Insieme a diversi blog indipendenti e pagine social, il sito indipendente di notizie e commenti più seguito in Tanzania, Jamii Forum [en, come i link successivi, salvo diversa indicazione], è stato chiuso in vista dell'introduzione della “tassa sui blog”.
A partire dal 15 giugno 2018, infatti, i blogger della Tanzania dovranno registrarsi e pagare oltre 900 dollari all'anno per pubblicare online. I gestori di blog e altri siti di contenuti online, come ad esempio i canali YouTube, che dopo tale data non saranno titolari di una licenza, saranno passibili di ammenda “fino a cinque milioni di scellini tanzaniani” (circa 2.500 dollari), di arresto “fino a 12 mesi” o di entrambe le cose.
Nonostante i considerevoli costi di registrazione e le onerose ammende, ciò che preoccupa i blogger non sono solo i soldi ma anche la complessità e l'ambiguità delle nuove regolamentazioni.
Fin dal 16 marzo 2018, quando la direttiva è stata emanata per la prima volta dall'Autorità di regolamentazione delle comunicazioni della Tanzania (TCRA), i blogger e le organizzazioni della società civile tanzaniana hanno reagito attivamente e in diversi modi alle nuove regolamentazioni.
Una coalizione tra il Centro per i diritti giuridici e umani e altre organizzazioni della società civile (quali i Difensori dei diritti umani della Tanzania, il Consiglio dei media della Tanzania, Jamii Media, l'Associazione dei media delle donne della Tanzania e il Forum degli editori della Tanzania) hanno sottoscritto una petizione presentata il 4 maggio alla High Court di Mtwara. Il giudice ha richiesto ai firmatari di ripresentare la petizione da un punto di vista tecnico, assicurando loro un'ingiunzione temporanea fino al 28 maggio. Alla fine, però, il caso è stato respinto con la seguente motivazione del giudice: “le organizzazioni non sono state in grado di dimostrare in che modo sarebbero interessate dalle regolamentazioni”.
I blogger tanzaniani hanno protestato attivamente contro le nuove regole sui blog, commentandole pubblicamente online. Aikande Kwayu, che sul suo blog ha affrontato ampiamente e in modo particolare il tema della politica tanzaniana e delle elezioni del 2015 (oltre a scrivere recensioni di libri e racconti brevi), ha sospeso il suo sito il 1° maggio in segno di protesta.
Ben Taylor, che risiede nel Regno Unito, ha invitato i blogger tanzaniani a pubblicare post sul suo blog Mtega, dedicato alla tecnologia e allo sviluppo. Il 27 aprile, Chambi Chachage ha ceduto la proprietà del suo blog Udadisi (“Curiosità” in swahili) a Takura Zhangazha, che risiede nello Zimbabwe. Infine, Elsie Eyakuze ha sospeso il suo blog The Mikocheni Report autoproclamandosi “rifugiata digitale”:
Yes. Am taking a break, and as a digital refugees will depend on the kindness of others until I can figure out the answer to the What Next question.
— Elsie Eyakuze (@MikocheniReport) June 12, 2018
Sì. Mi sono presa una pausa e, in quanto rifugiata digitale, dipenderò dalla bontà degli altri fino a quando non sarò riuscita a rispondere alla domanda: “E adesso?”.
L'11 giugno, la decisione di chiudere il famosissimo Jamii Forum, soprannominato anche “il Reddit tanzaniano” e “il Wikileaks in swahili”, ha creato grande agitazione sulla scena tanzaniana dei social network.
Nel dicembre 2016, la polizia aveva arrestato Maxence Melo, co-fondatore e direttore di Jamii Forums, per essersi rifiutato di fornire informazioni sui membri richiestegli in base alla Legge sulla criminalità informatica.
