La linea di abbigliamento “Kimono” di Kim Kardashian suscita sgomento in Giappone e nel mondo

Kim Kardashian's Kimono Causes Consternation in Japan

Donne che indossano un kimono a Kyoto, Giappone. Foto dell’ utente di Flickr 2benny. Licenza immagine: Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)

Il 25 giugno scorso, Kim Kardashian, un personaggio di spicco dell'industria dello spettacolo americana, ha annunciato il lancio della sua nuova linea di abbigliamento e accessori chiamata “Kimono”. Il progetto della Kardashian di commercializzare i suoi nuovi prodotti usando una parola comune e iconica in Giappone è rapidamente finito in prima pagina generando fermento e indignazione sui canali social.

Anche se la traduzione letterale di “kimono” [it] (着物) potrebbe significare “qualcosa che si indossa”, la parola in realtà indica l'indumento tradizionale giapponese, tuttora indossato in occasioni speciali o formali [en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione]:

L’ hitoe kimono di oggi è un tessuto di seta di alta qualità su cui è disegnato il mio motivo preferito – la foglia d'acero palmato. Dato che l'hitoe si può usare solo in primavera e in autunno, il colore verde delicato di questa foglia, solitamente associato all'autunno, lo rende adatto a entrambe le stagioni.

Mentre la Kardashian progetta il lancio di un’intera gamma di prodotti a marchio “Kimono”, tra cui valigie, profumi e deodoranti, la celebrità e star dei reality show della TV americana ha reso pubblico il suo nuovo brand con l'inaugurazione di una nuova linea di intimo femminile.

Molti commentatori hanno fatto notare che la linea di lingerie della Kardashian non somiglia affatto all'omonimo indumento giapponese:

Ma che cavolo davvero, Kim, ti droghi?

Numerosi notiziari di spicco in lingua inglese, tra cui la CNN, il Guardian e il Los Angeles Times, hanno subito riportato la notizia etichettandola come fonte di polemiche. La BBC ha tradotto in giapponese [jp] il suo stesso resoconto della storia.

Non tutti, però, sono convinti che la notizia sia fonte di polemiche in Giappone. Come ha osservato Stephen Stapczynski, da lungo tempo corrispondente estero in Asia per Bloomberg:

Qualcun altro ha la sensazione che questo genere di titoli in prima pagina sullo scandalo Kimono siano al limite dell'esagerazione?

Non c'è un solo giornale giapponese che abbia riportato la questione. Ne hanno parlato, in giapponese, solamente i blog e la stampa estera.

Fino a giovedì 27 giugno, la notizia non era stata riportata da nessuna delle edizioni digitali dei maggiori giornali giapponesi, tra cui l’Yomiuri [jp], l’Asahi [jp] o il Mainichi [jp]. Invece di parlare del lancio di “Kimono”, il giornale Sankei ha ripubblicato un comunicato stampa [jp] in cui promuove il numero di agosto della rivista Vogue Japan, dedicato all'ascesa degli influencer – tra i quali anche Kim Kardashian – in ambito marketing.

Finora, Buzzfeed è l'unico tra i notiziari più rilevanti a documentare le reazioni del popolo giapponese al nuovo brand della Kardashian.

La reporter di Buzzfeed Sumireko Tomita ha dovuto spiegare al suo pubblico il significato di “appropriazione culturale”, concetto generalmente poco noto in Giappone [jp]:

「文化の盗用」とは、本人の出身や所属とは違う国・地域の文化や伝統を、自己流に利用したり、盗用したりすることを意味する。

米国などでは、著名人が他国の民族衣装を模した衣装を舞台などで着用し問題となっているが、著名人だけでなく、ハロウィンイベントで海外の伝統衣装を模したデザインのコスチュームを着ることなども問題視されている。

“Appropriazione culturale” significa plagiare o utilizzare la cultura o le tradizioni di un paese o di una regione diversa da quella propria di origine o affiliazione. Negli Stati Uniti e in altri paesi, le celebrità sono spesso criticate per l'utilizzo sul palco di costumi che imitano l'abito nazionale di altri paesi e culture. Le critiche non sono rivolte solo alle celebrità: infatti, è considerato un problema anche l'utilizzo di capi di vestiario tradizionali come costumi per Halloween.

Nel suo articolo su Buzzfeed, Tomita riferisce che l'iniziativa della Kardashian ha senza dubbio scatenato un'immediata e importante discussione sul web in Giappone, incentrata sull'hashtag Twitter #KimOhNo.

