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I giornalisti brasiliani hanno subito attacchi hacker, doxing e altre minacce durante le elezioni presidenziali

Categorie: America Latina, Brasile, Censorship, Citizen Media, Diritti umani, Elezioni, Libertà d'espressione, Media & Giornalismi, Politica, Advox

Giornalisti durante una presentazione per la stampa. | Immagine: Associazione Brasiliana di Giornalismo Investigativo (ABRAJI).

Patricia Campo Mello ha pagato a caro prezzo la pubblicazione di una delle notizie più importanti [1] [pt, come i link seguenti, salvo diversa indicazione] di questa stagione elettorale brasiliana.

La reporter di Folha de São Paulo, uno dei più importanti organi di stampa del paese, ha rivelato un piano [1] usato dalla campagna elettorale di Jair Bolsonaro per diffondere notizie false su WhatsApp. Secondo l'articolo della Mello, i soci in affari della campagna avrebbero dato 3 milioni di dollari alle aziende che hanno eseguito il piano. Il denaro non è mai stato dichiarato dal candidato, come previsto ai sensi della legge elettorale.

Poco dopo la pubblicazione dell'articolo, Mello ha iniziato a ricevere minacce [2] e il suo account personale di WhatsApp è stato violato. Gli hacker hanno cancellato alcune sue conversazioni e hanno inviato ai suoi contatti dei messaggi a favore di Bolsonaro. Come ha pubblicato il giornale:

Entre sexta-feira (19), dia seguinte à publicação, e esta terça (23), um dos números de WhatsApp mantidos pelo jornal recebeu mais de 220 mil mensagens de cerca de 50 mil contas do aplicativo. (…)

[Patricia] recebeu duas ligações telefônicas de número desconhecido nas quais uma voz masculina a ameaçou.

As ameaças à jornalista também se alastraram por grupos de apoio ao presidenciável do PSL no WhatsApp. Foram distribuídas mensagens convocando eleitores do capitão reformado para confrontar Patrícia no endereço onde aconteceria um evento que seria moderado por ela, na próxima segunda-feira (29).

Tra venerdì (19), il giorno successivo alla pubblicazione, e questo martedì (23), uno dei numeri WhatsApp di Folha ha ricevuto più di 220.000 messaggi da 50.000 account diversi (…)

[Patricia] ha ricevuto due telefonate da numeri sconosciuti in cui è stata minacciata da una voce maschile. Le minacce alla giornalista si sono diffuse anche nei diversi gruppi WhatsApp dei sostenitori di Jair Bolsonaro.

Sono stati inoltre diramati messaggi che richiamavano gli elettori dell'ex capitano dell'esercito a confrontarsi con Patricia durante un evento in cui lei doveva essere la moderatrice.

Prima della votazione finale per la presidenza del 28 ottobre, diversi sondaggi mostravano Bolsonaro come fortemente favorito per la vittoria, previsione che si è poi avverata.

Il caso di Patricia Campo Mello, che è ora oggetto di indagine della Polizia Federale [3], è l'ultimo di una serie di minacce rivolte ai giornalisti attivi in Brasile durante questo ciclo elettorale. Sono stati minacciati anche due reporter che hanno collaborato allo stesso articolo. Un giornalista di O Estado de São Paulo ha subito pratiche di doxing [4] [it] dopo averne scritto il seguito: il suo numero telefonico personale [5] è stato divulgato online da un sostenitore dichiarato di Bolsonaro.

Secondo l’Associazione Brasiliana di Giornalismo Investigativo (ABRAJI) [6] sono stati registrati 141 casi di minacce e violenza contro i giornalisti che hanno seguito le elezioni 2018. Molti di questi vengono attribuiti ai sostenitori di Bolsonaro, ma si contano anche casi riconducibili agli elettori del Partito dei Lavoratori (PT). Daniel Bramatti, presidente di ABRAJI, ha osservato:

A fim de demonstrar comprometimento com a preservação da democracia, ambos os candidatos devem condenar qualquer ameaça ou ataque contra jornalistas por fazerem seu trabalho e devem se abster de qualquer discurso que incite a violência.

Al fine di dimostrare il proprio impegno per la salvaguardia della democrazia, entrambi i candidati sono tenuti a condannare qualsiasi minaccia o attentato contro i giornalisti che svolgono il proprio lavoro, e devono astenersi dal pronunciare qualsiasi discorso che inciti alla violenza.