Il 12 giugno, Elsie Eyakuze ha pubblicato un tweet sul modo in cui i social hanno connesso le persone offline in Tanzania, e sull'importante ruolo di informatore ricoperto dalla piattaforma Jamii Forums sui documenti riguardanti la corruzione:
I mean. People were leaking documents like whoa all through the forum. Way pre Mange Kimambi. Never imagined I would end up meeting Mike and Max. They smiled more easily then. We were all so much younger! Then I met you all. Akina @mtega and @Dunia_Duara
— Elsie Eyakuze (@MikocheniReport) June 12, 2018
Davvero. Le persone divulgavano documenti in tutto il forum. Molto prima di Mange Kimambi (attivista e commentatrice politica tanzaniana). Non avrei mai immaginato che alla fine avrei incontrato Mike e Max. Al tempo sorridevano più facilmente. Eravamo tutti molto più giovani! Poi ho incontrato voi. @mtega (Ben Taylor) e @Dunia_Duara (Pernille Bærendtsen).
In un'intervista, il fondatore di Jamii Forum Maxence Melo ha dichiarato a The Citizen: “È chiaro che, una volta emanato il regolamento, la nostra piattaforma sarebbe stata presa di mira”.
Il costo di 900 dollari della licenza annuale è cospicuo in un paese in cui circa un terzo della popolazione vive ancora in condizioni di estrema povertà. Il requisito di registrare le piattaforme e ottenere un certificato che attesti il pagamento della relativa tassa può costituire, inoltre, un ostacolo burocratico dal momento che la maggior parte dei blogger non sono titolari di impresa. I proprietari dei blog e delle piattaforme online devono richiedere, innanzitutto, la concessione di una licenza e poi, per rendere le cose ancora più complicate, devono rispettare una serie di regolamentazioni piuttosto complesse.
Il 12 giugno, Aikande Kwayu ha pubblicato il seguente tweet:
I also think the problem is not the payment as much as the subsequent responsibility following the license (if granted). It is not only a self-censorship license but a way to become the state's tool to censor others (contributors) civic right to express.
— Aikande C. Kwayu (@aikande) June 12, 2018
Ritengo, inoltre, che il problema non sia il pagamento quanto la responsabilità derivante dalla licenza (se concessa). Non si tratta soltanto di una licenza all'auto censura, ma di uno strumento dello Stato per censurare il diritto civile altrui (dei collaboratori) per la libera espressione.
Il 12 aprile, Ben Taylor ha cercato di spiegare alcune di queste complessità sottolineando il fatto che, in base alle nuove regole, il proprietario di un blog “deve essere in grado di identificare chiunque posti dei contenuti” e “deve collaborare con i funzionari incaricati di applicare la legge”.
Secondo Taylor ciò potrebbe implicare “la richiesta di rivelare l'identità di chiunque posti sul tuo sito, rendendo così vulnerabile anche gli utenti che pubblicano commenti su blog, siti di notizie e forum in forma anonima che rischiano di vedere la propria identità scoperta”.
Le tensioni politiche, in Tanzania, sono cresciute nel corso degli ultimi cinque anni. In seguito alle elezioni presidenziali del 2015, l'opposizione è stata limitata da un divieto sulle manifestazioni e dall'oppressione esercitata sui media indipendenti per mezzo di sanzioni, intimidazioni e pene per i cittadini per le loro critiche al Presidente John P. Magufuli, capo del partito al potere Chama cha Mapinduzi (CCM, “Partito Rivoluzionario” in swahili).
La legge sulla criminalità informatica, emanata nel 2015, ha giocato un ruolo importante nell'oppressione del dissenso politico. Soltanto nel 2015 e nel 2016, almeno 14 cittadini della Tanzania [it] sono stati arrestati e condannati, in base alla legge, per aver insultato il presidente sui social network.
Tuttavia, la Tanzania non è l'unico Stato che sta prendendo il controllo dei cittadini e del loro utilizzo dei social negli ultimi mesi. Anche l’Uganda [it] e il Kenya hanno di recente promulgato nuove restrizioni alla produzione di contenuti ed emanato nuove regolamentazioni.