La lotta della chola femminista della Bolivia adesso è online

Disegno di Adolfo Alba per il giornale Revista Rascacielos (numero 13, 2019). Immagine usata con autorizzazione.

Le chola sono le donne indigene della Bolivia andina, che hanno i loro capelli pettinati in due lunghe trecce, indossano un cappello a bombetta, una coperta (o aguayo[en], una tela multicolore in lana per trasportare qualcosa sulle loro schiene) e gonne ripiegate più volte con strati di sottogonne.

Qual è la posizione della chola in Bolivia? Come sono presentate le chola boliviane nei media? Come parla il mondo accademico di loro? Partecipano a sfilate di moda? Cosa sono le feste elettroniche? Che posizioni politiche sono disponibili per loro, da quando la Bolivia ha avuto il suo primo presidente indigeno per più di un decennio?

Per tutte queste domande, la chola femminista boliviana Yolanda Mamani replica: “essere chola è di moda.” Alla fine del 2015 ha iniziato a tenere un blog, e nel 2019 quel blog si è trasformato in un canale YouTube chiamato “Chola Bocona” [es, come i link seguenti, salvo diversa indicazione], o “chola che parla a voce alta”, in spagnolo. Nei video postati in questo canale, come se fosse un insegnante di scuola elementare o una giornalista radiofonica, Yolanda analizza, con la precisione di un chirurgo femminista, il ruolo delle chola nella società boliviana.

Yolanda afferma al minuto 1:00 del suo primo video YouTube:

Cuando yo peleaba por mis derechos, mis empleadores me decían: “¿Por qué eres una bocona? ¿Por qué eres una imilla bocona? ¿Por qué no te callas cuando yo hablo? Yo te pago, tú tienes que escuchar, no puedes decir nada”. Por eso decidí reivindicar esa palabra. Sí, soy chola bocona. De no ser bocona, no estaría aquí contando mi historia.

Quando lottavo per i miei diritti, i miei datori di lavoro erano soliti dirmi: “Perché parli a voce alta? Perché sei una imilla (ragazza) che parla a voce alta? Perché non stai zitta quando parlo io? Io ti pago, tu devi ascoltare, tu non puoi dire niente.” Ecco perché ho deciso di rivendicare quella parola. Sì, sono una chola bocona. Se non parlassi a voce alta, non sarei qui a raccontare la mia storia.

Imilla significa “ragazza” nella lingua Aymara [it] e si può usare anche come termine dispregiativo. Bocona è una persona che parla molto e chiede troppo. La “ragazza esigente” è come i suoi datori di lavoro chiamavano Yolanda quando era una lavoratrice domestica e lottava per i suoi diritti di mantenere i suoi orari di lavoro, indossare l'abbigliamento tradizionale, andare a scuola, accedere ai benefici sociali, o andare al college.

‘Vogliono trattare noi, le chola, come ornamenti’

Nel video Yolanda racconta come l'immagine della chola è diventata popolare, mentre la loro filosofia di vita era discreditata. Le chola sono invitate a partecipare nella politica, ma le loro opinioni o i [loro] progetti non sono presi in considerazione, mentre la loro immagine serve contemporaneamente per promuovere l'immagine dei politici e validare le loro candidature.

Ha parlato anche di come negli ambiti dello spettacolo, come le sfilate di moda o le feste che promuovono lo stile andino con quello elettronico, le chola sono folclorizzate, limitando la loro partecipazione alle danze come decorazioni. Descrive che ogni attività che le chola svolgono al di fuori del lavoro domestico è considerata una novità, come l'essere legislatrici, funzionarie pubbliche, fare skateboarding o il lancio di un canale YouTube, come ha fatto lei. Yolanda dichiara anche che il mondo accademico ha una visione esterna e superficiale delle chola.

Fotografia di Eduardo Montaño. Usata con autorizzazione.

“Ci sono donne che usano la gonna per comodità,” scrive Yolanda nell'articolo “Le donne che si travestono” nel suo blog. Chiede loro perché usano la pollera (gonna) per moda, o per accedere agli uffici pubblici, e non per essere spazzatrici o lavoratrici domestiche. Considerando l'utilizzo della gonna come una tradizione, Yolanda enfatizza che, per lei, il vero significato di essere chola è lottare.

Il significato delle tradizioni delle chola

Yolanda spiega anche che cosa significa per le chola intrecciare i loro capelli, il baratto e partecipare alla semina e al raccolto. Parla dell'armonia che tali tradizioni creano nella comunità delle chola, ma anche di come soffrono il sessismo, il desiderio di occultarle e la visione consumistica dello sviluppo.

Spiega nel suo blog che l'intrecciatura dei capelli è un momento per le donne per chiacchierare e prendersi cura l'una dell'altra. E che pettinare i capelli è un modo per liberarsi dal dolore. Considerando l'importanza delle trecce, il taglio della treccia di una donna è una forma di punizione pubblica (ad esempio, per adulterio, per cui non ci sono conseguenze per gli uomini).

Nell'articolo del blog “Semina e raccolto, un incontro ideologico” spiega che queste attività rappresentano uno spazio nella comunità, dove la popolazione locale e i migranti si incontrano, dove gli uomini e le donne, a livello paritario, parlano di politica e apprendono le novità nazionali e internazionali. Questo spazio è diverso dalle assemblee, dove regna la gerarchia e le donne sono derise quando osano parlare.

