi alla cannabis rispetto all'attuale, inefficace divieto, che aumenta i rischi per la salute e produce danni sociali”.

La relazione raccomanda tre possibili soluzioni che i singoli governi potrebbero adottare per recepire le sue conclusioni: depenalizzare, legalizzare con produzione statale o legalizzare con produzione del settore privato e controllo statale.

Il governo di Trinidad e Tobago è in una situazione ideale per sfruttare l'immensa capacità tecnica e le infrastrutture di una nazione produttrice di petrolio e gas, e per diventare leader e motore chiave in un'industria CARICOM della cannabis e della canapa. Nella CARICOM abbiamo le condizioni e le competenze necessarie per la collaborazione tecnica e per la coltivazione di volumi sufficienti di cannabis e canapa. Inoltre, caratteristica unica in questa regione è la presenza di un movimento religioso e sociale, quasi centenario e autoctono – il Rastafari [it] – nel quale l'uso della marijuana gioca un ruolo centrale, attività per la quale gli appartenenti al movimento hanno ingiustamente pagato il prezzo. Un'industria avanzata della cannabis potrebbe soddisfare le esigenze mediche del nostro popolo, creare prodotti con un valore aggiunto che possono essere venduti a livello intra-regionale (nutraceutici, canapa industriale e carta, ecc.), creare posti di lavoro e innalzare il tenore di vita della classe operaia e dei ceti più svantaggiati della regione. Sarebbe una mossa davvero indipendente.

La trinidadiana Nazma Muller è un membro del movimento Rastafari ed è la leader del Collettivo Caraibico per la Giustizia, che si batte per la giustizia ambientale e sociale nell'intera regione.

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