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Il poeta barbadiano Kamau Brathwaite lascia dietro di sé un retaggio linguistico

Categorie: Caraibi, Barbados, Arte & Cultura, Citizen Media, Etnia, Idee, Istruzione, Letteratura, Linguaggi
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Il poeta barbadiano Kamau Brathwaite legge la sua poesia “Calypso” presso l'Università della Virginia nell'aprile 2008. Schermata tratta da un video di YouTube caricato da RJ Ramazani.

Lo stimato poeta barbadiano Kamau Brathwaite [2] [it], la cui voce unica è stata universalmente riconosciuta parte integrante del canone della letteratura delle Indie occidentali del dopoguerra, è morto il 4 febbraio 2020 all'età di 89 anni.

Nato Lawson Edward Brathwaite, la sua evoluzione in Kamau Brathwaite – quell'abbinamento deliberato del suo nome africano, assegnatogli in un secondo momento, con il suo cognome britannico – è la rappresentazione dello spazio da lui creato per far convivere questi due mondi. Il suo lavoro, noto per la sua innovativa “creolizzazione” del linguaggio, è stato fondamentale per aiutare a forgiare un senso di identità regionale [3] [en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione] nel doloroso periodo successivo a schiavitù e colonizzazione. Accanto a scrittori come Derek Walcott [4] e V.S. Naipaul [5] [it], [5] Brathwaite ha contribuito a dare voce ai Caraibi per raggiungere il mondo intero.

Ha esordito [6] attraverso l'audace rivista letteraria Bim [7] di Frank Collymore [8], la quale ha permesso al lavoro di scrittori emergenti di essere divulgato assieme a quello di autori più affermati nelle Indie occidentali. Il blog Memo from La-La Land [6] suggerisce:

But if it was [Frank] Collymore’s encouragement that kept alive the poetic vein in Brathwaite, it was his time in the Gold Coast (modern day Ghana) from 1955 to 1962 that built the vivid image in his mind of the close relation between the African and the Caribbean experiences. In my view, Brathwaite’s lifelong quest rests upon the premise that Caribbean culture is intrinsically connected to African culture, not by means of an ethereal or genetic connection, but through an active transformation of the social norms that took place over more than three centuries of slavery […]

Ma se fu l'incoraggiamento di [Frank] Collymore a mantenere viva la vena poetica in Brathwaite, fu il periodo da lui trascorso nella Gold Coast (l'odierno Ghana) dal 1955 al 1962, a costruire l'immagine vivida nella sua mente della stretta relazione tra gli africani e le esperienze dei Caraibi. A mio avviso, la ricerca permanente di Brathwaite si basa sul presupposto che la cultura caraibica è intrinsecamente connessa alla cultura africana, non per mezzo di una connessione eterea o genetica, ma attraverso una trasformazione attiva delle norme sociali che ha avuto luogo per oltre tre secoli di schiavitù […]

In una regione in cui, dopo decenni, esiste ancora un dibattito [9] sull’uso [10] dell'inglese “corretto” rispetto alla espressione sovraccaricata “dialetto”, Brathwaite ha coniato il termine “lingua nazione [11] [en]”, che ha definito “il tipo di inglese parlato dalle persone deportate nei Caraibi, non l'inglese ufficiale di adesso, ma la lingua degli schiavi e dei lavoratori, i servi che vennero introdotti “.

La sua difesa intelligente e amorevole di questo ibrido, non solo utile a fini linguistici, ma come parte integrante dell'identità caraibica, ha ispirato molti altri scrittori delle Indie occidentali, tra cui Sam Selvon [12] [it] e Louise Bennett [13]. Inoltre, ciò che fece fu accrescere il valore della tradizione orale della regione, attraverso la quale molte usanze africane furono mantenute e tramandate nel corso del commercio transatlantico di schiavi [14][it].