Il giorno precedente a quando Mello ha reso pubblico il piano, Bolsonaro aveva firmato una dichiarazione [7] con l'Associazione brasiliana di Stampa, esprimendo il proprio impegno a rispettare la libertà di stampa. Dopo la pubblicazione dell'articolo, però, il suo tono è cambiato.

Nel trasmettere un messaggio in diretta ad una folla che manifestava in suo favore sulla Avenida Paulista, il principale crocevia di San Paolo, Bolsonaro ha definito [8] Folha “la più grande bufala del Brasile” e ha difeso “i diritti alla stampa libera, ma con responsabilità”. Ha inoltre ribadito il suo messaggio via Twitter:

La bella vita di Folha de São Paulo sta per terminare, ma non con la censura! I fondi pubblici che ricevono per fare attivismo politico si stanno per prosciugare, dato che la sua credibilità sta andando in fumo con informazioni faziose meno serie di quelle di una rivista umoristica!

Un articolo di The Intercept Brasil [10] fa notare che, solo nel 2018, Bolsonaro ha intrapreso 23 provvedimenti per eliminare le notizie negative e i post su internet che lo criticavano.

Isso faz dele o político que mais acionou o Judiciário este ano para silenciar opositores. O levantamento foi feito com a ferramenta Ctrl+X, da Associação Brasileira de Jornalismo Investigativo, a Abraji, que monitora tentativas judiciais de impedir a divulgação de informações.

Questo lo rende il politico che si è più volte appellato alla magistratura per mettere a tacere i propri oppositori. Lo studio è stato realizzato da uno strumento chiamato Ctrl+X, creato dalla Associazione Brasiliana di Giornalismo Investigativo (ABRAJI), che monitora i tentativi giudiziari di fermare la pubblicazione di informazioni.

The Intercept Brasil ha inoltre rivelato che le minacce contro gli operatori dei media arrivano anche dall'interno delle sale stampa. Il giornale ha pubblicato un esposto [11] su come i reporter che lavorano per il portale di informazione R7 abbiano ricevuto ordini di scrivere articoli positivi su Bolsonaro e negativi sul suo oppositore, Fernando Haddad.

R7 è un'azienda collegata alla Chiesa universale del regno di Dio, proprietaria del secondo gruppo mediatico più potente del Brasile e guidata da Edir Macedo, uomo evangelico e miliardario che negli anni è stato coinvolto in diversi scandali finanziari e che ha affrontato accuse di traffico di minori [12].

Dopo aver rifiutato di partecipare ai dibattiti con il suo oppositore, Bolsonaro ha accettato di rilasciare un'intervista esclusiva a Record TV, del gruppo Macedo, tre giorni prima del primo turno elettorale. La settimana precedente la votazione finale, un giornalista ha lasciato il programma radiofonico a seguito della richiesta di non porre domande al candidato in un'altra intervista telefonica esclusiva. L'episodio è stato registrato in una stazione radio locale, nel sud del Brasile, anch'essa di proprietà di RecordTV.

Pochi giorni dopo la pubblicazione dell'articolo di The Intercept, R7 ha pubblicato il proprio pezzo [13] attaccando a livello personale il fondatore del sito, Glenn Greenwald, e il direttore brasiliano Leandro Demori. L'articolo accusava The Intercept di aver spinto un programma politico e aver promosso il lavoro del marito di Greenwald, David Miranda, consigliere comunale di Rio de Janeiro e rappresentante del partito di sinistra PSOL (Partito Socialismo e Libertà).

Agli attacchi ha risposto [14] [en] il reporter stesso:

It was in that context that Macedo-machine journalists began widely complaining, from behind a protective wall of anonymity, that they have been converted from journalists into hostage-like messaging machines for a candidate widely, and credibly, viewed as fascist. And that was what enabled The Intercept to report on the inner workings of R7 and the severe pressure its writers are under to distort the truth and churn out pro-Bolsonaro, anti-PT agitprop.

But it’s one thing for Macedo to use his massive wealth and media empire to elect a fascist. It’s another entirely for him to exploit and abuse those media outlets to intimidate, investigate, and threaten journalists for the crime of reporting on Bolsonaro and his media outlets. That conduct is a serious threat to a free press: it is virtually impossible to freely report on Bolsonaro if one knows that Macedo’s infinite wealth and powerful outlets will be used to smear not only the journalists responsible but their family members as well.

