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Il rimpatrio delle opere d'arte africane nei paesi di origine è una faccenda complicata

Categorie: Africa sub-sahariana, Europa occidentale, Benin, Burkina Faso, Costa d'avorio, Francia, Germania, Regno Unito (GB), Repubblica del Congo, Arte & Cultura, Citizen Media, Governance, Istruzione, Politica, Relazioni internazionali
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Screenshot del canale televisivo francese TV5 Monde che mostra Bénédicte Savoy e Felwine Sarr, due professori, che si occupano del rimpatrio del patrimonio artistico africano nei paesi di origine. Immagine resa disponibile su YouTube.

Nel novembre del 2017, in occasione di un intervento [2] [fr, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] all'Università di Ouagadougou nel Burkina Faso, il Presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato che il “patrimonio artistico africano” non sarebbe più stato esposto nei musei europei e che sarebbero state prese misure per la temporanea o definitiva restituzione delle opere d'arte all'Africa.

A seguito di questa dichiarazione, i docenti Felwine Sarr e Bénédicte Savoy dell'Università Gaston-Berger a Saint-Louis in Senegal e della Technische Universität di Berlino in Germania hanno redatto un rapporto [3] per illustrare la possibile procedura legale che potrebbe essere seguita per restituire i manufatti e i tesori africani, respingendo l'idea che queste collezioni appartengano al patrimonio artistico francese.

Oggi, i musei pubblici francesi conservano oltre 90.000 opere d'arte [4] dell'Africa sub-sahariana, per lo più saccheggiate o frutto di bottini di guerra durante l'epoca coloniale.

I giornalisti Konsimbo Ophelie e Poda Gabriel spiegano [5] su Nsi mababu, un giornale panafricano, quanto segue: 

Plus de 90 percent des œuvres d’art d’Afrique noire se trouvent hors du continent, selon les experts. Pillées pendant la colonisation, elles sont pour la plupart aux mains du British Museum, du musée du Quai Branly, ou du musée de Berlin. Le Bénin, le Nigéria et la République Démocratique du Congo entre autres, réclament aujourd’hui le retour de ses trésors pillés durant l’époque coloniale. La question des restitutions d’oeuvres d’art africaines est à la fois épineuse, politique et constitue aujourd’hui une polémique dont il faut comprendre les tenants et aboutissants.

Secondo gli esperti, oltre il 90% delle opere d'arte dell'Africa subsahariana si trova all'estero. Saccheggiate durante l'epoca coloniale, la maggior parte di queste è di proprietà del British Museum, del Quai Branly Museum o del Museo di Berlino. Oggi, paesi come il Benin, la Nigeria e la Repubblica Democratica del Congo esigono la restituzione dei tesori sottratti. Il problema della restituzione d'opere d'arte africane è allo stesso tempo una questione spinosa e politica ed è oggi oggetto di una polemica di cui è necessario comprendere a fondo i dettagli.

Molti paesi africani sono stati vittime di questo saccheggio dell’ 85-90% del patrimonio artistico africano. Eva Rassoul, una giornalista spiega [6] su France Culture, un programma radiofonico francese, quanto segue:

Dans les musées français, les œuvres africaines proviennent en grande partie du Tchad (9 200 œuvres), du Cameroun (7 800) et de Madagascar (7 500).

Le opere d'arte esposte nei musei francesi provengono prevalentemente dal Ciad (9.200 opere d'arte), dal Camerun (7.800) e dal Madagascar (7.500).

Savoy e Sarr hanno illustrato, su TV5 Monde, la procedura legale che dovrebbe essere seguita per rimpatriare i manufatti africani espropriati:

Il giornalista Philippe Rey afferma [7] che nella relazione si esamina anche il ruolo che ha avuto la Francia nel saccheggio del patrimonio artistico dell'Africa:

Il raconte les spoliations à travers l’histoire mondiale, évalue la part de la France, dresse un premier inventaire des oeuvres spoliées, fait le récit des tentatives des pays africains pour se réapproprier leur patrimoine, analyse les questions juridiques qui se posent, et énonce un certain nombre de recommandations pratiques pour la mise en oeuvre des restitutions, un des chantiers les plus audacieux de ce XXIe siècle.

Narra dell'espropriazione attraverso la storia del mondo, esamina il ruolo della Francia, redige un inventario preliminare delle opere d'arte rubate, racconta dei tentativi dei paesi africani di reclamare il proprio patrimonio artistico, analizza le problematiche legali da affrontare ed elenca numerose raccomandazioni utili per la procedura di restituzione. Questa iniziativa è uno dei progetti più ambiziosi del XXI secolo.

La giornalista Laurent Adjovi nel Benin ha ricordato  [8]che la Francia si è impegnata a restituire 26 manufatti sottratti al Benin:

Grâce aux discussions ouvertes avec la France, Patrice Talon [9] offre ainsi une possibilité aux béninois de revoir  par exemple les  œuvres royales, évoquant les règnes des rois d’Abomey Ghézo (1818-1858), Glélé (1858-1889) et Béhanzin (1890-1894), des trônes, de récades, et les sceptres royaux.

