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Un anno senza internet in Ciad: i cittadini si trovano isolati dai social e da internet da marzo 2018

Categorie: Africa sub-sahariana, Chad, Citizen Media, Cyber-attivismo, Diritti umani, Governance, Libertà d'espressione, Protesta, Tecnologia, Advox

Il Centro nazionale per la cultura a N'Djamena in Ciad. Foto Notrchad (CC BY-SA 3.0).

Da quasi un anno, i cittadini ciadiani non possono [1] [fr, come i link seguenti, salva diversa indicazione] accedere a internet, nonostante la risoluzione del Consiglio per i diritti umani (UNCHR) delle Nazioni Unite del 1° luglio 2016, che condanna tutti i governi che prevengono o interrompono intenzionalmente l'accesso online [2].

I provider di servizi attribuiscono [3] tale interruzione a problemi tecnici, ma organizzazioni come Internet without Borders affermano [4] che sia stato il governo a ordinare agli operatori di servizi di telefonia mobile di limitare l'accesso a internet. Sembra che il governo stia tentando di imbavagliare [5] la libertà di espressione dei cittadini e di impedire la libera circolazione di informazioni.

Nel Ciad, il numero di cittadini che ha accesso alla rete internet è proporzionalmente il più basso dell'Africa [6]. Se in media il 37,4% degli abitanti del continente ha accesso a internet, questa percentuale scende ad appena il 5% [7]in Ciad.

Pablo Michelot, caporedattore di l'Encre Noir [8], un sito web che si occupa di attualità per la comunità di colore, ha affrontato l'argomento in un recente post sul blog intitolato “Il mondo è un villaggio da cui i ciadiani sono esclusi”. Ha poi commentato [9]:

Depuis près d’un an maintenant, les réseaux sociaux sont verrouillés dans la République du Tchad suite à une recommandation du pays d’Afrique centrale de reconduire le Président Idriss Déby au-delà de 2030. Selon le dirigeant du pays en 2016 “le Tchad ne peut pas se concentrer sur un système qu’un changement de pouvoir mettrait en difficulté.”

Da oltre un anno ormai le reti social nella Repubblica del Ciad sono state bandite, a seguito della decisione del paese di permettere al Presidente Idriss Déby di continuare a governare dopo il 2030. Nel 2016, il Presidente ha affermato che il “Ciad non può focalizzarsi su un sistema che non è in grado di risolvere le difficoltà quando il potere passa di mano”.

Mentre negli altri paesi africani il numero di utenti dei social media sta aumentando, nel Ciad è tutta un'altra storia. Nei dodici mesi precedenti al gennaio del 2019, 150.000 utenti in meno, [7] ossia il 54% della popolazione, hanno utilizzato i social media

[10]

Poster in cui si chiede al governo del Ciad di “terminare la censura di internet” e di “consentire nuovamente l'accesso alle reti social”. Riproduzione autorizzata dal blog Africtivistes.

Gli attivisti dei diritti umani credono di essere loro i veri bersagli del blocco dell'accesso a internet. La ONG Frontline Defenders ha commentato come segue [11] [en]:

 There is a systematic ban on protests conducted by those whom the government sees as critical of any of its policies. Civil society actors and trade unionists holding unauthorized protests have repeatedly been the subject of police brutality.

…There is frequent interference with the work of journalists, especially those reporting or commenting on human rights issues. Freedom of expression is curtailed and on several occasions in the past five years, .. amidst tense political moments.

Le proteste organizzate che criticano una qualsiasi politica del governo vengono regolarmente censurate. I protagonisti della società civile e i sindacalisti che organizzano proteste non autorizzate sono stati ripetutamente vittime della brutalità della polizia.

…Il governo interferisce frequentemente con il lavoro dei giornalisti, e in particolare con il lavoro di quelli che si occupano di o scrivono commenti sui problemi relativi ai diritti umani. La libertà di espressione è stata limitata in numerose occasioni negli ultimi cinque anni, sopratutto nei momenti di maggiore tensione politica.

Il 19 gennaio del 2019, Internet Without Borders ha lanciato una campagna globale con l'hashtag #Maalla_Gatetou, che significa “Perché staccare la spina?” nell'arabo del Ciad. La campagna online, unitamente alle proteste organizzate a Parigi e N’Djamena, mirano a dimostrare quanto i cittadini siano infuriati dalla censura dei social media.

Abdelkerim Yacoub Koundougoumi, Direttore della sezione africana di Internet Without Borders ha spiegato che  [12][en]:

La cyberbrutalité et le verrouillage de l’espace numérique par les autorités tchadiennes démontrent clairement la montée des pratiques autoritaires sur l'Internet. Si rien n’est fait, les bienfaits d’Internet pour le progrès démocratique dans le monde, notamment en Afrique, seront réduits à néant

La repressione online e il blocco delle risorse digitali dimostra chiaramente che le autorità ciadiane stanno sempre più rafforzando il loro approccio repressivo nei confronti dell'accesso a internet. Se non viene presa alcuna misura, rischiamo di non poter beneficiare del progresso democratico che Internet ha portato in altri paesi del mondo, soprattutto in Africa”.

