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Netizen Report: gli attivisti respingono i piani dell'UE di pre-censurare le violazioni del copyright e i contenuti “terroristici

Categorie: Europa occidentale, Algeria, Ecuador, Germania, India, Kenya, Pakistan, Tajikistan, Tanzania, Censorship, Citizen Media, Cyber-attivismo, Diritti umani, Legge, Libertà d'espressione, Media & Giornalismi, Protesta, Tecnologia, Advox
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Manifestazione del 2 marzo a Berlino contro l'art.13 della nuova direttiva europea sul diritto d'autore. Foto di Tim Lüddemann, (CC BY-NC-SA 2.0.)

Il Netizen Report di Global Voices Advox offre una panoramica delle sfide, delle vittorie e delle tendenze emergenti in materia di libertà digitali nel mondo. Questo numero comprende delle informazioni e avvenimenti relativi al periodo dal 29 febbraio all'8 marzo 2019.

Il 2 marzo 2019, quasi 5000 persone [2] [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] hanno sfidato le fredde temperature di Berlino per protestare contro un progetto europeo di regolamentazione del diritto d'autore che potrebbe modificare radicalmente la nostra maniera di postare e condividere contenuti online.

L'ultima versione datata della Direttiva europea sul diritto d'autore [3] [it] richiederebbe che piattaforme digitali  come Youtube installino dei “filtri di messa in linea [4]” – un sistema che impedisca agli utenti di pubblicare online contenuti protetti dal diritto d'autore, imponendo di fatto un sistema di “censura preventiva” sulle principali piattaforme e social network della rete.

Sui colorati cartelli branditi dai manifestanti, tra le altre cose si poteva leggere “Non siamo dei bot”, “Des filtres à particules plutôt que des filtres de mise en ligne” e “Salvate internet”, mentre risuonavano le persone della canzone “Wir Sind Keine bots” (Non siamo dei bot) composta dallo youtuber Williboy [5] appositamente per l'occasione. La canzone, pubblicata in rete alla viglia della manifestazione, è rapidamente diventata virale con oltre 500.000 visualizzazioni in pochi giorni.

Che la direttiva sul diritto d'autore venga adottata o meno, la battaglia sarà ben lungi dall'essere finita per i difensori delle libertà digitali, che dovranno essere nuovamente mobilitati ogni volta che si consideri di ricorrere a soluzioni tecniche automatizzate per risolvere questioni legate ai contenuti in linea.

Un comitato della Commissione Europea incaricato di affrontare i “contenuti a carattere terroristico” online, ha proposto una soluzione simile, che prevede di obbligare le piattaforme online [6] [it] a dotarsi di strumenti automatizzati per “individuare, identificare e rimuovere o disattivare diligentemente l'accesso al contenuto a carattere terroristico”.

Il progetto di regolamento [7] [it] esige una soppressione più aggressiva dei “contenuti a carattere terroristico” (la cui definizione rimane vaga) e dei termini di risposta rapidi per il loro ritiro. Ma non istituisce una giurisdizione dedicata o altri meccanismi giudiziari che possano offrire linee di condotta alle imprese che faticano a valutare contenuti online complessi.

Al contrario, costringerebbe i fornitori di servizi di hosting ad utilizzare strumenti automatizzati per prevenire la diffusione di “contenuti a carattere terroristico” online. Ciò richiederebbe alle imprese di utilizzare il tipo di sistema già creato di propria iniziativa da Youtube, che in passato ha censurato [6] [it] le prove di violazione dei diritti umani e dei crimini di guerra.

Sia la proposta europea che la Direttiva sul diritto d'autore ripongono la loro fiducia in questi strumenti, ignorando le preoccupazioni riguardo le conseguenze che potrebbero avere sulla libertà d'espressione, sul giornalismo e sull'informazione pubblica.

In occasione di una conferenza pubblica [8]  nel mese di gennaio, Evelyn Austin, che lavora per l'organizzazione olandese di difesa delle libertà digitali Bits of Freedom, ha espresso profonda preoccupazione per le politiche destinante alla censura preventiva automatica:

We see as inevitable a situation in which there is a filter for copyrighted content, a filter for allegedly terrorist content, a filter for possibly sexually explicit content, one for suspected hate speech and so on, creating a digital information ecosystem in which everything we say, even everything we try to say, is monitored.