Grazie alle aperte discussioni con la Francia, Patrice Talon [9] può offrire ai beninesi la possibilità di rivedere le loro opere d'arte. Un tipico esempio è rappresentato dalle opere d'arte reali che risalgono ai regni dei sovrani Abomey Ghézo (1818-1858), Glélé (1858-1889) e Béhanzin (1890-1894), dai troni, bastoni e scettri reali.

Per consentire l'esibizione del patrimonio artistico e dei manufatti africani, il Senegal ha inaugurato il Museo della civilizzazione nera [10] il 6 dicembre del 2018, grazie al sostegno del Presidente senegalese Macky Sall. Il museo si aggiunge ad altri siti culturali come la Casa degli schiavi di Goré [11] e il Museo delle donne Henriette-Bathily [12].

Un évènement qui intervient au moment s’anime le débat sur la restitution des biens culturels africains pillés par la France pendant la colonisation. C’est un rêve vieux de cinquante ans qui se réalise.

Questa notizia arriva in un momento in cui il dibattito sui beni culturali africani sottratti dalla Francia durante gli anni della colonizzazione è particolarmente acceso. È un sogno che diventa realtà dopo cinquant'anni.

Il Ministro della Cultura e della francofonia della Costa d'Avorio, Bandama Maurice, fa il punto sulle negoziazioni con la Francia riguardo al rimpatrio delle opere d'arte storiche nel paese [13]:

Nous pensons qu'en 2019, tout ou en partie des 148 objets seront restitués à la Côte d'Ivoire. Nous avons demandé 148 parce que c'est ce que nous pouvons pour l'instant accueillir dans les caisses et les collections de nos musées.

Pensiamo che entro il 2019, la maggior parte o tutte le 148 opere d'arte verranno restituite alla Costa d'Avorio. Abbiamo richiesto 148 opere d'arte perché al momento non siamo in grado di accoglierne o esporne di più nei nostri musei.

Anche nella Repubblica del Congo è stato recentemente inaugurato [14] il Museo del Circolo Africano [15] [it] a Pointe-Noire.

L’objectif de ce projet est de permettre aux plus jeunes de retrouver l’histoire de leur culture. Ancien lieu culturel pour les congolais, avant d‘être transformé en Cour de justice et de finalement tomber à l’abandon, le bâtiment a été réhabilité et transformé en 2017 pour devenir ce musée. Depuis son ouverture au public le 4 décembre, le Musée du cercle africain a déjà accueilli plus de 600 visiteurs par mois.

L'obiettivo di questo progetto è di consentire ai giovani di conoscere la propria storia e la propria cultura. Prima di essere trasformato in un museo nel 2017, questo edificio è stato usato dai congolesi come luogo culturale, quindi come tribunale e alla fine abbandonato. Dalla sua apertura al pubblico il 4 dicembre, il Museo del Circolo Africano è già stato visitato da oltre 600 visitatori al mese.

Ciononostante, la procedura per la restituzione delle opere d'arte africane è difficile e comporterà risolvere molti problemi prima che ciò sia possibile. Il giornalista di Neomag, Yassin Ciyow, si chiede [16]: cosa c'è di così difficile nel restituire un'opera d'arte?

En revanche, pour les œuvres issues de l’époque coloniale, la complexité vient du fait qu’après avoir été pillées, elles ont généralement été données ou léguées (dans le cadre légal de l’époque) à des collections publiques françaises. Ainsi, ces œuvres sont de facto entrées dans le domaine public mobilier national, devenant ainsi propriété de l’Etat français. Par le passé, des lois d’exception ont néanmoins été votées afin de “déclasser” certaines œuvres. C’est grâce à cette pirouette juridique que la Vénus Hottentote a pu être rendue à l’Afrique du Sud et des têtes maories à la Nouvelle-Zélande. 

Al contrario, per le opere dell'epoca coloniale, la complessità deriva dal fatto che, dopo essere state saccheggiate, venivano generalmente donate o lasciate in eredità (secondo il sistema legale dell'epoca) alle collezioni pubbliche francesi. Quindi, di fatto, queste opere d'arte sono di dominio pubblico e sono diventate proprietà dello Stato francese. Ciononostante, in passato sono state approvate leggi eccezioni per “declassare” alcune opere d'arte. È stato proprio grazie a questa svolta a livello legale che è stato possibile restituire il Venus Hottentote al Sudafrica e le teste maori alla Nuova Zelanda.

Oltre alle difficoltà legali [17], sono stati sollevati molti dubbi sulla capacità di molti paesi di proteggere e conservare questi rari manufatti africani, che sono parte del patrimonio culturale africano ma anche mondiale.