- Global Voices in Italiano - https://it.globalvoices.org -

Netizen Report: Bangladesh e Corea del Sud dichiarano ‘guerra alla pornografia’ e fanno strada alla censura politica

Categorie: Asia meridionale, Asia orientale, Bangladesh, Corea del Sud, Censorship, Citizen Media, Cyber-attivismo, Legge, Libertà d'espressione, Tecnologia, Advox

Foto di Cory Doctorow. (CC BY-SA 2.0)

Il Netizen Report di Advox offre un'istantanea internazionale delle sfide, delle vittorie e delle nuove tendenze in ambito di tecnologia e diritti umani in tutto il mondo. Questo articolo riguarda alcune notizie ed eventi che hanno avuto luogo tra il 15 e il 21 febbraio 2019.

Nelle ultime settimane, le autorità del Bangladesh e della Corea del Sud hanno presentato nuovi piani per raddoppiare gli sforzi nel censurare la pornografia e altri contenuti ritenuti inappropriati.

In Bangladesh, le autorità delle telecomunicazioni hanno bloccato più di 18.000 siti web nei quali potrebbero essere presenti contenuti pornografici o “osceni”. La lista dei siti incriminati, che è stata prima inviata agli internet provider e successivamente resa pubblica, includeva alcuni siti cui Somewherein.net, la più vasta piattaforma di blog in lingua bengalese, e Google Books. Il Ministro delle poste e telecomunicazioni, Mustafa Jabbar, ha descritto questa manovra come una “guerra” contro la pornografia [1] [en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione].

Nonostante molti utenti non siano riusciti ad accedere al proprio blog, Somewherein.net ha stato postato un avviso [2] [bn] il 18 febbraio in cui si confermava il corretto funzionamento del sistema, e negava di aver ricevuto alcuna comunicazione ufficiale da parte delle autorità circa l'interruzione del servizio. Il sito è rimasto accessibile fino al 22 febbraio, sebbene fosse incluso nella lista dei siti incriminati.

Fondato nel 2005, Somewhere in Blog [3] [bn] o Badh Bhangar Awaaz (La voce che infrange le barriere) è stato il primo blog pensato per la lingua bengalese. In media sono 60.000 i blogger che ogni giorno interagiscono con la piattaforma.

Questi siti, inclusi quelli che contengono materiale pornografico esplicito, non sono gli unici nel mirino. Le autorità hanno chiesto a numerosi utenti di spicco sui social di rimuovere il proprio account o alcuni contenuti dalle proprie pagine.

Intanto in Corea del Sud, la Commissione sugli Standard per la Comunicazione, un'agenzia di controllo statale, ha diffuso un comunicato stampa [4] [ko] il 12 febbraio, in cui vengono confermati i sospetti degli esperti di informatica [5] circa i nuovi metodi che le autorità stanno adottando per rilevare e bloccare contenuti pornografici o di pirateria online. Utilizzano una tecnica conosciuta come SNI eavesdropping, [6] le autorità sono ora in grado di bloccare i contenuti HTTPS con sempre maggiore facilità.

La produzione e la diffusione della pornografia sono illegali in Corea del Sud [7] ed esiste una severa normativa che regola i diritti di proprietà intellettuale, ciò dovuto in parte agli accordi commerciali con gli Stati Uniti.  [8]Ma gli esperti e i sostenitori della libertà di espressione mettono in guardia da questo nuovo approccio alla censura che può portare alla chiusura di siti che non contengono pornografia e di conseguenza iniziare ad intaccare la libertà di espressione e di informazione degli utenti.

È stata inviata una petizione [9] [ko] tramite il sito ufficiale del presidente della Corea del Sud, Moon Jae-in, in cui si condanna fermamente la manovra. Censurare i contenuti in modo così aggressivo e dispendioso, sarebbe uno spreco di tasse dei contribuenti, poiché gli utenti si rivolgerebbero ai VPN e altri strumenti alternativi per accedere ai siti di loro interesse. La petizione è stata firmata da più di 250.000 utenti.

YouTube di nuovo bloccato in Venezuela

Il Venezuela è in una situazione di stallo politico [10] da metà gennaio, quando il leader dell'opposizione, Juan Guaidó, si è autodichiarato presidente della Repubblica, in una sfida aperta contro il presidente Nicolas Maduro. Insieme alle numerose ondate di protesta e agli scontri tra i militari alleati con Maduro e i manifestanti dell'opposizione, si sono verificati una serie di problemi inerenti alla mancanza di rete. I residenti hanno avuto accesso [11] [it] alla rete, e di conseguenza alle maggiori piattaforme social, in modo intermittente.

Il 19 e il 20 febbraio, un gruppo di ricerca tecnica locale, VE Sin Filtro ha segnalato [12] [es] che YouTube risultava bloccato dal più importante internet provider del Paese, CANTV, di proprietà dello Stato. Il team ha notato che in questo caso, a differenza dei precedenti episodi di mancata connessione al sito (proprietà di Google), altri servizi di Google come Gmail e Google Drive non hanno riscontrato problemi.