Ci sembra inevitabile arrivare ad un punto in cui esiste un filtro per i contenuti protetti da diritto d'autore, un filtro per i contenuti considerati terroristi, un filtro per i contenuti che possono risultare di natura esplicitamente sessuale, un altro per discorsi indirizzati all'odio, eccetera, creando così un ecosistema dell'informazione digitale in cui tutto ciò che diciamo, e cerchiamo di dire, è sorvegliato.

Nuove prove di attivisti e giornalisti egiziani presi di mira con spyware

In Egitto, decine di attivisti per i diritti umani sono rimasti vittime di attacchi di phishing [9] dall'inizio dell'anno, come rivela un'indagine di Amnesty International. (tramite) Le email hanno utilizzato una tecnica di phishing chiamata OAuth, che consente a malware di terzi parti di ingannare gli utenti al fine di ottenere l'accesso ai loro account.

Gli attacchi registrati coincidono con diversi eventi del calendario politico, tra cui la visita del presidente francese Emmanuel Macron, in un contesto di crescente repressione contro la società civile [10] condotta dal presidente Sissi.

Finalmente rilasciato il fotoreporter Shawkan in Egitto

Dopo oltre cinque anni dietro le sbarre, Mahmoud Abu Zeid, noto anche con il nome Shawkan, è stato rilasciato [11] [it] il 4 marzo scorso. Shawkan era stato arrestato nell'agosto del 2013 mentre fotografava la manifestazione di Rabaa El Adaweya, nel corso della quale i sostenitori dell'ex presidente egiziano Mohamed Morsi si erano riuniti per protestare contro il colpo di Stato che aveva posto fine alla sua presidenza il 3 luglio dello stesso anno. Al momento di disperdere la manifestazione, le forze di sicurezza egiziane avrebbero ucciso almeno 817 persone [12]  e ferito molte altre, secondo l'organizzazione Human Rights Watch.

Shawkan, che lavorava per l'agenzia Demotix al momento del suo arresto, ha trascorso quasi quattro anni in custodia tutelare [13] [fr] prima di ricevere la sua condanna.

Rilasciato dopo due anni di prigione un blogger algerino

Sempre il 4 marzo, in Algeria, un tribunale a Skikda ha ridotto la pena detentiva del blogger Merzoug Touati e lo ha liberato. Touati era detenuto da gennaio 2017 [14] [it] per aver partecipato a manifestazioni contro l'austerità. Nel maggio 2018 era stato condannato a dieci anni di carcere, riconosciuto colpevole di aver fornito “informazioni ad agenti di una potenza straniera tali da nuocere alla situazione militare o diplomatica dell'Algeria, o ai suoi interessi economici essenziali”, per aver condotto e pubblicato online l'intervista di un dignitario israeliano.

La sua liberazione avviene in un contesto di manifestazioni su scala nazionale. Dalla metà di febbraio, gli algerini scendono in piazza [15] per protestare contro il declino economico dei loro paesi e richiedere le dimissioni dell'attuale presidente algerino Abdelaziz Bouteflika [16] [it] dalla corsa alle prossime elezioni nazionali.

Un attivista videoreporter è stato arrestato e poi rilasciato

Il cyberattivista Sharofiddin Gadoev è tornato [17] in Europa, dopo esser stato rapito in Tagikistan, con la probabile cooperazione delle forze di sicurezza in Russia [18] , dove si trovava in viaggio il mese scorso.

Sharofiddin Gadoev fa parte dell'opposizione tagika, i cui membri – residenti all'estero – sono molti attivi in rete nonostante le continue molestie. Lo scorso 15 febbraio, in uno strano video, ha annunciato di essere arrivato in Tagikistan di sua spontanea volontà e di cooperare con le autorità. Quando i diplomatici dei Paesi Bassi – dove Sharofiddin Gadoev ha ottenuto asilo – hanno chiesto della sua sorte, le autorità del Tagikistan hanno confermato che era stato arrestato, senza precisare per quale motivo.

Per fortuna, l'attivista aveva precedentemente girato un altro video in cui chiedeva ai suoi sostenitori di ignorare le dichiarazioni che avrebbe potuto fare se l'avessero estradato con la forza in Tagikistan, confermando che non aveva alcuna intenzione di andarci. La pubblicazione di questo video [19] inquietantemente preveggente, il 19 febbraio, così come la pressione dei diplomatici occidentali e delle ONG internazionali, sembrano aver accelerato la liberazione [18] di Sharofiddin Gadoev il 2 marzo – in modo così teatrale e inaspettato come la sua cattura.

