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Oltre l'immagine: in che modo i fotografi spagnoli Albarrán e Cabrera concepiscono l'esperienza attraverso le foto

Categorie: Europa occidentale, Spagna, Arte & Cultura, Citizen Media, Idee
"The Mouth of Krishna" series Pigments, Japanese paper and gold leaf. 2013

Serie “The Mouth of Krishna” (La bocca di Krishna). Pigmenti, carta giapponese e foglia d'oro. 2013

Per i fotografi spagnoli Anna P. Cabrera e Angel Albarrán [1] [en, come i link seguenti], il tempo, la memoria e la bellezza costituiscono i tre principali pilastri del loro approccio professionale ed emozionale all'arte.

Firmando il loro lavoro come “Albarrán Cabrera”, le opere audaci della coppia si distinguono nell'odierna arena competitiva della fotografia grazie all'utilizzo di una vasta gamma di procedure e materiali, compresa la stampa al platino, al palladio, in cianotipia e su gelatina d'argento. Hanno anche sviluppato dei processi che incorporano la carta gampi [2] giapponese e la foglia d'oro nelle loro stampe pigmentate.

“Tutto questo serve per un'unica singola finalità: vogliamo avere molti più parametri da giocare con l'esperienza degli spettatori che soltanto l'immagine stessa,” dicono. “La consistenza, il colore, la finitura, le tonalità e persino i bordi di una stampa possono dare informazioni supplementari allo spettatore.”

Albarrán e Cabrera hanno esposto i loro lavori negli Stati Uniti, in Spagna, Giappone, Svizzera, nei Paesi Bassi, in Libano e Italia e in altre nazioni. La loro recente mostra [3] “Subtle Shadows of Bamboo on Bamboo” (Tenui ombre di bambù sul bambù), è terminata il 10 marzo 2019 ad Anversa in Belgio. Ad aprile 2019, le foto di Albarrán e Cabrera saranno esposte presso AIPAD Show  [4]di New York dalla IBasho Gallery e anche presso Art Paris  [5]dalla Esther Woerdehoff Gallery.

In un'intervista con Global Voices, Albarrán (nato nel 1969 a Barcellona) e Cabrera (nata nel 1969 a Siviglia) hanno discusso i loro metodi di lavoro e i segreti del loro lavoro insieme come coppia.

Omid Memarian: Le nozioni di memoria e di identità occupano uno spazio preponderante nella vostra fotografia. Qual è la vostra connessione personale con queste tematiche e come sono riflesse nel vostro lavoro?

Anna: Tutto quello che siamo è memoria. Quando ti occupi di qualcosa correlato alla scienza, ti ispiri a quello che gli scienziati hanno già scoperto per comprendere il mondo. Per quanto riguarda l'identità, sei quello che sei grazie ai tuoi ricordi. Sei il tuo primo anniversario, sei i ricordi di tua madre, sei la memoria dei tuoi giorni a scuola. Sei tutto questo. Persino il modo in cui concettualizziamo il tempo per comprendere la realtà è basato sulla memoria. Questo è più evidente nelle persone che soffrono di perdita di memoria. Per loro, il tempo non esiste.

Serie “The Mouth of Krishna” (La bocca di Krishna). Pigmenti, carta giapponese e foglia d'oro. 2016

Speriamo che la nostra fotografia scateni delle associazioni nel subconscio degli spettatori, basate sui loro ricordi. Preferiamo persino che gli spettatori interpretino la fotografia in un modo completamente diverso da quello che abbiamo originariamente immaginato. Potranno così creare un nuovo insieme di idee per loro stessi.

La memoria è il filo conduttore di tutte le nostre serie di foto. “The Mouth of Krishna” (La bocca di Krishna) è la serie centrale. È il risultato di tutto quello che abbiamo appreso finora. È correlata al modo in cui i nostri ricordi mantengono coerente la nostra realtà, come categorizziamo quello che percepiamo e come lo connettiamo.

Di quando in quando, ci rendiamo conto che alcuni concetti guadagnano maggiore importanza e questo genera un nuovo portfolio. Così, “This is you here” (Questo sei tu qui) studia il concetto di identità e come è creata in base ai nostri ricordi.