Facebook e VK di nuovo attivi in Uzbekistan, giusto in tempo per una conferenza sull'accesso a internet

Facebook, YouTube, insieme al social network russo VKontakte hanno ricominciato a funzionare [13] [uz] in Uzbekistan il 19 febbraio, giusto in tempo per una conferenza di due giorni sulla connettività in Asia Centrale [14]. I tre siti in questione sono stati bloccati nel Paese a partire da settembre 2017. Gli utenti si chiedono se il blocco sia stato rimosso in maniera definitiva o semplicemente adottato a favore dei delegati delle nazioni vicine giunti apposta per la conferenza.

Il sistema autoritario uzbeko si è “ammorbidito” con il presidente Shavkat Mirziyoyev, e Facebook è diventata una piattaforma in cui i cittadini possono discutere e dibattere sui cambiamenti della società – a patto che sappiano usare un VPN.

Le autorità pakistane prendono di mira l'attivismo anti-saudita e i ‘discorsi di incitamento all'odio’

Il 21 febbraio, il Ministro federale dell'informazione e della radiotelevisione, Fawad Chaudhry, ha annunciato un programma [15] per prendere provvedimenti contro discorsi di incitamento all'odio online, ormai troppo diffusi sui social. Secondo il presidente, monitorare i social sicuramente potrebbe aiutare a eliminare il problema. Nonostante i discorsi di incitamento all'odio siano ritenuti un vero e proprio crimine dalla Legge contro i crimini informatici del Pakistan, il testo del provveddimento del 2016 non fornisce una definizione chiara di del termine “incitamento all'odio”. Gli esperti affermano [16] che questa omissione potrebbe comportare un’ interpretazione troppo ampia della legge.

In occasione di una visita del principe saudita Mohammad Bin Salman in Pakistan, il Ministero dell'interno ha ordinato alle autorità competenti [17] di bloccare le pagine social di cinque gruppi sciiti, inclusi due gruppi studenteschi. Nell'ordinanza è scritto che i gruppi stavano diffondendo dei messaggi di “propaganda” contro un'importante delegazione in visita in Pakistan. Si pensa che la delegazione in questione sia stata proprio quella di Bin Salman.

In Kenya, gli attivisti trascinano il governo in tribunale per il sistema di identificazione digitale nazionale

La Commissione per i Diritti Umani del Kenya, associazione non governativa, ha fatto ricorso contro la proposta di legge per il sistema di identificazione digitale per il Paese, approvata il 31 dicembre 2018. Secondo questa nuova legge [18], i kenioti che desiderano usufruire dei servizi pubblici devono essere registrati nel “Sistema nazionale integrato di identificazione” e fornire una serie di dati personali [19] di autenticazione, come nome, foto, sesso, data di nascita, nazionalità, numero di telefono, indirizzo mail, residenza e domicilio, stato civile.

Jackson Awele, consigliere della Commissione per i Diritti Umani in Kenya, ha affermato in tribunale [20] che il sistema viola il diritto di privacy citato nella Costituzione, poiché “permette allo Stato di ricevere numerose informazioni private sui cittadini, incluse informazioni sul DNA, senza il loro consenso” e non offre alcuna garanzia di assicurazione che questa quantità spropositata di dati si adeguatamente protetta da furti o da uso improprio.

Il database di videosorveglianza della popolazione uigura reso pubblico in rete per mesi

Victor Gevers, un ricercatore olandese esperto di sicurezza su internet, ha scoperto un vasto database di videosorveglianza [21] dell'ovest della Cina reso pubblico in rete, disponibile per la consultazione da qualsiasi utente. Gevers ha avvisato le autorità cinesi della questione, segnalando la vulnerabilità dei dati diffusi sul web, dati personali di più di due milioni e mezzo di persone, e le loro coordinate geografiche in base alle informazioni rilevate dalle telecamere di sorveglianza e dai dati di localizzazione dei telefoni cellulari.

Tutte le coordinate geografiche elencate nel sistema provengono dalla regione del Xinjiang, nell'ovest della Cina, il cui governo locale è conosciuto per i suoi metodi di sorveglianza aggressiva [22]e per i severi programmi di detenzione [23] [it] che sono mirati agli uiguri musulmani e ad altre minoranze etniche.

La normativa UE sul copyright che probabilmente che manderà a rotoli internet 

Un'importante riforma sul copyright [24], che stravolgerà l'assetto e le dinamiche delle maggiori piattaforme web in modo radicale, si sta facendo strada [25] [it] attraverso il processo legislativo europeo, e potrebbe andare al voto già a metà marzo.

Nonostante si discuta ancora sugli ultimi punti, le bozze della proposta prevedono che alcune importanti piattaforme quali YouTube, debbano verificare la proprietà del contenuto — che sia audio, video, testo o immagine — prima che l'utente possa caricare il file con successo. Un'altra disposizione prevede che gli utenti che pubblicano contenuti for-profit, debbano pagare le fonti web che citano. Sebbene gli utenti no-profit non siano soggetti a questa normative, questo cambiamento scoraggerà molti siti dal fare riferimento ad altre fonti web utili.

Iscriviti al Netizen Report [26]

 

Ellery Roberts Biddle [27], Marianne Diaz [28], Mohamed ElGohary [29], Rohith Jyothish [30], Oiwan Lam [31], Talal Raza [32], Rezwan [33], Chris Rickleton, Taisa Sganzerla [34] e Sam Woodhams hanno contribuito alla realizzazione di questo articolo.