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Kazakistan: hacker hanno scoperto un software di sorveglianza statale per individuare proteste e critiche online

Categorie: Asia centrale & Caucaso, Kazakistan, Russia, Censorship, Citizen Media, Cyber-attivismo, Media & Giornalismi, Politica, Advox

I documenti trapelati, pubblicati dal collettivo Digital Revolution con l'hashtag #KvantNash. (Foto: screengrab del sito web Digital Revolution).

Quello che segue è un post [1] [en, come i link seguenti, salvo diversa indicazionepubblicato dal nostro partner EurasiaNet.org [2], scritto da Almaz Kumenov [3]Ripubblicato con permesso.

Secondo alcune testimonianze, il Kazakistan ha adottato un software online sviluppato dai servizi di sicurezza russi al fine di individuare malumori e proteste tra la popolazione.

Il 19 dicembre scorso, il collettivo di hacker Digital Revolution, con base in Russia, ha pubblicato [4] [ru] sul suo sito alcuni documenti scannerizzati sostenendo siano la testimonianza di un meccanismo che sistematicamente passa al setaccio le fonti di notizie online e i social media, alla ricerca di prove del pubblico scontento. Gli hacker coinvolti dicono di aver ottenuto i documenti in questione craccando i server del Kvant Scientific Research Institute, un'unità interna ai Servizi Federali di Sicurezza russi o FSB.

Secondo i documenti trapelati, Kvant utilizza reti neurali artificiali per analizzare l'attività su Facebook e Instagram, e sui loro omologhi russi VKontakte e Odnoklassniki, per individuare frasi chiave potenzialmente indicative di scontento politico.

In un reportage [5] [ru] della BBC russa si sostiene che Kvant sia stato l'ente di ricerca responsabile della produzione dei primi computer sovietici negli anni '70. Quest'anno, il Dipartimento del Tesoro statunitense ha identificato [6] Kvant come un'agenzia impegnata nel tentativo di destabilizzare gli Stati Uniti. Nello stesso comunicato, il Tesoro ha dichiarato che nel 2010 Kvant è stata riconosciuta come impresa federale dello stato russo sotto l'egida dell’ FSB.

La BBC russa riferisce [5] [ru] che ora il Kazakistan sembra aver sviluppato un sistema simile a quello implementato in Russia.

A gennaio, il Ministero dell'Informazione e delle Comunicazioni ha rivelato [7] [ru] di aver destinato circa 5 milioni di dollari per la creazione di un sistema automatizzato per il monitoraggio dello spazio dell'informazione. Lo sviluppatore avrebbe dovuto essere scelto tramite un bando di gara e il progetto avrebbe dovuto essere completato entro la fine del 2018. Il ministero ha dichiarato che l'obiettivo è quello di mettere un freno agli atti di terrorismo, estremismo e suicidio.

La BBC russa riferisce di non aver trovato alcuna documentazione governativa attestante l'approvvigionamento dell'equipaggiamento necessario. Alcune tracce, però, sono state individuate da Digital Revolution.

Secondo il documento pubblicato dal collettivo di hacker, proprio un tale sistema destinato al Kazakistan è stato ideato a Mosca nel 2017. Ambiguamente, l'appaltatore incaricato di questa operazione sarebbe un ente di ricerca con base in Kazakistan, anch'esso denominato Kvant, mentre il subappalto sarebbe andato alla Kvant di Mosca.

La Kvant di Astana, apparentemente un'azienda privata, dichiara sul suo sito [8] [ru] che dal 2015 si occupa di analisi di big data e fornisce servizi a diverse società informatiche internazionali. La proprietaria di Kvant, Lyazzat Shakimova, ha confermato alla BBC russa che la sua compagnia stava lavorando a un sistema di monitoraggio, ma ha negato qualsiasi collegamento con la Kvant russa.

Il Ministero dell'Informazione e delle Comunicazioni non ha commentato pubblicamente il rapporto di BBC russa.

Il controllo restrittivo del governo sullo spazio online in Kazakistan ha conseguenze [9] concrete per innumerevoli utenti.

Molti lamentano un rallentamento della velocità quasi ogni sera a causa, si sospetta, del tentativo del governo di limitare l'accesso [10] ai contenuti in diretta prodotti da un'odiatissima figura d'opposizione in esilio.

Inoltre, le procure hanno voluto punire in modo esemplare diverse persone ritenute colpevoli di utilizzare strumenti online come Facebook per esprimere il proprio scontento, riguardo il modo in cui viene governato il paese. Alla fine di novembre, il tribunale di Almaty ha condannato [11] un uomo a quattro anni di carcere per aver fornito “supporto informatico” al gruppo di opposizione Scelta Democratica del Kazakistan, attualmente proibito.

La fondazione Open Dialogue, con base a Varsavia, ha recentemente identificato [12] [ru] l'avvocato difensore di quel caso tra la trentina di persone del Kazakistan colpite da procedimenti legali tra marzo e ottobre 2018, in seguito alla pubblicazione di contenuti critici su social media e chat di messaggistica.