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A Barcellona la sede di un ex centro culturale diventa un rifugio autogestito e destinato ai senzatetto

Categorie: Europa occidentale, Spagna, Citizen Media, Governance, Idee, Rifugiati
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Immagine della sede della Casa de Cádiz, ora occupata. Foto: Pere Montiel, utilizzo autorizzato.

A Barcellona, vicino alla Sagrada Familia [2] [it], la cattedrale turistica per eccellenza, un gruppo di senzatetto ha occupato un immobile conosciuto come “La Casa de Cádiz” [La Casa di Cadice]. L'intento è quello di creare un progetto volto a offrire una soluzione immediata all'emergenza abitativa e a sviluppare attività di interesse sociale.

Uno dei promotori dell'iniziativa, Lagarder Danciu, spiega nel suo blog [3] [es, come tutti i link successivi salvo diversa indicazione] che dopo dieci anni di abbandono [4], la casa, una proprietà condivisa tra il Comune di Cadice e l'istituto bancario Bancaja, è occupata dallo scorso 9 novembre 2018. Al momento è autogestita dagli stessi occupanti. Il progetto dà accoglienza a rifugiati, ad anziani la cui pensione non basta per pagare l'affitto e a famiglie sfrattate.

Gli obiettivi del progetto non sono pochi e nemmeno semplici. Le forze dell'ordine si sono presentate in varie occasioni per bloccare i lavori di ristrutturazione e anche in seguito alle denunce di esproprio [5] dell'immobile, che paiono essere state effettuate dal Comune di Cadice. Questo fatto ha sollevato alcune critiche nei confronti del sindaco della città, José María González, “Kichi [6]“, conosciuto per le sue idee anticapitalistiche e per essere difensore dei diritti sociali, stando a quanto riportato da El Periódico [5].

Secondo il quotidiano locale Metrópoli Abierta [7], Danciu non nasconde le sue critiche contro istituzioni e organizzazioni. Ha infatti puntualizzato che le ONG “trafficano quotidianamente con la povertà”, fenomeno che stanno cercando di fermare mediante lo sviluppo di progetti come “Okupa Casa Cádiz”.

Nonostante ciò, è probabile che la sfida principale del progetto stia nel fatto che, tra le altre cose, il Comune di Cadice abbia messo l'immobile in vendita.

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Il momento della cena a Casa de Cádiz. Gli occupanti si riuniscono a tavola. Foto: Pere Montiel. Utilizzo autorizzato.

Faccende domestiche e attività culturali a “Okupa Casa Cádiz”

Sul suo canale di YouTube [8], Danciu spiega che le persone che vi partecipano vogliono cambiare la loro situazione e progetti di questo tipo li aiutano a farlo.

Cucinare, fare le pulizie o il bucato sono i compiti che vengono svolti abitualmente. Una commissione costituita dagli stessi residenti valuta queste attività che permettono a chi le svolge di accumulare dei punti per continuare a soggiornare nella casa:

La partecipazione alle faccende domestiche è molto importante a #OkupaCasaCadiz. Rafforzare le abitudini e far sentire i senzatetto parte integrante del progetto. Le istituzioni ci trattano come se non fossimo capaci di fare nulla.

Il progetto viene documentato attraverso un sito web [12], un profilo Twitter [13] e dal canale YouTube di Lagarder Danciu [14].

Allo stesso tempo, i residenti e le persone vicine al progetto organizzano varie attività [15]. Per esempio, “caffè filosofici [16]“, in cui vengono tenute letture di gruppo, laboratori d'arte e terapia, come quello visibile nel seguente tweet:

Laboratorio di pittura LandArt a #OkupaCasaCadiz. Le persone senza fissa dimora imparano a gestire le proprie emozioni attraverso l'arte.

Altri organizzatori del progetto hanno raccontato a Global Voices che si tengono lezioni di catalano e spagnolo per i rifugiati politici ed economici. Vengono anche organizzati concerti di musica alternativa [19], come quello dello scorso 23 marzo [20] con il gruppo hip hop, “No somos tu rollo [21]“:

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Il duo hip hop “No Somos Tu Rollo” durante il concerto a Okupa Casa Cádiz. Foto: Pere Montiel [22]. Utilizzo autorizzato.

Le rivendicazioni di Okupa Casa Cádiz

Il movimento Okupa [23] è conosciuto come un movimento sociale che occupa immobili e terreni abbandonati, senza il permesso dei proprietari. In Spagna il fenomeno “dell'okkupazione” ha avuto inizio a Barcellona negli anni '80. Il movimento si rifaceva al fenomeno dello “squatting”, ai tempi diffuso nella democratica Europa e negli Stati Uniti [24] [en] a partire dagli anni '70.

Sia per lo squatting che per il movimento Okupa, l'obiettivo principale è quello di rispondere alle difficoltà economiche e di denunciare le limitazioni al diritto alla casa e alla proprietà privata. A ciò Okupa Casa Cádiz aggiunge anche il problema della privatizzazione dei servizi sociali.

Nello specifico, i residenti di Casa Cádiz sono critici nei confronti dei servizi pubblici la cui gestione è stata privatizzata mediante gare d'appalto organizzate dal Comune di Barcellona. Si riferiscono sia a servizi base sia specializzati, come, per esempio, l’assistenza a domicilio [25], o a quelli che coinvolgono direttamente i senzatetto, come i servizi per le emergenza sociali [26], che nonostante siano di proprietà pubblica sono gestiti da aziende private.

Un altro aspetto evidenziato dal progetto è la denuncia della speculazione edilizia e la violazione al diritto costituzionale all'abitazione. Molti dei fruitori del progetto sono stati vittime di sgombri causati dalla forte speculazione e dall'aumento [27] smisurato del prezzo degli affitti [28].

Destino incerto

Nonostante l'intenzione di portare a termine la vendita dell'immobile, il Comune di Cadice ha dato il suo benestare e a gennaio ha avanzato un'offerta di cessione temporanea [29]. Offerta accolta però con diffidenza dagli abitanti della casa che dovrebbero costituire un'associazione legale, cosa che li farebbe sentire “controllati”, come ha spiegato Danciu al giornale La Voz de Cádiz [30].

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L'attivista, Lagarder Danciu, posa con Ronny. Foto: Pere Montiel, utilizzo autorizzato.

Una nuova proposta è in fase di negoziazione, e prevede “l'inserimento di due associazioni nelle fasi di intermediazione e negoziazione: l'associazione Carpa e l'associazione nazionale andalusa, con le quali l'avvocato degli okupas si è già messo in contatto”.

La consigliera per gli affari sociali, Ana Fernández, ha spiegato al quotidiano locale La Vaguardia [31] che i ricavi provenienti dalla vendita della casa sono necessari al budget della città: “Data la situazione economica in cui versa, il Comune di Cadice non si può permettere di lasciarsi scappare la somma prevista per [la vendita di] un locale di tali caratteristiche”.