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Le azioni del governo durante gli attentati di Pasqua in Sri Lanka sollevano la domanda: i social sono utili o dannosi?

Categorie: Sri Lanka, Censorship, Citizen Media, Cyber-attivismo, Diritti umani, Guerra & conflitti, Interventi umanitari, Libertà d'espressione, Tecnologia, Advox
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Il Kingsbury Hotel a Colombo, Sri Lanka, uno degli obiettivi degli attentati simultanei che hanno colpito il Paese il 21 di aprile. Foto di AKS.9955 tramite Wikimedia Commons [1].

Mentre lo Sri Lanka veniva scosso dalla tragedia degli attentati che hanno colpito chiese e alberghi, il governo del Paese ha preso l'inusuale decisione di bloccare preventivamente la maggior parte dei social media.

L'ufficio del Presidente ha annunciato [2] [en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione] il blocco di Facebook e Instagram, argomentando che il loro utilizzo avrebbe potuto contribuire alla diffusione di notizie false. Il gruppo di ricerca sulla censura di internet, Netblocks, ha segnalato [3] anche il blocco di WhatsApp, YouTube, Viber, Snapchat e Messenger.

Blocchi del genere rappresentano una chiara violazione dei diritti internazionali alla libertà di espressione e all'accesso all'informazione. La tutela di tali diritti è particolarmente importante in situazioni di emergenza, in cui le persone potrebbero avere la necessità di chiedere aiuto o di comunicare con amici e familiari. Mentre i blocchi di internet [5] sono sempre più usati dai governi per controllare la libertà di espressione in rete, i blocchi preventivi sono abbastanza rari. Per esempio, il Bangladesh ha giustificato il blocco [6] di Facebook, Viber e WhatsApp del 2016 come una misura di sicurezza pubblica.

Putroppo, non sorprende che il governo dello Sri Lanka abbia scelto questa strada, data la lunga storia di violenza tra le varie comunità del Paese che ha avuto spazio a più riprese sui social media. A marzo 2018 il governo ha bloccato [7] [it] Facebook, WhatsApp e Viber nel tentativo di sedare la violenza settaria all'indomani degli scontri tra musulmani e buddisti nella città di Kandy, sfociati nell'incendio di una moschea e in attacchi agli esercizi commerciali di proprietà dei musulmani.

All'epoca dei fatti Nalaka Gunawaredene, che scriveva sul sito di informazione Groundviews [8], sosteneva [9] che questi blocchi si erano rivelati controproducenti e inefficaci, privando molte persone di fonti di informazione importanti, mentre gli utenti più esperti e benestanti erano ricorsi all'utilizzo di VPN [10] [it] per aggirare i blocchi. Alcuni studi [11] indipendenti condotti dal ricercatore e romanziere Yudhanjaya Wijeratne [12] e da Ray Serrato [13] hanno rivelato che molte persone avevano installato una VPN per aggirare i blocchi, che avevano invece danneggiato le aziende che facevano affidamento sui social media.

Queste analisi non hanno fermato il governo dello Sri Lanka dal riproporre e ad ampliare il blocco, questa volta con l'apparente intenzione di prevenire disinformazione e dicerie e di evitare che le persone organizzassero rappresaglie.

Wijeratne ha scritto [12] su Twitter che ci sono sempre più persone peparate ad aggirare i blocchi.

Solo un'osservazione generale: questa volta la gente sembra molto più preparata ad aggirare il blocco. È chiaro che i cittadini hanno imparato dopo lo scorso marzo, a differenza del governo.

Altri si rivolgono ancora ai social media per informarsi e stare in contatto con la propria comunità.

Rispetto ? per la popolazione dello Sri Lanka??!

Un'immensa generosità della quale possiamo dirci tutti orgogliosi!

Un gran numero di persone si sta riversando negli ospedali per donare il sangue in seguito all'appello fatto dal Governo.

Nonostante l'attuale blocco in Sri Lanka, Facebook ha lanciato la funzionalità [23]Safety Check” [23] (controllo di sicurezza) per diffondere notizie e per aiutare gli utenti a segnalare il loro eventuale coinvolgimento o a cercare amici che potrebbo essere coinvolti.

Reazioni contrastanti di fronte alle rapide misure di censura

La decisione del governo di bloccare i social media ha prodotto frustrazione, in quanto tali blocchi di solito si rivelano inefficaci e isolano le persone da canali di comunicazione essenziali nel momento del bisogno.

Tuttavia, altri hanno sostenuto questa misura. Il Guardian riporta [24] la dichiarazione di un abitante di Colombo che ha affermato: “Il mancato blocco dei social media avrebbe potuto spingere le persone a organizzare degli attacchi o delle rappresaglie contro i musulmani.”

La risposta in Sri Lanka, sia da parte del governo sia da parte di molti abitanti, suggerisce una certa ambivalenza collettiva in merito all'effetto che li social network potrebbero avere in una situazione di emergenza.

Una narrativa del tutto differente da ciò che sembrava dominante fino a qualche mese addietro, quando i social media erano considerati un modo efficace per coordinare gli aiuti in momenti di crisi. Persino la funzionalità di Facebook “Safety Check” è diventata oggetto di controversie [25] quando era stata disabilitata in città come Beirut, in seguito ai bombardamenti del 2015.

Ma oggi vige una profonda incertezza riguardo alla capacità dei social network di garantire la sicurezza degli utenti vulnerabili in una sitazione di crisi. L'incitazione all'odio e la disinformazione sembrano essere i fattori trainanti di questo cambiamento. Negli ultimi anni, gli esperti e i sostenitori dei media digitali in Sri Lanka hanno sollecitato i colossi dei social media a trovare un modo per contenere l'incitazione all'odio, le molestie e la disinformazione, senza però ottenere grandi risultati.

In uno studio del 2018, Digital Blooms: Social Media and Violence in Sri Lanka [26] (La fioritura del digitale: i social media e la violenza in Sri Lanka) Sanjana Hattotuwa sottolinea che sia Facebook, insieme ad altri social media, sia il governo dello Sri Lanka non sono riusciti a fermare la proliferazione dell'incitazione all'odio e delle disinformazione inerente alla violenza del 2018. Hattotuwa si concentra su Facebook, in quanto si tratta della piattaforma preferita per le comunicazioni in lingua cingalese. Rimarca che sebbene “i social media non siano fonte di conflitti violenti”, rappresentino “un canale di incitazione all'odio e alla violenza di massa”.

La risposta [27] di Facebook agli eventi della domenica di Pasqua in Sri Lanka è stata nettamente smorzata. L'azienda si è concentrata sull'assistenza ai primi soccorritori e sull'applicazione della legge, e ha semplicemente dichiarato di essere al “corrente della dichiarazione del governo riguardo al blocco dei social media” e di impegnarsi ad aiutare.

Così come avevamo considerato il blocco dei social media una misura censoria oltraggiosa, ora potremmo assistere a un aumento del sostegno da parte dell'opinione pubblica dell'applicazione blocco dei social media, qualora le aziende non si dimostrino in grado di gestire le minacce e la disinformazione che circolano sulle loro piattaforme.

In questo momento di orrore e tristezza in Sri Lanka, il destino e l'utilizzo dei social media potrebbe sembrare un tema superfluo. Ma la decisione repentina di bloccare l'accesso a queste piattaforme suggerisce che, secondo il governo locale, i social media possano contribuire a peggiorare la situazione. In questi giorni e nelle settimane a venire, le aziende potrebbero sfruttare questa situazione per fermarsi a riflettere su cosa sia andato storto.