Come espresso [15] dall'utente di Facebook Tara Inniss-Gibbs:

Reading Kamau is the closest you can feel to putting the intense emotion of both trauma and love for a language that is not your own on to the page…

Leggere Kamau è ciò che di più vicino esiste al mettere nero su bianco l'intensa emozione sia del trauma che dell'amore, per una lingua che non è la tua.

Memo from La-La Land inoltre spiega [6]:

Brathwaite claims through his poetry that orality – speech – is king. […] For instance, in 1992 Brathwaite published a selection of poems, mostly from his first two trilogies, ‘The Arrivants,’ (1972) and ‘Other Exiles’, (1975), except at this stage he had discovered the advantages of working on a computer. This led to the development of his ‘Syncorax video style’ texts, which is another way of describing the usage of various font styles and sizes throughout the book. The changes occur both within a poem and from poem to poem and the spectacular graphic effect lends itself to being discarded as an aesthetic caprice, or an ode to the wonders of technology. Upon second scrutiny, however, it becomes evident that the graphic innovations are, in fact, included to highlight, to reproduce, the natural emphasis and modulation that pertain to Caribbean speech.

Brathwaite afferma attraverso la sua poesia che l'oralità – la parola – è re. […] Ad esempio, nel 1992 Brathwaite pubblicò una selezione di poesie, principalmente dalle sue prime due trilogie, “The Arrivants” (1972) e “Other Exiles”, (1975), se non fosse che in questa fase aveva scoperto i vantaggi di lavorare su un computer. Ciò ha portato allo sviluppo dei suoi testi “Syncorax video style”, che è un altro modo per descrivere l'uso di vari stili e dimensioni dei caratteri durante tutto il libro. I cambiamenti avvengono sia all'interno di una poesia che da una poesia all'altra e lo spettacolare effetto grafico si presta a essere scartato come capriccio estetico o inno alle meraviglie della tecnologia. Al secondo esame, tuttavia, diventa evidente che le innovazioni grafiche sono, in effetti, inserite per evidenziare, riprodurre, la naturale enfasi e modulazione che riguardano il discorso caraibico.

Le prime tre raccolte di poesie di Brathwaite – “Rights of Passage”, “Masks” e “Islands” – pubblicate in rapida successione nel 1967, '68 e '69, gli valse il riconoscimento globale e il plauso della critica. In seguito furono ripubblicati come “The Arrivants [16]“. La sua trilogia successiva – “Mother Poem” (1977), “Sun Poem” (1982) e “X/Self” (1987) – ha anche approfondito questioni di identità.

Una volta che la sua scomparsa è stata annunciata sui social media [17], i netizen locali hanno iniziato [18] a condividere [19] i loro ricordi. Pubblicando le parole della sua poesia “Calypso”, l'artista multimediale e curatrice delle Barbados, Annalee Davis ha dichiarato su Facebook [20]:

I remember his lecture at Frank Collymore Hall many years ago — that very beautiful lilt in his voice, a rhythm that could only have come from Barbados, and a most unique way of using his very own tongue that honoured who we are. […]

His use of nation language and the breadth of work he produced leaves an indelible mark on us all and I know that people around the Caribbean and its diaspora will mourn his passing as we will in Barbados.

Ricordo la sua lezione alla Frank Collymore Hall di molti anni fa – quella bellissima cadenza nella sua voce, un ritmo che poteva provenire solo dalle Barbados e un modo davvero unico di usare la sua stessa lingua che onorava ciò che siamo. […]

Il suo uso della lingua nazionale e l'ampiezza del lavoro che ha prodotto lasciano un segno indelebile su tutti noi e so che le persone nei Caraibi e la sua diaspora piangeranno la sua morte come faremo alle Barbados.

Il primo ministro del paese, Mia Mottley, ha reso omaggio [21] a Brathwaite definendolo come “senza dubbio uno dei titani della letteratura e delle arti post-coloniali”, mentre il George Padmore Institute [22] lo ha descritto come “un terzo del trio pan caraibico di fondatori dell'influente Caribbean Artists Movement “(gli altri due sono John La Rose [23] di Trinidad e Andrew Salkey, [24] con sede in Giamaica).

