I voti dei cittadini di origine albanese potrebbero essere decisivi per le elezioni presidenziali in Macedonia del Nord

Due elettori all'ingresso di un seggio in Macedonia del Nord. Foto di Meta.mk News Agency/Borche Popovski, CC BY.

Questo articolo è apparso per la prima volta su Meta.mk News Agency [en], un progetto di Metamorphosis Foundation; di seguito se ne può leggere una versione modificata in base alle norme per la condivisione dei contenuti.

Il 5 maggio scorso, la Macedonia del Nord si è recata a votare per il secondo turno delle elezioni presidenziali, nonostante ci fosse grande incertezza su quali sarebbe stata l'affluenza alle urne e il risultato finale.

Si tratta delle prime elezioni presidenziali dal 2016, quando il partito di destra VMRO-DPNME (Organizzazione Rivoluzionaria Interna Macedone – Partito Democratico per l'Unità Nazionale Macedone), dopo aver governato per 12 anni, ha perso la maggioranza politica. Queste elezioni sono inoltre la prima importante occasione per testare il supporto di cui gode l'attuale coalizione di governo guidata dal partito pro occidentale Unione Social Democratica di Macedonia (SDSM).

Il candidato socialdemocratico Stevo Pendarovski ha vinto il primo round per un soffio, con il 42,81% dei voti [mk, come i link seguenti, salvo diversa indicazione]; e la sua principale avversaria, Gordana Siljanovska Davkov, appartenente al partito di destra VMRO-DPNME, ha ottenuto il 42,25% , con soli 4486 voti di differenza.

Nessuna coppia di candidati alle ultime cinque elezioni presidenziali in Macedonia del Nord era mai passata al secondo turno con un margine così ristretto [en].

Un altro dei motivi di preoccupazione per questo secondo turno di votazioni riguarda il raggiungimento del quorum minimo di voti, necessario per rendere valido il risultato. La legislazione macedone prevede infatti che questo accada qualora almeno il 40% del totale degli aventi diritto al voto (1 milione e 800 mila) si presenti alle urne. Il primo turno delle elezioni, tenutosi il 21 aprile, ha registrato un'affluenza del 41,67 %, appena sopra il limite accettabile.

I voti albanesi

Blerim Reka, il terzo candidato e di etnia albanese, ha concluso il primo turno di votazioni con il 10,6% dei voti. La comunità albanese costituisce un quarto della popolazione della Macedonia del Nord, e sembra che la maggioranza dei voti ricevuti da Reka provenga proprio dai cittadini della sua etnia.

Manifesto nel centro della capitale macedone Skopje, raffigurante Blerim Reka, di etnia albanese, candidato alla presidenza del paese. Foto di Global Voices, CC-BY.

L'esito finale pare dunque essere nelle mani dei sostenitori di Reka. Secondo gli analisti politici, è molto probabile che quei voti andranno a Pendarovski, dal momento che il programma del partito di destra VMRO-DPNME si basa in larga parte sulla promozione di un nazionalismo etnico macedone.

Furkan Saliu, giornalista macedone, si è espresso su Twitter (sia in albanese che in macedone) in merito al caso del parlamentare Johan Tarchulovski: l'uomo, appartenente al partito di destra VMRO-DPNME, ha infatti partecipato alla campagna elettorale della Siljanovska, pur essendo un criminale di guerra già condannato [sq-mk]:

C'è qualcosa che non torna nell'essere appoggiati da chi è stato condannato per crimini di guerra contro il popolo albanese, e poi chiedere a quello stesso popolo di votare per te.

Un messaggio per il governo

Sommando le schede nulle ai voti ottenuti dalla Siljanovska e da Reka, appare chiaro come un totale di 432.000 persone non abbia votato per il partito socialdemocratico che si trova attualmente al governo.

Il primo ministro Zoran Zaev ha affermato che il governo ha preso coscienza del messaggio che la nazione ha voluto fargli arrivare. Egli ha infatti sottolineato come i risultati ottenuti dimostrino la scontentezza dei cittadini nei confronti dei ranghi più bassi del suo governo, e ha annunciato che si darà da fare per estirpare la corruzione e l'incompetenza che vi dilaga.

Il 5 maggio, Stevo Pendarovski e Gordana Siljanovska Davkova si scontreranno nuovamente durante il secondo turno delle elezioni presidenziali in Macedonia del Nord. Foto di Meta.mk News Agency, CC BY.

Durante un raduno pubblico, l'attore macedone Dragan “Dac” Spasov, ha simbolicamente regalato una scopa a Zaev. A gennaio 2018, Dac si è dimesso dal ruolo di direttore del Teatro Nazionale, avendo causato un incidente stradale che ha coinvolto una ragazza, la quale però non è rimasta gravemente ferita. Successivamente, egli ha affermato che tutti i funzionari di governo dovrebbero seguire il suo esempio di responsabilità politica.

Sembra che il malcontento generale derivi dai recenti scandali di nepotismo che hanno riguardato alcuni parlamentari, i quali avrebbero affidato delle cariche in imprese pubbliche a dei loro familiari. Il 25 aprile Zaev ha poi proceduto a richiedere [en] le dimissioni di tutti coloro che erano stati assunti in questo modo.

Tuttavia, i membri del partito di destra VMRO-DPMNE la pensano diversamente: a detta loro, i risultati di queste elezioni sottolineano anche come i cittadini siano scontenti dell'accordo di Prespa – tra l'altro mai appoggiato dallo stesso VMRO-DPMNE – responsabile del cambiamento del nome del paese in Macedonia del Nord e della fine della disputa con la Grecia in corso da 27 anni.

Questo accordo ha fatto sì che i suoi firmatari, il primo ministro macedone Zaev e il suo equivalente greco Alexis Tsipiras, siano stati nominati per il Nobel per la pace. A tal proposito, la Siljanovska ha affermato che, in caso di vittoria, il suo governo non userà mai il nome Macedonia del Nord.

Pendarovski, dal canto suo, ha affermato che votare il partito di destra VMRO-DPMNE equivarrebbe a votare per un ritorno al regime di Nikola Gruevski, il precedente primo ministro, il quale è stato condannato nel 2018 a due anni di prigione per corruzione, ma si trova attualmente latitante in Ungheria [en].

Ciononostante, è innanzitutto fondamentale che l'affluenza alle urne raggiunga il minimo necessario del 40% per rendere valide le elezioni. Se così non fosse, il processo elettorale dovrebbe ricominciare da capo, con la possibilità di sfociare in una nuova crisi politica.

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