Il conflitto indo-pakistano getta la rete in un caos di disinformazione

Mentre le tensioni militari [20] tra il Pakistan e l'India esplodevano a seguito del bombardamento omicida del 14 febbraio a Pulwama, in India, e dell'azioni di rappresaglia seguite da entrambi i lati del confine, la disinformazione ha raggiunto livelli altissimi sulla rete. I gruppi di fact-checking [21] di entrambi i paesi  [22]hanno lavorato molto per far fronte alla valanga di false informazioni e immagini truccate. Nelle colonne del New York Times [23]Farhad Manjoo descrive la reazione dei media online:

Whether you got your news from outlets based in India or Pakistan during the conflict, you would have struggled to find your way through a miasma of lies…

Many of the lies were directed and weren’t innocent slip-ups in the fog of war but efforts to discredit the enemy, to boost nationalistic pride, to shame anyone who failed to toe a jingoistic line. The lies fit a pattern, clamoring for war, and on both sides they suggested a society that had slipped the bonds of rationality and fallen completely to the post-fact order.

Sia che abbiate ricevuto le vostre notizie da redazioni con sede in India o in Pakistan durante il conflitto, avreste faticato a trovare la vostra strada attraverso un miasma di menzogne…

Numerose erano le menzogne mirate, che non erano errori innocenti avvenuti nella nebbia della guerra, ma al contrario il risultato di sforzi per screditare il nemico, alimentare il sentimento nazionalista e diffamare chiunque si allontani dalla retorica sciovinista. Queste menzogne seguivano un certo modello, acclamando la guerra, suggerendo da entrambe le parti l'avvento di una società che si affrancava dal razionale e cadeva completamente nell'era dell'ordine post-fattuale

Le autorità tanzaniane sospendono il giornale e il sito d'informazione The Citizen

Il 27 febbraio, le autorità tanzaniane hanno ordinato una sospensione di 7 giorni nei confronti del giornale e sito d'informazione indipendente The Citizen [24]con la motivazione che i media avevano violato il divieto di pubblicare informazioni e statistiche false. All'origine di queste accuse, un documento datato 23 febbraio [25] sulla caduta dello scellino tanzaniano.

Il Comitato di Protezione dei Giornalisti [26], la Federazione Internazionale dei Giornalisti [27] e la Federazione dei Giornalisti Africani hanno condannato questa decisione.

In Kenya, i difensori della privacy continuano a respingere il progetto di registro unico delle identità

Le organizzazioni di difesa dei diritti si stanno mobilitando [28] per impedire la creazione di un nuovo registro digitale di gestione dell'identità su scala nazionale che, a loro avviso, lede il diritto alla privacy, all'uguaglianza, alla non discriminazione e alla partecipazione pubblica dei kenioti.

Il Sistema Nazione Integrato di Gestione dell'Identità (NIMS) fonde diversi registri esistenti, raccogliendo in tal modo i dati relativi alle nascite e ai decessi, allo status d'immigrazione, ai passaporti e al registro automobilistico. Questo nuovo sistema permette, inoltre, al governo di raccogliere i dati di geolocalizzazione del domicilio dei cittadini nonché dati biometrici come il DNA. La legge non prevede alcuna misura di protezione di questi dati personali.

L'Ecuador cerca di bandire le “notizie false” e le “pubblicazioni abusive”

Una legge presentata [29] [es] al Parlamento dell'Ecuador potrebbe criminalizzare gli utenti che condividono informazioni “false” sui social network. Inoltre, la legge sull'uso responsabile dei social network consentirebbe alle vittime di “pubblicazioni abusive [30]” [es] – definite come l'uso di informazioni di una persona senza il suo consenso o di informazioni lesive dell'onore, della dignità, del nome o per la privacy di una persona – di sporgere denuncia contro i loro autori.

Su una nota più positiva, la legge richiede anche che ogni individuo o azienda che desidera raccogliere e conservare dati personali ottenga l'autorizzazione preventiva dell'utente.

 

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Afef Abrougui [32], Ellery Roberts Biddle [33], L. Finch [34], Talal Raza [35], Chris Rickleton [36]Taisa Sganzerla [37] hanno contribuito a questo articolo.