Gli utenti di internet hanno espresso la loro rabbia tramite Twitter. Di seguito, sono riportati alcuni dei tweet più recenti relativi all'hashtag #Malla-Guatétou:

Se ho capito bene, l'impatto delle reti social è così potente da essere considerato quasi più pericoloso dei Kalashikov di Déby. Kalashnikov 0 Tastiere 3. Questo è il risultato della partita.

Hanno compreso che non possono prendere di mira le persone per molto tempo. I CLIC sono molto più potenti del loro POTERE!

Ai comuni cittadini è stato impedito di utilizzare internet per oltre 300 giorni. I leader africani devono capire che internet è uno strumento di lavoro, quindi non ha senso bloccare l'accesso per tentare di evitare che i cittadini si oppongano alle loro politiche. ‪

Campagna contro la censura su internet nel Ciad. Da quasi dieci mesi il governo sta impedendo ai ciadiani di accedere ai social media.

Gli osservatori del continente africano sono sempre più preoccupati per la situazione nel Ciad. Il blogger algerino, Yacine Babouche, ha scritto [29] il seguente post sul blog tsa-algerie.com:

Le sujet est important et va au delà du Tchad. De Nombreux Etats africains ont désormais systématiquement recours à cette forme de censure. L'histoire d'Internet a montré que l'Afrique est un laboratoire des pires pratiques lorsqu'il s'agit de violer les libertés chèrement acquises.
Ne pas laisser passer au Tchad, c'est ne pas laisser passer ailleurs.

Questo è un problema serio che si estende oltre il Ciad. Molti altri paesi africani stanno ora usando sistematicamente questa forma di censura. La storia di internet ha dimostrato che l'Africa è il banco di prova delle pessime prassi che violano le libertà conquistate con molta fatica.
Impedire che accada nel Ciad significa impedire che accada altrove.

Le tariffe per la connessione a internet in Ciad sono tra le più alte [30] del continente, essendo 20 volte superiori a quelle di altri paesi nella regione.

A febbraio, Internet Without Borders ha iniziato la seconda fase della sua campagna globale contro la censura dei social media nel Ciad (#Acte2).

Tra il 19 e il 28 marzo, sono state organizzate varie iniziative per mettere in evidenza che nel Ciad l'internet è inaccessibile da ormai un anno. La ONG ha postato [31] su Facebook questo messaggio video con un appello di  video di Bintou Datt, una coach per le donne imprenditrici:

Hello, my name is Bintou Datt, creator of women's values, alter-globalist activist and pan-africanist. We are the people, we are young, we have fundamental human rights. I'm appealing to young people in Chad. Let's rise together to defend our rights, to defend what is lawfully and rightfully ours. Today, with the disappearance of these young people from social media, we feel cut off from our friends, from our families, from ourselves and our inspiration. We cannot communicate and yet it is the simplest thing. It is the most basic of rights we can claim, but they cut us off from our friends. So dear young people, dear sisters, dear men and women, young and old, let's rise together to lift this censorship and say “Stop. That's enough. No more.” End the censorship of the young people of Chad. Long live freedom of expression. Long live international solidarity. Long live solidarity among the peoples, which, for me, is the only way. Let's rise up together. Let's take what is rightfully ours, let's take what is our right. Access to information. Let's rise up together. Hand in hand. Let's fight to take back what belongs to us. Let's fight to take back control of our lives. That will not happen without access to information or access to communication. Let's rise up to speak with one voice. The young people in Chad. Thank you. End censorship.

Salve, mi chiamo Bintou Datt e sono una creatrice di valori per le donne, un'attivista dell'anti-globalismo e una panafricanista. Siamo persone, siamo giovani ed abbiamo diritti umani fondamentali. Mi appello ai giovani del Ciad. Protestiamo tutti insieme per difendere i nostri diritti, per difendere ciò che ci spetta legalmente e di diritto. Oggi, dopo la scomparsa di questi giovani dai social media, ci sentiamo isolati dai nostri amici, dalle nostre famiglie, da noi stessi e dalle nostre aspirazioni. Non possiamo comunicare, nonostante sia semplicissimo. È il principale diritto di base che possiamo reclamare, ma ciononostante ci hanno isolato dai nostri amici. Cari giovani, cari uomini e donne, giovani e vecchi, uniamoci per chiedere l'eliminazione della censura e gridiamo “Stop. Basta. Non è più tollerabile”. La censura dei giovani nel Ciad deve terminare. Lunga vita alla libertà di espressione. Lunga vita alla solidarietà internazionale. Lunga vita alla solidarietà tra le persone che, per me, è l'unica via percorribile. Protestiamo insieme. Riprendiamoci ciò che per diritto ci spetta: l'accesso alle informazioni. Facciamolo insieme, mano nella mano. Lottiamo per riprenderci ciò che ci appartiene. Lottiamo per riprendere il controllo della nostra vita. Ciò non potrà avvenire se le persone non hanno accesso alle informazioni e non possono comunicare. Ribelliamoci e facciamo sentire la nostra voce, quella dei giovani del Ciad. Grazie. Mettiamo fine alla censura!