Può la crisi politica albanese ritardare le trattative per l'ingresso del paese nell'Unione Europea?

Uno degli slogan dell'opposizione albanese recita: “No ad un governo di ladri e oligarchi”. Photo by Democratic Party of Albania, uso pubblico.

Mentre l'Albania si trova a fare i conti con una crisi politica in atto da mesi, i suoi cittadini si domandano se ciò potrebbe frenare l'Unione Europea dal dare inizio alle trattative per un eventuale ingresso del paese balcanico nel blocco europeo.

A partire da febbraio 2019, 58 dei 62 parlamentari appartenenti al Partito Democratico e al Movimento Sociale per l'Integrazione, entrambi all'opposizione, si sono dimessi [alb] in seguito alle rivelazioni di Voice of America e della Rete Investigativa Balcanica secondo cui alcuni funzionari del governo avrebbero collaborato con delle organizzazioni criminali alla creazione un sistema di compravendita di voti durante le elezioni del 2017.

Tuttavia, stando alla Commissione Elettorale Centrale, già il 9 aprile 20 nuovi deputati avevano ricoperto i posti vacanti [en], in netto contrasto con la proposta di boicottaggio espressa dalla dirigenza del partito.

Migliaia di persone provenienti da tutte le aree del paese hanno raggiunto la capitale Tirana [it] per scendere in strada [it] insieme agli ex-parlamentari. I manifestanti chiedono le dimissioni del Primo Ministro Edi Rama e la creazione di un governo di transizione che supervisioni delle nuove elezioni parlamentari.

Il 16 marzo Lulzim Basha, leader del Partito Democratico (il principale partito di opposizione), ha twittato:

Non esiste stabilità senza democrazia! Il popolo albanese è unito in nome della libertà, della democrazia e dei valori dell'Europa. È ora di dire basta alle impunità di Rama. Stop ad un governo di ladri e criminali! #AlbaniaproEuropa

Rama non sembra intenzionato a dimettersi, e recentemente durante un discorso pubblico ha affermato [en] — pur senza fare riferimento diretto alle proteste in corso — che il suo governo resterà in carica fino al 2021, anno in cui dovrebbero tenersi le elezioni parlamentari ufficiali.

L'Albania, che è già un membro della NATO, è stata scossa da questa ondata di proteste solo pochi mesi prima di conoscere la decisione presa dal Consiglio dell'Unione Europea in merito all'apertura delle trattative per un suo eventuale ingresso nel blocco UE.

L'Albania è infatti, come altri paesi balcanici occidentali, tra i candidati ufficiali ad una possibile entrata nell'Unione Europea. Affinché un paese possa essere considerato come potenziale nuovo membro, l'UE richiede che vengano soddisfatte una serie di condizioni, tra cui assicurare la stabilità delle istituzioni, l'indipendenza dei poteri e un mercato economico affidabile.

Nel caso specifico dell'Albania, una condizione essenziale posta dall'UE è l'attuazione di una riforma del sistema giudiziario che includa, tra le altre cose, un esame accurato delle credenziali dei giudici.

Alcuni funzionari dell'Unione Europea hanno criticato [en] la decisione dei parlamentari albanesi dell'opposizione di interrompere il loro mandato. Il tedesco Knut Fleckenstein, membro del Parlamento Europeo e relatore per la candidatura dell'Albania, ha rilasciato una dichiarazione datata 28 febbraio, in cui afferma:

Boycotting the Parliament is in no respect a way out of political problems and is against democratic principles. Parliament is the forum where political disagreements should be addressed. I call on political responsibility from all parliamentarians to fulfill their duties and resume parliamentary work in the interest of the country and of its EU integration prospect, not with the next election in mind.

Boicottare il Parlamento non è in alcun modo una soluzione ai problemi politici e va anzi contro i principi alla base della democrazia; il Parlamento è il luogo dove tali divergenze dovrebbero essere affrontate. Faccio dunque appello alla responsabilità politica di tutti i parlamentari affinché compiano il proprio dovere, riprendendo le attività parlamentari nell'interesse del paese e della sua possibile entrata nell'Unione Europea, e mettendo momentaneamente da parte le prossime elezioni.