“Kairos” ruota intorno all'idea di come gli esseri umani percepiscono il tempo. Il tempo non è qualcosa tangibile, è solo una proprietà dell'universo. Creiamo il concetto d tempo con l'aiuto dei nostri ricordi, e lo dividiamo in passato, presente e futuro.

"The Mouth of Krishna" series Pigments, Japanese paper and gold leaf. 2016

Serie “The Mouth of Krishna” (La bocca di Krishna). Pigmenti, carta giapponese e foglia d'oro. 2016

OM: Avete trascorso molto tempo in Giappone. Come si connette questa geografia particolare alla vostra visione del mondo dell'arte e della cultura?

Angel: La cultura giapponese è molto importante per noi e per il nostro lavoro. Questa cultura, come molte altre, è soggetta a molti stereotipi ed enormi pregiudizi. All'inizio puoi cadere nella trappola della sua estetica e filosofia. Tuttavia quando studi la lingua, il suo popolo e la sua storia, scopri la realtà su questa nazione: le cose buone, cattive e orribili che ogni nazione ha. E tuttavia c'è ancora qualcosa di affascinante: il Giappone ci offre una interpretazione completamente diversa della realtà, se confrontata alla nostra concezione occidentale. Viviamo tutti nello stesso mondo, ma è interpretato da molti punti di vista, completamente diversi.

Il mondo occidentale è ossessionato dalla simmetria e dalla perfezione. Noi comprendiamo la bellezza modellata dalle leggi universali, attribuendo grande importanza al perfetto e all'eterno. L'estetica giapponese è, invece, molto diversa. Vede la bellezza nel transitorio, l'imperfetto, il rustico e la malinconia. Aspira a quello che non è eterno, leggermente rotto, modesto e fragile.

OM: L'aspetto estetico del vostro lavoro è molto audace. In un mondo in cui le raffigurazioni classiche della bellezza sono state scartate, come è percepita la vostra opera nel mondo dell'arte?

Anna: La bellezza è un tema molto complesso. Non è soltanto molto difficile definire che cos'è la bellezza, ma anche averla per oggetto. La graziosità inquieta molto le persone serie. Temono che la bellezza ti farà dimenticare che cos'è realmente la vita. Tuttavia, come ha dichiarato il filosofo Alain de Botton: “Abbiamo bisogno di essere circondati da cose graziose, non per il rischio di dimenticare le cose brutte, ma perché dei problemi terribili pesano così intensamente su di noi, che rischiamo di scivolare nella disperazione e depressione… Il modo in cui una nazione o una persona dice ‘bello’ ti offre indizi vitali su quello che manca.”

Noi non cerchiamo coscientemente la bellezza nel nostro lavoro. Attraverso il mistero dell'ignoto cerchiamo di sperimentare la bellezza della scoperta.

Serie “The Mouth of Krishna” (La bocca di Krishna). Pigmenti, carta giapponese e foglia d'oro. 2016

OM: Avete fatto fotografia naturalistica sia in Europa che in Giappone. Quali differenze vedete in queste due serie di opere?

Angel: Come occidentali, siamo sorpresi e affascinati dall'interpretazione estetica e filosofica che l'Oriente ha sviluppato riguardo al mondo. Sembra molto diversa dalla nostra e, tuttavia, le scuole di pensiero occidentale e orientale sono nate nello stesso periodo. Studiando i filosofi greci presocratici della scuola di Mileto, possiamo trovare nella loro linea di pensiero una ispirazione comune con la cultura orientale: la natura.

Il pensiero orientale e, ancor più specificatamente, il pensiero giapponese non hanno perso questo contatto ancestrale con la natura, mantenendolo attraverso l'evoluzione della loro cultura. Gli ideali e i concetti dell'estetica giapponese sono principalmente influenzati dalla religione. Nello Shintoismo e nel Buddismo, gli dei non sono i creatori della natura, ma la natura è una identità individuale. Nella nostra tradizione occidentale, il concetto giudaico e cristiano di un creatore o Dio ha rotto questo legame e ci ha separato dagli ideali estetici tradizionali dell'antica Grecia. I significati di termini come Wabi-sabi, Miyabi, Shibui o Yuugen esistevano originariamente nella nostra cultura occidentale, ma non si sono evoluti come nella cultura giapponese. Ci rallegriamo del fatto che questa radice comune sia presente nella nostra opera: solitamente gli spettatori non possono distinguere le immagini scattate in Giappone da quelle scattate in altri luoghi.

