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Il primo ministro della Papua Nuova Guinea sollecita la proposta per regolare i social media e fermare le ‘fake news’

Categorie: Oceania, Papua New Guinea, Censorship, Citizen Media, Governance, Legge, Libertà d'espressione, Media & Giornalismi, Politica, Advox
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Studenti nel corso di informatica al Centro di Sviluppo Hohola Youth. Foto di Flickr del Ministero degli Affari Esteri e del Commercio australiano (CC BY 2.0)

Il governo della Papua Nuova Guinea si è prefissato l'obiettivo [2] [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] di regolare i social media per combattere il diffondersi di bufale online e fake news. Critici e giornalisti hanno messo in guardia sul possibile rischio di limitazione della libertà di espressione.

Il primo ministro Peter O’Neill ha incaricato il Ministro delle comunicazioni e delle tecnologie dell'informazione di esaminare in che modo il governo può regolare i social media, per proteggere i cittadini colpiti dalla circolazione di fake news.

“Sta distruggendo il nostro popolo e distruggendo la nostra socità. Abbiamo vissuto in pace e armonia per migliaia di anni senza i social media,” ha detto [3] nel corso di un briefing sui media.

Ha citato un episodio recente in cui si sparse la voce su Facebook che diverse ragazze e donne nella città di Port Moresby erano state rapite, e che i rapitori erano stati catturati dalla polizia. In risposta, una gran folla di persone si è radunata fuori dalla stazione di polizia locale, chiedendo a gran voce informazioni e giustizia per le ragazze e le donne. In seguito, il presunto rapimento fu confermato come una fabbricazione.

Il primo ministero O'Neill sembrava particolarmente interessato a trovare modi per ritenere Facebook responsabile [4] del suo ruolo di catalizzatore per la diffusione di informazioni false. Ha aggiunto [3] in una intervista ai media:

They make revenue in countries like ours, but do not pay a cent in tax, and leave behind a lot of damage to communities.

Facebook does not even have a local office in Papua New Guinea, and that is an indication of how serious they are about making a contribution to our country, and to properly manage the sensitive issues that we are raising.

Guadagnano in paesi come il nostro, ma non pagano un centesimo di tasse e lasciano molti danni alle comunità.

Facebook non ha nemmeno un ufficio locale in Papua Nuova Guinea, e questo è un'indicazione di quanto siano seri nel fornire un contributo al nostro paese e nel gestire correttamente le questioni delicate che stiamo sollevando.

Questa non è la prima volta che il governo ha minacciato di controllare i social media. Nel 2018, ci sono state segnalazioni sulla proposta del governo di bloccare [5] Facebook per un anno, a causa di problemi relativi a fake news e violazioni della privacy. Questo generò una forte reazione pubblica e le autorità in seguito si allontanarono dai piani per bloccare la popolare piattafoma di social media.

L'annuncio di O'Neill ha coinciso [6] anche con alcuni membri del Parlamento che minacciavano di presentare una risoluzione di sfiducia contro il primo ministro, che loro accusavano [7] di esercitare un controllo eccessivo sui dipartimenti governativi. Ma una crisi politica è stata evitata dopo che O'Neill ha ottenuto il supporto della maggioranza e il parlamento è stato rinviato fino al 28 maggio 2019.

Il piano per regolamentare i social media si è rivelato anche più di una semplice misura anti fake news, dopo che il ministro delle comunicazioni e delle tecnologie dell'informazione Koni Iguan si è lamentato [8] della pubblicazione di “grafiche indecenti” del primo ministro e del procuratore generale. Ha detto che il suo ufficio sta preparando una misura che si occuperà di post su Facebook come questi.

Il governatore della provincia di Oro, Gary Juffa, ha consigliato [9] al governo di non procedere con il suo piano:

We are all subject to abuse and gossip and rhetoric and though we maybe upset or hurt by it we need to ensure we protect the rights of our people to express themselves as that's an essential aspect of democracy is about – freedom of speech. If we have issues we can report it to the Police or take civil legal action.

Siamo tutti soggetti a maltrattamenti, pettegolezzi e retorica, e anche se forse ne siamo turbati o dannegiati, dobbiamo assicurarci di proteggere il diritto del nostro popolo di esprimersi in quanto è un aspetto essenziale della democrazia: la libertà di parola. Se abbiamo problemi possiamo segnalarlo alla polizia oppure intraprendere azioni legali civili.

Il blogger Sylvester Gawi ha ricordato [10] a O'Neill che le violenze alla stazione di polizia di Boroko dovrebbero essere attribuite alla “forza di polizia sottorappresentata e sottosviluppata, che ha scaricato continuamente l'arma senza alcuna responsabiltà”. Ha detto inoltre che il regolamento pianificato sui social media è “adottato dalla Cina comunista”.

The fact is you can't control platforms were information is circulated, attempts to do such undermines the role of democracy and freedom that is enshrined under the constitution of our country.

Il fatto è che non è possibile controllare le piattaforme su cui le informazioni sono diffuse, i tentativi di fare ciò compromettono il ruolo della democrazia e della libertà che è sancito dalla costituzione del nostro paese.

Il giornalista Scott Waide ha respinto [11] la proposta di limitare Facebook:

There is a general agreement that there are a lot of people who use Facebook to spread fake news. They should be investigated and prosecuted using the cybercrime act if law enforcement has the capacity to do it.

But to ban Facebook has wide-ranging implications including direct government interference on the freedom of speech of Papua New Guineans and their right to hold their leaders to account.

È un'opinione generalmente condivisa che ci sono molte persone che usano Facebook per diffondere fake news. Dovrebbero essere indagati e perseguiti usando la legge sul crimine informatico, se le forze dell'ordine hanno la capacità di farlo.

Ma il vietare Facebook ha implicazioni di ampia portata tra cui l'interferenza diretta del governo sulla libertà di espressione dei cittadini della Nuova Papua Guinea e il diritto di tenere conto dell'operato dei loro leader.

Che questi funzionari siano o meno guidati da motivazioni politiche, il governo della Papua Nuova Guinea difficilmente sarà il solo a voler tenere a freno i social media. Dalla Germania all’Egitto [12] a Singapore [13] e oltre, sono state approvate leggi che cercano di ridurre la disinformazione e l'incitamento all'odio online. Mentre alcune di queste leggi hanno implicazioni sugli oratori stessi, altre invece attribuiscono responsabilità legale alle società che gestiscono i social media.

La legge tedesca sull'imposizione delle reti [14], informalmente nota come NetzDG, impone un sistema attraverso cui le grandi piattaforme social (principalmente Facebook) hanno l'obbligo di rimuovere dal loro sito i contenuti che manifestano odio entro 24 ore dal ricevimento della notifica, altrimenti incorrono in sanzioni pecuniarie. Ma la legge ha un difetto critico: non aiuta le società a stabilire cosa è – e cosa non è – un contenuto che esprime odio, lasciando spesso le aziende sbagliare in merito alla censura. Allo stesso modo, gli sforzi per frenare le informazioni false non hanno ideato sistemi per determinare, con un giusto processo, cosa è e cosa non è falso.

Il tempo ci dirà se il Ministero delle comunicazioni e delle tecnologie dell'informazione della Papua Nuova Guinea metterà a punto una soluzione originale a quello che finora è stato un problema intrattabile per i governi e le società di tutto il mondo.