Rimane ancora da chiarire se la risoluzione di queste tensioni politiche costituirà un'ulteriore condizione necessaria per l'apertura delle trattative d'ingresso nell'UE.

Il 2 aprile, parlando con alcuni rappresentanti della Commissione per gli Affari Esteri del Parlamento Europeo, il Commissario Europeo per l'Allargamento e la Politica di Vicinato Johannes Hahn ha dato segnali incoraggianti sull'inizio delle trattative tra la Commissione Europea e l'Albania.

Hahn ha affermato [en] (minuto 11:47:20):

I expect, on the basis of what we have observed, that we will make a recommendation for North Macedonia and also for Albania that they should enter the preparatory stage for accession negotiations. And this will be done officially.

Mi sento di affermare che, sulla base di quanto abbiamo osservato, la fase preparatoria dei negoziati di adesione verrà ufficializzata sia per la Macedonia del Nord che per l'Albania.

Hahn ha poi aggiunto:

If our partners satisfactorily fulfill the criteria [for opening the negotiations], then is an issue of our credibility and our reliability. We also need to live up to our side of the bargain. When our partners meet the criteria for the beginning of accession discussions, then we need to react positively.

Qualora i paesi partner rispettassero i criteri necessari [all'apertura dei negoziati], saremmo poi noi a dover mantenere la parola data; il contrario vorrebbe dire mettere in dubbio la nostra credibilità e la nostra affidabilità. È opportuno reagire positivamente nel momento in cui dei paesi partner soddisfano i criteri necessari per avviare le trattative d'adesione.

Tra tutti i paesi balcanici occidentali, solo la Serbia e il Montenegro hanno ufficialmente aperto le trattative d'adesione con l'Unione Europea, rispettivamente nel 2014 e nel 2012. Nel caso della Serbia, una delle condizioni necessarie [en] ad un esito positivo è il miglioramento delle relazioni con il Kosovo, la cui indipendenza non è ancora stata ufficialmente riconosciuta da Belgrado.

Nel frattempo, l'Albania e la Macedonia del Nord sono sulla buona strada per avviare i negoziati.

Recentemente la Macedonia ha fatto dei significativi passi in avanti, cambiando il suo nome [it] in Macedonia del Nord e risolvendo così una disputa con la Grecia, membro NATO e UE, che era in atto da 27 anni.

Le proteste non accennano a diminuire

La manifestazione più recente organizzata dall'opposizione si è tenuta il 3 aprile di fronte all'Assemblea Nazionale, senza arrecare però particolare disturbo alle attività parlamentari.

Tuttavia, l'opposizione ha affermato [en] che non farà marcia indietro fino a che non otterrà le dimissioni del Primo Ministro Rama. Rimane inoltre da stabilire se il Partito Democratico parteciperà o meno alle elezioni municipali previste per il 30 giugno [en].

L'8 e il 9 aprile Matthew Palmer, il Vice-assistente del Segretario di Stato Americano ha incontrato a Tirana il Primo Ministro Rama, i leader dell'opposizione Lulzim Basha e Monika Kryemadhi, e il presidente della Repubblica d'Albania Ilir Meta. Durante un incontro con i giornalisti, Palmer ha affermato di non essere a Tirana per negoziare una risoluzione della crisi politica, ma ha ugualmente incoraggiato i partiti dell'opposizione a presentarsi alle elezioni locali (secondo quanto si legge nella trascrizione pubblicata [en] sul sito dell'ambasciata americana in Albania).

Simpatizzanti dell'opposizione provenienti da tutto il paese si sono riversati nella capitale per prendere parte alle manifestazioni; sono stati riportati alcuni disagi derivanti da frequenti blocchi alle strade e occasionali lanci di gas lacrimogeno da parte della polizia. Una parte dei cittadini pare tuttavia non appoggiare né le proteste né il Primo Ministro, sostenendo che non ci siano differenze tra le due fazioni.

La prossima manifestazione è prevista per il 13 aprile di fronte all'ufficio del Primo Ministro.

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