Un altro articolo del blog spiega che il baratto permetteva lo scambio di alimenti fra gli agricoltori, ma adesso ci sono anche i commercianti che partecipano nel baratto, portando prodotti alimentari in scatola scaduti. Imbrogliano fornendo prodotti alterati, che fanno ammalare la comunità, e in cambio si prendono il meglio dei raccolti.

Disegno di Valentina Vilaseca per la rivista Skyscraper Magazine (numero 13, 2019). Usata con autorizzazione.

Chola, femminista e giornalista

Yolanda Mamani scrive e parla nella prima persona. Lei è, innanzitutto, una chola, ma anche un membro del movimento femminista Mujeres Creando (“Donne creatrici”), una studentessa di sociologia, una manager del vlog Chola Bocona (“Chola sboccata”) e del blog Ser chola está de moda (“Essere chola è una moda”). È anche la produttrice di Warminyatiawinkapa (in Aymara significa “Le notizie delle donne”), un programma trasmesso il venerdì da Radio Deseo di Mujeres Creando nella cittá di La Paz.

La stessa stazione radio trasmette anche il programma “Trabajadora del hogar con orgullo y dignidad” (‘Lavoratrice domestica con orgoglio e dignità’) prodotto da Yolanda insieme a due colleghe dell'Unione delle lavoratrici domestiche (Home Workers’ Union) di Sopocachi. Loro, insieme ad altre donne, hanno frequentato un corso formativo per la radio offerto da Mujeres Creando.

Yolanda Mamani, mentre stava facendo un reportage per il suo primo programma radio, ha deciso di seguire la VIII Marcia del Territorio Indigeno e Parco Nazionale Isiboro Sécure [en] (Territorio Indígena y Parque Nacional Isiboro Sécure in spagnolo, o TIPNIS, come è solitamente denominato), il territorio indigeno e parco nazionale nel nord-est della Bolivia attraverso cui è stata pianificata la controversa costruzione di una autostrada transoceanica [en]. Questa esperienza l'ha motivata a studiare sociologia.

‘Il mondo non è possibile senza persone che parlano a voce alta’

Yolanda Mamani, la cui lingua materna è l'Aymara, ha imparato lo spagnolo quando, all'età di 11 anni, si è trasferita nella capitale boliviana di La Paz per vivere con una zia che l'ha fatta lavorare come babysitter in cambio dell'alloggio. Doveva essere dipendente come una lavoratrice domestica per 12 anni e ha lavorato per 11 anni in quella casa. Ha ricevuto meno di 50 dollari al mese e non aveva benefici sociali. Ha chiesto di andare a scuola ed è stata licenziata quando ha voluto andare all'università. Quando era bambina, suo padre la portava a scuola in un viaggio di un'ora e mezza su un asino. Yolanda è nata a Warisata, a 15 chilometri dalla costa orientale del Lago Titicaca.

La vita di Yolanda è contrassegnata dalla lotta per essere una chola che va a scuola, emigra in città, impara lo spagnolo, è una lavoratrice domestica, non smette di indossare la pollera, va al college, sindacalizza, è attiva in politica come femminista, va all'università, lavora in radio ed è adesso una chola femminista YouTuber. Qualunque sia il suo prossimo passo, questa chola che parla a voce alta continuerà a presentarci il suo pensiero nella prima persona, analizzando le posizioni di potere e condividendo le nostre scoperte. Non sorprende che concluda il video dicendo: “Il mondo non è possibile senza persone che parlano a voce alta.”

Sulle chola boliviane

Le chola sono l'icona culturale boliviana più propagandata. Storicamente, sono state discriminate: dall'essere escluse dalla partecipazione politica nelle loro comunità, fino alla proibizione di usare gli spazi o il trasporto pubblico, al lavoro domestico — come una delle loro poche opportunità lavorative quando emigrano in città — in condizioni di schiavitù, sfruttamento e violenza fisica, psicologica e sessuale da parte dei loro datori di lavoro. Di fatto, la rinuncia al loro abbigliamento tradizionale è una delle strategie imposte, attraverso cui possono accedere a migliori opportunità.

Al momento, dopo almeno 60 anni di lotta sociale, il posto delle chola nella società è passato dalla marginalizzazione sistematica agli impegni per valorizzarle. Tuttavia hanno ancora minori opportunità rispetto alle donne non Indigene di esercitare i loro diritti per accedere a istruzione, salute, giustizia e una decente occupazione lavorativa, fra altre cose.

Sebbene le forme coloniali persistano ancor oggi, come lo schiavizzarle, eliminarle dalla scena sociale e chiedere che non si vestano come chola, è possibile vederle come legislatrici, funzionarie pubbliche, giornaliste e conduttrici televisive, donne d'affari, insegnanti, studentesse universitarie, carpentieri, autiste, poliziotte, attrici e modelle. Tali ruoli sono motivi di notizie, che confermano che i livelli multipli di discriminazione continuano a esistere.

avvia la conversazione

login autori login »

linee-guida

  • tutti i commenti sono moderati. non inserire lo stesso commento più di una volta, altrimenti verrà interpretato come spam.
  • ricordiamoci di rispettare gli altri. commenti contenenti termini violenti, osceni o razzisti, o attacchi personali non verranno approvati.