"The Mouth of Krishna" series. Pigments, Japanese paper and gold leaf. 2018

Serie “The Mouth of Krishna” (La bocca di Krishna). Pigmenti, carta giapponese e foglia d'oro. 2018

OM: Quali sono i principali elementi che influenzano la vostra opera e il mondo in cui osservate l'ambiente e gli oggetti?

Angel: Diversi tipi di artisti, che appartengono a differenti discipline: i fotografi, i pittori, gli scrittori e gli scienziati hanno sempre avuto una forte influenza su di noi. La nostra visione della realtà è plasmata dalla conoscenza derivante dalla letteratura, filosofia, scienza, linguistica, architettura, musica e l'arte in generale. La nostra opera è guidata dall'apprendimento. La fotografia ci aiuta a comprendere la nostra realtà. Le fotografie, per noi, sono come annotazioni visuali in un quaderno. Queste annotazioni visuali sono realizzate con uno specifico stato d'animo e riflettono la nostra struttura mentale verso la realtà. Passo dopo passo, nel tempo, riesaminiamo la nostra opera e questo ci offre nuove idee e prospettive, nello stesso modo in cui si procederebbe con un quaderno o un'agenda.

OM: Quali sono i concetti o temi simili che suscitano l'interesse del vostro pubblico, proveniente da diversi continenti, per seguire e apprezzare le vostre opere?

 Anna P. Cabrera and Angel Albarrán. Curtesy of the artists.

Anna P. Cabrera e Angel Albarrán. Per gentile concessione degli artisti.

Anna: Gli esseri umani utilizzano il loro sistema sensoriale per andare oltre il mondo fisico e nel reame dello spirito. Noi interpretiamo l'informazione che riceviamo, creando così la nostra percezione del mondo intorno a noi. Lo spazio e il tempo sono, in effetti, concetti creati dagli esseri umani per comprendere la nostra realtà. Lavoriamo con temi e concetti che sono universali, che sono comuni alla maggior parte degli esseri umani, a prescindere dalla loro origine, cultura o religione. 

OM: L'arte è estremamente personale, e noi vediamo le vostre due firme nei vostri lavori. Come può il vostro lavoro rappresentare le vostre visioni e caratteristiche personali? Com'è il vostro processo di collaborazione?

Angel: Non riusciamo a immaginarci di lavorare separatamente. Viviamo insieme e condividiamo interessi comuni. Lavoriamo individualmente ogni qualvolta usciamo per scattare fotografie. Questo significa che ognuno di noi prende la sua macchina fotografica e lavora indipendentemente dall'altro. Andiamo insieme in un luogo con la nostra attrezzatura, ma ognuno di noi si concentra in loco e lavora in isolamento. Quando arriviamo a casa, mescoliamo le nostre immagini e lavoriamo nella camera oscura o al computer, senza pensare a chi ha realmente scattato la fotografia.

Anna: Non troviamo lati negativi nel lavorare collaborando. Inoltre non riusciamo a immaginarci di lavorare individualmente. Da un punto di vista logistico, lavorare come facciamo è molto conveniente. Essendo due fotografi, scattiamo più immagini e da angolazioni diverse nello stesso tempo che farebbe una persona sola. Se uno di noi ha un problema con la telecamera, l'altro può aiutarlo. Se uno rimane bloccato, possiamo parlarne insieme, per concentrarci di nuovo. Questi sono soltanto alcuni dei vantaggi, per citarne un paio.

Il processo creativo è molto stressante. I creatori devono prendere decisioni tutto il tempo e su tutto. E come tutti sappiamo, nessuno ha la risposta giusta per tutto. Come creatore, non hai nessuno cui rivolgerti per farti aiutare.