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I rifugiati siriani in Libano affrontano brutali tempeste di neve e condizioni disumane nei campi profughi

Categorie: Medio Oriente & Nord Africa, Libano, Citizen Media, Diritti umani, Disastri, Relazioni internazionali, Rifugiati

Il campo di Arsal in Libano sommerso dalla neve durante la tempesta “Norma”, 6 gennaio 2019. La foto è stata diffusa sui social media e viene riutilizzata qui con permesso.

I rifugiati siriani in Libano sono stati pesantemente colpiti da inondazioni e temperature rigide con l'arrivo della tempesta “Norma”, che ha colpito il paese il 6 gennaio 2019. Questa ondata di maltempo ha portato cinque giorni di piogge torrenziali sulla costa libanese e neve sul Monte Libano e sulla valle della Bekaa. La tempesta ha causato danni diffusi in tutto il paese, l'inondazione di autostrade [1] [en, come i link seguenti] e la chiusura delle scuole per due giorni in alcune regioni del paese.

Ma i rifugiati siriani hanno dovuto affrontare le intemperie in campi improvvisati, poiché le autorità libanesi non consentono la costruzione di strutture permanenti [2]. Secondo un rapporto dell'Agenzia ONU per i rifugiati (UNHCR) [3] pubblicato il 9 gennaio, “sono 70.000 i rifugiati che vivono in circa 850 insediamenti informali e che si troveranno a dover affrontare le conseguenze di inondazioni, massicce nevicate e freddo estremo”.

Un altro articolo dell'UNHCR [4] dichiara che oltre 11.300 rifugiati sono già stati gravemente colpiti, inclusi alcuni insediamenti a Dalhamiya, nella valle della Bekaa, che sono stati completamente allagati.

Juriya Ramadan, rifugiata siriana in Libano, ha detto alla UNHCR:

People are sick. Everywhere there is water. We cannot sleep at night. It has been three days like this. All night we sit and watch the kids and we cannot do anything for them. Their situation is very bad.

La gente sta male. C'è acqua ovunque. Non si riesce neanche a dormire la notte. Siamo messi così da tre giorni. Rimaniamo seduti tutta la notte a tenere d'occhio i bambini ma non possiamo far nulla per loro. La loro situazione è pessima.

Amina al Darak, sulla sessantina, ha detto:

We’ve never experienced such a situation before. The mattresses and the duvets got wet. We didn’t sleep all night. I had to put blankets on wooden boards and lie there. I can’t even make myself a cup of tea because of the flooding.

Non abbiamo mai vissuto una situazione del genere prima d'ora. I materassi e i piumoni sono bagnati. Non abbiamo dormito tutta la notte. Ho dovuto mettere delle coperte su assi di legno e dormire lì. Non riesco nemmeno a farmi una tazza di tè a causa dell'inondazione.

Secondo l’Associated Press [5], l'insediamento di rifugiati a Bar Elias nella valle della Bekaa e vicino al Litano, il fiume più lungo del Libano, che ospita circa 420 rifugiati tra cui 100 bambini, si è completamente allagato durante la tempesta. L'AP ha anche riferito che una bambina siriana ha perso la vita dopo essere annegata in seguito allo straripamento di un fiume nel nord del Libano.

Inoltre, la Croce Rossa libanese [6] ha dichiarato che 200 persone sono state evacuate dai loro accampamenti sul confine settentrionale del Libano con la Siria, dopo lo straripamento di un fiume nella zona.

Ai piedi dell'Anti-Libano, catena montuosa parallela al Monte Libano e sul confine libanese-siriano, sorge il campo profughi di Arsal, che recentemente è stato colpito da nevi abbondanti e ha subito seri danni, come mostrano i numerosi video condivisi sui social media:

Alcuni attivisti siriani si sono lamentati su Twitter delle pessime condizioni di vita in questi campi, aggiungendo che i rifugiati siriani si trovano tra l'incudine e il martello, da un lato in terribili condizioni di vita in Libano, e dall'altro, vedrebbero la propria sicurezza messa in serio pericolo se dovessero tornare in una Siria controllata da Assad.

Sapete perché la gente è ancora qui?
Perché Assad è ancora al suo posto.
Il momento in cui Assad se ne andrà, sarà il momento in cui questa sofferenza finirà.

Alcuni rifugiati siriani denunciano la negligenza delle autorità locali nella Bekaa. Ad esempio, Hussam Mansour ha detto ad Al Jazeera [2] di aver chiamato ripetutamente l'autorità locale di Ghazze, nella Bekaa, chiedendo che le tende venissero sollevate dal suolo, ma senza alcun successo.

I rifugiati siriani in Libano dovranno affrontare, nei prossimi giorni, una seconda tempesta che porterà raffiche di vento di oltre 100 km orari e onde di 5 metri. Infatti, è previsto che una nuova tempesta, chiamata Miriam, si abbatterà sul paese martedì 15 gennaio. La UNCHR ha dichiarato [10] che le riserve di emergenza e le forniture di servizi igienico-sanitari sono state reintegrate in previsione di nuove tempeste.

Nonostante le difficili condizioni in cui sono costretti a vivere i rifugiati siriani in Libano, il presidente Michel Aoun ha affermato [11] che “la crisi dei rifugiati pesa ancora economicamente, socialmente e in termini di sicurezza [sul Libano]” e che i rifugiati dovrebbero tornare in Siria così da poter vivere “con dignità”.

Le parole del presidente rispecchiano quella che è stata la retorica contro i rifugiati [12] adottata dal suo partito, il Movimento Patriottico Libero (FPM in inglese), nel corso degli anni, e in particolare dal genero e ministro degli Esteri, Gebran Bassil, che dirige il partito.

Leggi anche: Perché i rifugiati presenti in Libano temono di ritornare nella Siria controllata da Assad? [13] [it]

Aoun, alleato di Hezbollah e di conseguenza a favore del regime di Assad, sta spingendo la comunità internazionale a riportare i rifugiati siriani [14] [it] nelle cosiddette “aree sicure” in Siria. Alcuni ministri del governo libanese hanno denunciato questa politica e affermato che decine di rifugiati [15] sono stati uccisi dopo essere stati forzati a tornare in Siria.

Storie di rifugiati che una volta tornati sono stati incarcerati, costretti alla coscrizione forzata o uccisi si sono susseguiti nei circoli siriani anti Assad, in particolare negli ultimi due anni.

Wessal al Mustafa, rifugiato in Libano, ha detto ad Al-Jazeera [2] che “non c'è niente a cui tornare”. Sleiman Ahmad, 25 anni, ha ammesso all'Independent [6]: “Se tornassi indietro, verrei arruolato [nell'esercito di Assad] o arrestato, […] Ho una figlia piccola. Cosa le succederebbe? “