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Afghanistan: la storia di Mina Mangal, ‘una donna forte e indipendente’ assassinata in pieno giorno

Categorie: Asia centrale & Caucaso, Afganistan, Citizen Media, Donne & Genere, Giovani, Guerra & conflitti, Media & Giornalismi, Advox

Mina Mangal. Istantanea di un video [1] pubblicato sul canale Youtube di Suhrab Samadi l'11 maggio.

Laddove conflittualità e insicurezza mettono in dubbio le recenti conquiste dell'Afghanistan, la figura di Mina Mangal si distingueva, rappresentando un segnale di progresso — fino a quando non è stata uccisa, l'11 maggio scorso.

Al momento della morte, la trentenne Mangal lavorava come consulente per la camera bassa del parlamento afghano, e ambiva ad una carriera in politica.

Tuttavia, gli afghani la conoscevano per il suo ruolo di presentatrice di tre canali privati – Lemar TV, Shamshad TV e Ariana TV – dove animava una serie di programmi culturali e, su Ariana, un programma sui diritti delle donne.

Questo tipo di canali indipendenti ha aiutato a riconfigurare il panorama mediatico nazionale, dopo il vuoto lasciato nei mezzi di informazione durante il governo talebano.

Anche se non è ancora chiaro chi abbia sparato a Mangal, in un quartiere orientale della capitale afghana Kabul, verso le 7.30 del mattino, il padre di Mangal, Taleb Jan, ha rivelato [2] [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] alla BBC di credere che l'omicidio sia il risultato di una “disputa di famiglia”, sorta dopo la separazione della figlia dall'ex marito.

L'istituto Nai Media ha richiesto [3] al governo afghano di stabilire se l'assassinio di Mina sia legato o meno alle sue attività professionali.

Ma al di là del movente, l'appello di Taleb alle autorità, “che devono proteggere le mie figlie e le altre donne che come loro escono di casa per lavorare al servizio della nostra società”, trafigge al cuore l'opinione pubblica, in tumulto per l'assassinio.

Una notizia così triste, la giornalista e consulente parlamentare Mina Mangal assassinata oggi a Kabul da una persona non identificata. Era una donna forte e indipendente; RIP #Mina. Non è la prima e non sarà l'ultima (purtroppo). Una protezione seria per le giornaliste, questo è ciò di cui abbiamo bisogno!

Un volto televisivo

Mangal era un personaggio mediatico conosciuto, già prima della sua nomina a consulente culturale alla Wolesi Jirga, la camera bassa del parlamento afghano, nel 2017.

Nata nella provincia di Paktia nel 1989, lavorava nel giornalismo da quasi dieci anni, dopo una formazione da ostetrica.

Recentemente, si era reiscritta all'università per ottenere una seconda laurea, questa volta in legge e scienze politiche.

Mina Mangal era una giornalista famosa nella nazione, che è stata uccisa oggi da un uomo armato non identificato. Spero che possa riposare in pace, sono davvero dispiaciuto per lei, nessuno potrà fermarci, siamo dedicati al nostro lavoro ancora più che in passato.

Completamente sotto shock per l'assassinio dell'ex presentatrice TV Mina Mangal. I colpevoli devono essere portati in tribunale.

Solo qualche giorno prima, il 2 maggio, Mangal aveva rivelato su Facebook di aver ricevuto delle minacce, ma senza indicarne la fonte [ps]:

Uno stupido mi ha fatto sapere che la mia vita è in pericolo. Gli ho risposto che sono innamorata della mia nazione, e che la cosa più importante è che veniamo da Dio e a Lui torneremo, e che grazie alla grandezza di Dio nessuno può fare del male a me o alla mia grande nazione. Morte a tutti gli uomini che minacciano le donne. Questi imbecilli sanno che sto parlando di loro, e se mi minacciano un'altra volta ve li presenterò.

I parenti di Mangal hanno spiegato come lei si fosse sposata due anni fa, ma si fosse subito separata dal marito a causa dei maltrattamenti subiti. Secondo i parenti, nei mesi precedenti alla morte Mina era subissata di minacce dalla famiglia del marito.

Il padre ha accusato pubblicamente la famiglia del marito di averla rapita in un episodio precedente.

Nargis Nahan, ministro delle risorse minerarie e petrolifere, ha riferito in un tweet di stare lavorando con le alte cariche dello stato alle misure di protezione per le donne prese di mira da minacce [fa]:

Hassina Safi, ministro della cultura e dell'informazione, Shahzad Akbar, vice presidente del Consiglio di Sicurezza ed io stiamo lavorando su misure volte a garantire la sicurezza di tutte le donne vittime di minacce.

Diritti sulla carta, insicurezza cronica nella realtà

La tragica morte di una figura pubblica che era allo stesso tempo una donna ed una giornalista ha fatto innescare il dibattito sulle protezioni dedicate ad entrambi i gruppi.

I canali privati in Afghanistan hanno giocato un ruolo cruciale nel portare alla ribalta la violenza di genere, facendo diventare casi di violenza domestica [22], violenza sessuale di gruppo [23] e violenza collettiva [24] contro le donne temi caldi nel dibattito nazionali.

Farkhunda è stata bruciata viva, Baby Masa rapita, stuprata e uccisa, il naso di Bibi Ayesha è stato tagliato, donne vengono lapidate e oggi a Mina Mangal hanno sparato nove volte. Tutti questi crimini sono avvenuti in gran parte alla luce del giorno e in gran parte nell'area verde della capitale, Kabul. #BastaAiFemmincidi

Nel maggio 2019, Tolo News, una delle maggiori agenzie di informazioni, ha riferito [32] [ar] il caso di una donna in gravidanza, Parisa, lanciata dalla finestra del sesto piano di un appartamento dal marito e dalla famiglia del marito. Secondo l'inchiesta, prima della morte Parisa era stata tenuta dalla famiglia del marito in condizioni di semi schiavitù, senza avere la possibilità di fare visita alla propria famiglia.

Queste storie hanno un grande impatto, in una società dove l'utilizzo dei media è in rapida crescita.

E come è indiscutibile l'influenza dei canali mediatici online e televisivi in Afghanistan, altrettanto indisutibili sono gli incubi che affrontano i giornalisti quotidianamente, in relazione alla loro sicurezza.

Nel febbraio di quest'anno, due uomini armati non identificati sono entrati [33] in una stazione radio locale, nella provincia di Takhar, e hanno aperto il fuoco contro due giornalisti presenti nell'edificio.

Shafiq Arya, 28 anni, redattore, e Rahimullah Rahmani, 26 anni, presentatore, sono morti all'istante. Diverse persone sono state arrestate dalla polizia, che non ha chiarito il movente dell'attacco.

Secondo un rapporto di Reporter senza frontiere, pubblicato [34] ad aprile, il 2018 è stato l'anno peggiore dalla caduta dei talebani per numero di morti di giornalisti in Afghanistan, con 15 giornalisti che hanno perso la vita a causa di attentati e omicidi mirati.