È stato in quel contesto che i giornalisti della macchina-Macedo hanno ampiamente iniziato a lamentarsi, da dietro un muro protettivo di anonimato, di essere stati trasformati da giornalisti a distributori-ostaggio di messaggi per un candidato largamente, e verosimilmente, visto come fascista. Ed è questo che ha consentito a The Intercept di denunciare i meccanismi interni di R7 e la forte pressione sotto cui si trovano i suoi giornalisti affinché alterino la verità e scrivano a favore di Bolsonaro e contro l'agitprop del PT.

Ma una cosa è che Macedo utilizzi la sua enorme ricchezza e il suo impero mediatico per eleggere un fascista, tutt'altra è che sfrutti e abusi di quei media per intimidire, indagare e minacciare i giornalisti per il reato di aver denunciato Bolsonaro e i suoi organi di stampa. Una simile condotta è una seria minaccia per la stampa libera: è praticamente impossibile scrivere su Bolsonaro, se si è a conoscenza del fatto che l'infinita ricchezza di Macedo e i suoi potenti mezzi di comunicazione saranno usati per diffamare non solo i giornalisti responsabili, ma anche i membri delle loro famiglie.

Il preoccupante record brasiliano sulla libertà dei media

Quest'anno, Reporter Senza Frontiere (RSF) nella classifica sulla libertà di stampa nel mondo ha inserito il Brasile al 102° posto [15] tra 180 paesi, facendolo scendere al di sotto di diversi altri paesi dove i giornalisti affrontano nel proprio lavoro quotidiano rischi considerevoli; tra questi sono inclusi l'Ungheria, il Nacaragua e il Kirghizistan.

RSF ha identificato [16] come problemi principali la mancanza di un sistema nazionale per proteggere i professionisti dei media e di tutela dall'impunità:

The freedom to inform is far from being a priority for the authorities amid the high level of political instability, as seen in President Dilma Rousseff’s removal in 2016 and the uncertainty surrounding the 2018 presidential election. Media ownership continues to be very concentrated, especially in the hands of big industrial families that are often closely linked to the political class. The confidentiality of journalists’ sources is under constant attack and many investigative reporters have been subjected to abusive judicial proceedings.

La libertà di informazione è lontano dall'essere una priorità per le autorità in un alto livello di instabilità politica, come si è visto nella destituzione del Presidente Dilma Rousseff nel 2016 e nell'incertezza che circonda le elezioni presidenziali del 2018. La proprietà dei media continua a essere molto concentrata, soprattutto nelle mani delle grandi famiglie industriali che sono spesso legate alla classe politica. La confidenzialità delle fonti giornalistiche è sotto costante attacco e molti reporter investigativi sono stati sottoposti a violenti procedimenti giudiziari.

Il Comitato per la protezione dei giornalisti nelle Americhe (CPJ) ha chiesto alle autorità brasiliane di proteggere la sicurezza dei professionisti dei media:

Le autorità del Brasile devono garantire la sicurezza dei giornalisti brasiliani che stanno seguendo le elezioni del paese. In una democrazia turbolenta come quella del Brasile, la libertà di espressione è un diritto fondamentale, sia prima che dopo le elezioni del 28 ottobre.

Una commissione speciale dell'Organizzazione degli Stati Americani, inviata per vigilare sulle elezioni brasiliane, ha definito “senza precedenti” [19] la circolazione di fake news via WhatsApp durante l'attuale campagna elettorale. Un giudice ha rifiutato la richiesta di Bolsonaro di un editoriale in cui potesse rispondere all'articolo della Mello sulle pagine di Folha, a seguito della notizia sul piano WhatsApp, sostenendo che la richiesta mancava di giustificazione dal momento che l'informazione non risultava “non veritiera [20]“.

Insieme alle diverse organizzazioni per i diritti umani che chiedono protezione per i giornalisti, Maria Laura Canineu, direttrice di Human Rights Watch Brasile, ha affermato:

Qualquer um pode discordar de uma reportagem, e deve ter o direito de fazê-lo publicamente, mas ameaçar o jornalista e incitar outros a fazer o mesmo não só põe em perigo a segurança pessoal dos jornalistas, mas prejudica a liberdade de expressão e a democracia. Os candidatos à presidência devem defender o direito dos jornalistas de informar o público e o direito do público de ser informado.

Chiunque può essere in disaccordo con un articolo e ha il diritto di manifestarlo pubblicamente, ma minacciare i reporter e incitarne altri a fare lo stesso non solo ne mette in pericolo la sicurezza personale, ma minaccia anche la libertà di espressione e la democrazia. I candidati alla presidenza devono difendere i diritti dei giornalisti di informare i cittadini e il diritto dei cittadini di essere informati.