I social network colombiani si mobilitano a favore di un poeta di strada multato per “traffico di poesie”

Il poeta di strada Jesús Espicasa con la sua macchina da scrivere. Foto di Vladimir Diana, condivisa sul suo blog Ce Caudata. Immagine usata con autorizzazione.

Il 10 marzo, il poeta Jesús Espicasa sedeva con la sua vecchia macchina da scrivere su un marciapiede di Bogotà, in Colombia. Lì vicino c'era una fiera di artigianato e gli era parsa una buona occasione per vendere le sue poesie ai passanti.

Ma gli organizzatori della fiera, non contenti della sua presenza, hanno chiamato la polizia. Un agente si è avvicinato a Espicasa dicendogli di raccogliere le sue cose e andarsene, e quando il poeta si è rifiutato, è stato portato a una stazione di polizia dove ha ricevuto una multa di 833.000 pesos (260 dollari), la multa più alta prevista dal codice della polizia colombiana [es, come tutti i link seguenti salvo diversa indicazione]. Quando Espicasa ha chiesto quale fosse il crimine di cui veniva accusato, pare che gli agenti gli abbiano derisoriamente risposto che era un “trafficante di poesie”.

Questa storia è stata raccontata dal famoso scrittore colombiano, nonché amico di Espicasa, William Ospina, nella sua rubrica del 17 marzo sul quotidiano El Espectador. La storia ha sollevato un gran polverone sui social network colombiani e in tutta la nazione ha infiammato un dibattito sul ruolo della poesia nella vita pubblica.

Espicasa è stato intervistato dalla RCN Radio, e lì ha dichiarato che questa non è la prima volta che gli capita un incidente del genere, e che lui non è di certo l'unico artista che ha subito dei maltrattamenti da parte della polizia. “Le istituzioni pubbliche spingono [gli artisti] sulla strada e poi li trattano come dei criminali” ha detto Espicasa.

Nella sua rubrica, William Ospina ha scritto che la storia di Espicasa la dice lunga sulla visione che le autorità hanno degli spazi pubblici e sul ruolo che in essi hanno gli artisti. Ospina sostiene che la multa debba essere ritirata e che bisogna che i responsabili si scusino con Espicasa:

No sólo merecen un espacio en la ciudad, merecen un homenaje de la ciudadanía y de las autoridades. Nuestra barbarie autoritaria les pone multas y los declara criminales. ¡En un país lleno de criminalidad verdadera y devorado por la corrupción! […]¿Por qué aquí les ha dado por llamar espacio público a un espacio del que cada vez más quieren expulsar a los ciudadanos, un espacio que privatizan cuando quieren de mil maneras distintas, donde la libertad está cada vez más restringida y donde expresiones como la música y la poesía terminan siendo tratados como delitos?

Non solo [gli artisti] meritano uno spazio in città, ma meritano di essere onorati da cittadini e ufficiali. Il nostro autoritarismo barbaro li multa e li dichiara criminali. Per giunta in un Paese che è pieno di vera criminalità ed è divorato dalla corruzione! […] Perché chiamano “spazio pubblico” uno spazio dal quale si tende sempre di più ad espellere i cittadini, uno spazio che privatizzano in mille modi diversi quando gli pare e piace, uno spazio dove la libertà è sempre più ristretta e dove espressioni come la musica e la poesia finiscono con l'essere trattate come dei crimini?

Poesia in strada

Molte persone sui social network hanno difeso Espicasa. L'avvocato e criminologo Daniel Mendoza vede l'incidente come un tentativo di mettere a tacere la “coscienza collettiva”:

Il carcere per scrittori e poeti, la tortura inquisitoria per i traduttori della coscienza collettiva: nessuno vuole che questa venga messa a nudo, senza bende e senza bavaglio finirebbe col mostrare la verità… questo è un attacco alla moralità.

La giornalista Yolanda Ruiz Ceballos ha lanciato l'hashtag #PoesiaALaCalle (#PoesiaInStrada), che incoraggia la gente a condividere le sue poesie e quelle di altri.

Nel seguente video Ruiz Ceballos spiega brevemente la storia di Espicasa e legge la prima parte della poesia “The End and the Beginning” [en] (“La Fine e l'Inizo”) della poetessa Wisława Szymborska [it]:

#PoesiaInStrada. Non multare la poesia.

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