In Giappone come altrove, le persone hanno usato l'hashtag per criticare l'iniziativa imprenditoriale della Kardashian, condividendo immagini di veri kimono e utilizzando la frase “questo è un kimono“.

Il kimono è l'abito tradizionale giapponese.

Non è biancheria intima!

Non appropriatevi della cultura giapponese. #kimono#KimOhNo

Alcune delle reazioni più forti sono arrivate dalla comunità nippo americana, come il commento del Densho Project, che documenta le esperienze dei prigionieri nippo americani negli Stati Uniti durante la Seconda Guerra Mondiale:

Trasformare un indumento così significativo e di centennale importanza culturale in biancheria intima a caro prezzo è degradante e disgustoso. Inoltre, cancella la memoria dell'integrazione forzata dei giapponesi e dei nippo americani negli Stati Uniti, e ne trae pure del profitto. #KimOhNo

Mentre l'indignazione dentro e fuori dal Giappone è stata finora focalizzata sull'appropriazione del termine “kimono” da parte della Kardashian per vendere indumenti intimi, altri commentatori hanno evidenziato il fatto che Kim sta provando a registrare come marchio la parola stessa.

Come riporta il sito americano di notizie legate all'intrattenimento TMZ, la richiesta di registrazione del marchio KIMONO INTIMATES negli Stati Uniti da parte della Kardashian è consultabile in varie parti del web.

Il famoso account Twitter Tokyo Fashion ha successivamente scritto: “Kim Kardashian ha presentato domanda per registrare una serie di marchi con la parola “kimono” (anche per il kimono in senso stretto); se concessi, questi diritti sul marchio le permetterebbero di vietare alle aziende giapponesi l'utilizzo della parola “kimono” negli Stati Uniti […]”

In una serie di tweet, Tokyo Fashion ha evidenziato il fatto che la Kardashian non è la prima star imprenditrice americana a tentare di registrare come marchio una parola giapponese per acquisirne i diritti commerciali in maniera esclusiva negli Stati Uniti.

È peggio di quando Gwen Stefani presentò domanda di registrazione della parola “Harajuku” come marchio ad uso esclusivo per la sua linea di abbigliamento. All'epoca, alla Stefani venne chiesto di rinunciare ai diritti sulla parola “Harajuku” di “Harajuku Lovers” ma lei rifiutò. Kardashian dovrebbe rinunciare ai diritti sulla parola “Kimono” del suo marchio.

Comunque, il modo giusto per presentare domanda di registrazione di un marchio con la parola “Kimono” è questo:

“Non vi è alcuna pretesa di uso esclusivo di ‘KIMONO’ al di fuori del marchio qui presente.”

Gwen rifiutò di fare in questo modo con “Harajuku”, nonostante fosse stato richiesto dall'esaminatore dell'istanza di registrazione del marchio.

Lo specialista in diritto della proprietà intellettuale e dei brevetti giapponese Kurihara Kiyoshi ha scritto su Yahoo! Japan News [jp], il sito aggregatore di notizie più famoso in Giappone, che la Kardashian potrebbe persino riuscire ad ottenere la registrazione di certi aspetti del brand Kimono [jp]:

日本でも、指定商品に対して普通名詞化している言葉は商標登録できませんが、それは米国も同様でgenericな言葉(一般名詞)は登録できません。

ただ、普通名詞(一般名詞)か否かの判断はあくまでも指定商品に対してであり、たとえば、KIMONOをコンピューター・ソフトウェアや文房具を指定商品として商標登録することは可能です(実際、米国でもそのような登録例があります)。APPLEを、果物を指定商品にして商標登録することはできませんが、コンピューターが指定商品なら商標登録できることを考えるとわかりやすいと思います。

Proprio come negli Stati Uniti, in Giappone parole comuni o generiche (come “kimono”) non possono essere registrate come marchio a fini commerciali. Tuttavia, determinare se una parola sia più o meno comune o generica dipende dal prodotto o dal bene oggetto di registrazione.

Ad esempio, sarebbe possibile registrare come marchio Kimono per un software informatico o prodotti di cancelleria. Di fatto negli Stati Uniti questo accade già: mentre APPLE non può essere registrata come marchio per la frutta, è ben noto che APPLE è il marchio di una linea di prodotti informatici.

Nell'articolo Kurihara indica che, mentre è difficile prevedere se la Kardashian riuscirà ad ottenere i diritti sul termine “Kimono” come brand per la sua linea di biancheria intima, potrebbe comunque riuscire a registrare il termine come marchio per la sua linea di valigie, accessori e deodoranti.

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