Candace Ward, utente di Facebook, ha affermato [25] che “l'influenza di Brathwaite sul [suo] lavoro come studiosa dei Caraibi è stata profonda”, mentre l'accademico Bartosz Wójcik ha ricordato la sua gentilezza [26]. Il professore Kenneth Ramchand [27] ha ricordato l‘imponente contributo [28] di Brathwaite:

Kamau was versatile and always interesting. He wrote a most important book about Creolisation, discoursed extensively on ‘nation language’ which he demonstrated brilliantly in his poetry, and was the prime influence in the region's eventual discovery of its potent folk and oral traditions. His work and his theories fed on the subterranean links between the Caribbean, Africa and the African diaspora, and it was especially sensitive to the music, rhythms and imagery of African-American culture. […] I have never wavered in my admiration for his passionate interest in our culture and society, his revelation of his native Barbados as root and bright symbol and the unceasing formal experimenting in his verse. It is consoling that like Walcott and [Wilson] Harris he is not lost to us, since he has passed into the consciousness of our civilisation.

Kamau era versatile e sempre interessante. Ha scritto un libro molto importante sulla creolizzazione, ha discusso ampiamente sul “linguaggio della nazione”, che ha dimostrato brillantemente nella sua poesia, e che è stato la principale influenza nella scoperta delle potenti tradizioni popolari e orali della regione. Il suo lavoro e le sue teorie si nutrivano dei legami sotterranei tra i Caraibi, l'Africa e la diaspora africana, ed era particolarmente sensibile alla musica, ai ritmi e alle immagini della cultura afroamericana. […] Non ho mai esitato nella mia ammirazione verso il suo fervente interesse per la nostra cultura e società, la sua manifestazione della propria terra natia, Barbados, come radice e simbolo luminoso così come l'incessante sperimentazione formale nel suo verso. È confortante sapere che come Walcott e [Wilson] Harris non si sia perduto, poiché è rimasto nella coscienza della nostra civiltà.

Kamau Brathwaite era anche un accademico e un rispettato insegnante; ha studiato al Pembroke College dell'Università di Cambridge e ha conseguito un dottorato di ricerca conferito dall'Università del Sussex. Ha ricevuto entrambe le borse di studio Guggenheim e Fulbright e ha pubblicato molti libri sulla cultura e l'identità africane.

Il periodo trascorso in Ghana [29] come ufficiale dell'istruzione ha influito notevolmente sulla sua comprensione dell'esperienza nera. Alcune delle sue importanti opere accademiche includono “Folk Culture of the Slaves in Jamaica” (1970), “Afternoon of the Status Crow”, (1982) e “History of the Voice”, (1984), in cui ha presentato le sue teorie sulla lingua nazionale. Ha anche lavorato come insegnante presso l'Università di New York e l'Università delle Indie occidentali.

Ben noto nel mondo letterario, Brathwaite è stato il vincitore internazionale del Griffin Poetry Prize nel 2006 [30], per la sua raccolta “Born to Slow Horses [31]“. Ha anche vinto il Neustadt International Prize for Literature [32] (1994), la Gold Musgrave Medal for Literature [33] [en] dall'Institute of Jamaica (2006), la Medaglia Robert Frost [34] dalla Poetry Society of America (2015) e il premio per la poesia PEN / Voelcker Award for Poetry [35] (2018) .

Per quanto i suoi scritti accademici abbiano raccontato l'esperienza caraibica post-colonizzazione, tuttavia, è nella poesia di Brathwaite dove viene immortalata l'immaginazione sia della regione che del mondo. Nelle parole dell'utente di Facebook Richard Drayton [36]:

[I]t was as a poet/shaman that his name will be forever resonant whenever Caribbean [people] try to make sense of themselves.

Era come un poeta/sciamano il cui nome risuonerà per sempre ogni volta che il popolo caraibico cercherà di dare un senso a se stesso.