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Basta con l'impunità, sosteniamo la libera espressione!

Categorie: Censorship, Citizen Media, Diritti umani, Libertà d'espressione, Media & Giornalismi, The Bridge, Advox

La Giornata internazionale per mettere fine all'impunità per i crimini contro i giornalisti è celebrata il 2 novembre. Immagine dal sito web di IFEX.

Questo editoriale è stato scritto da Annie Game, direttrice esecutiva di IFEX [1][en,come i link seguenti] il network globale che promuove e difende la libertà di espressione e di informazione. Viene ripubblicato grazie ad un accordo di collaborazione fra Global Voices ed IFEX. L'articolo originale si può leggere su questo sito. [2]

Immaginate un mondo senza impunità, dove ciascuno è libero di esercitare il diritto alla libertà di espressione e può avere accesso, generare e condividere idee ed informazioni nel modo che ritiene più opportuno, senza temere nulla. Questo è ciò che vogliamo.

Nella Giornata internazionale per mettere fine all'impunità per i crimini contro i giornalisti, è importante riconoscere il nesso fra libertà di espressione e libertà di informazione. I giornalisti diventano spesso un bersaglio quando questi due diritti vengono attaccati e recentemente siamo tutti vittime.

Due settimane fa, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha votato per proclamare il 28 settembre come la Giornata internazionale per l'accesso universale alle informazioni. Una vittoria significativa, dopo dieci anni in difesa di questo principio da parte di numerosi gruppi della società civile, fra cui molti membri africani del network IFEX.

Alcune persone, magari non direttamente coinvolte nella lotta per la promozione e la difesa della libertà di espressione, potrebbero avere accolto la notizia di una nuova giornata internazionale scrollando semplicemente le spalle. Ma dovrebbero ripensarci, perché il nostro diritto di informazione è inseparabile dal nostro diritto di espressione ed entrambi sono sotto attacco.

Le minacce all'informazione si manifestano in diverse forme dagli attacchi ai giornalisti [3], alla disinformazione intenzionale [4], all’ostacolo ai mezzi di informazione [5] ed il loro impatto è di vasta portata: si impedisce alle persone di ricevere le informazioni di cui hanno bisogno per impegnarsi nelle questioni di loro interesse, si aggrava la polarità politica e si mina alla democrazia.

Prendiamo un esempio recente e abbastanza rinomato del potere dell'espressione e della sua interdipendenza con l'accesso all'informazione.

Il mese scorso, si stima che circa 6 milioni di persone siano scese in strada [6] in risposta alla crisi climatica. La creatività [7] delle loro proteste, mentre erano in marcia, è stata un motivo di ispirazione: espressione in azione, incoraggiata dai fatti. L'attivista svedese Greta Thurnberg ci ha implorati di “ascoltare gli scienziati”. Ma se le voci che abbiamo bisogno di ascoltare venissero messe a tacere, direttamente o indirettamente?

Le voci possono essere zittite attraverso la censura, oppure possono annegare in un mare di disinformazione. Ma in un numero crescente di esempi, la tattica del silenzio che viene utilizzata è l'omicidio. L'omicidio senza conseguenze e senza impunità.

Uno studio [8] completo, realizzato ad agosto del 2019, rivela che l'omicidio degli attivisti ambientali è raddoppiato nel corso degli ultimi 15 anni. Nel 90% dei casi nessuno è stato condannato, con un livello di impunità sconvolgente.

Nel momento in cui si segna un'altra Giornata internazionale per mettere fine all'impunità per i crimini contro i giornalisti, questo macrabo dato non è mai isolato dai nostri pensieri.

La lista [9] dell'UNESCO che include i giornalisti uccisi nel mondo – circa un migliaio dal 2006 – ci offre un motivo di riflessione. La proporzione delle donne fra le vittime è cresciuta, [10] ed alcune giornaliste hanno subito attacchi specifici per il loro genere.

Tra i 207 giornalisti uccisi fra gennaio 2017 e giugno 2019, oltre la metà di loro aveva denunciato il crimine organizzato, le politiche locali e la corruzione.

La loro libertà di espressione è finita per sempre, e gli è stato così impedito di condividere informazioni.

Ogni volta che un crimine rimane impunito, ne incoraggia altri. Coloro che vorrebbero condividere informazioni per il pubblico interesse, giustamente, si chiedono: vale la pena rischiare la mia vita? Vale la pena mettere in pericolo la mia famiglia? E se alla fine, decidono che non ne vale la pena, non possiamo condannarli. L'effetto domino dell'impunità è infinito.

Questo è il motivo per cui, negli ultimi otto anni, il network IFEX ha sostenuto la campagna a favore della fine dell'impunità per i crimini contro i giornalisti e contro tutti coloro che esercitano il loro diritto alla libertà di espressione.

Non è un lavoro che si presta a riscuotere un successo immediato. Mentre l'espressione avanza, si svolge una maratona, non una gara di velocità. Non si termina trovando i colpevoli; mentre questi crimini continuano a prosperare, gli stati dovrebbero essere ritenuti responsabili di favorire o incoraggiare un clima di impunità.

Accogliamo ogni vittoria, grande o piccola. La notizia positiva è che IFEX individua nuove e potenti strategie creative di collaborazione, insieme a progressi tangibili.

Negli ultimi 12 mesi, abbiamo visto finalmente venire alla luce [11] la verità in Gambia sull'omicidio del giornalista Deyda Hydara, avvenuto nel 2014; abbiamo assistito ad una decisione che rappresenta una pietra miliare [12] da parte dell'Inter-American Court of Human Rights, che ha dichiarato il governo della Colombia colpevole dell'omicidio di Nelson Carvajal Carvajal, nel 1998; e visto l'altra storica decisione [13] presa dall'Inter-American Commission di portare in giudizio il caso del brutale attentato di maggio del 2004, che per poco non costò la vita alla giornalista investigativa Jineth Bedoya Lima.

Solo un paio di settimane prima avevamo accolto la decisione del Kirghizistan di riaprire il caso di 12 anni fa sulla morte del giornalista Alisher Saipov, in seguito alle pressioni dell'IFEX, insieme al Media Policy Institute e alla Public Association Journalist, suoi membri locali.

Immaginate che questi casi rappresentano una combinazione di 66 anni di impunità.

Perciò, lasciamo che i responsabili o coloro che semplicemente contemplano la violenza contro i giornalisti ascoltino questo messaggio: potete pensare che dopo molto tempo l'attenzione pubblica si sposti e gli omicidi di cui siete responsabili si dileguino. No, perchè tra noi, quelli impegnati nella lotta contro l'impunità sono tenaci. Non ci arrendiamo, quindi non potrete mai restare tranquilli.

Per noi, la cultura dell'impunità che ruota intorno agli attacchi ai giornalisti rappresenta una delle più grandi minacce alla libertà d'espressione nel mondo. I progressi fatti finora verso la fine dell'impunità non sarebbero mai stati possibili senza la resistenza, la persistenza e la tenacia di coloro che hanno lottato per questo obiettivo.

Dobbiamo usare la nostra libertà d'espressione per difenderla. Dobbiamo usarla per richiamare i crimini contro i giornalisti e porre fine all'impunità.