Questo articolo è scritto dal contributore ospite Esdras Tsongo, un reporter e giornalista congolese che vive nella Repubblica del Congo orientale. Leggi la copertura speciale di Global Voices sull’impatto globale del COVID-19 [it].
La Repubblica Democratica del Congo ha ufficialmente dichiarato [en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione] di non avere più pazienti affetti da Ebola. Martedì 3 marzo 2020, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha annunciato che l'ultimo paziente è stato dimesso in buona salute da un centro di trattamento a Beni, North Kivu, nella RD Congo orientale.
Non è ancora la fine dell'epidemia, ma è una vittoria: Beni è stato l'epicentro dell'Ebola nella Repubblica Democratica del Congo.
Tuttavia, mentre il paese ha proclamato la fine dell'Ebola, ha affrontato il suo primo caso di COVID-19 l’ 8 marzo 2020, la malattia potenzialmente mortale causata dal nuovo Coronavirus, che è stato poi confermato dall'OMS il 10 marzo 2020.
Il primo caso è stato segnalato a Kinshasa, la capitale. Il paziente è congolese, 52 anni, tornato nella Repubblica Democratica del Congo dalla Francia. All'arrivo, non mostrava sintomi. È stato tuttavia portato in una clinica nella Municipalità di Ndji'li, secondo una dichiarazione del Ministero della Salute, che ha aggiunto che i servizi sanitari stanno lavorando per tracciare tutte le persone che sono state in contatto con il paziente dall’ 8 marzo 2020.
Adesso sono almeno 23 i casi accertati a livello nazione, il 22 marzo, secondo l'OMS, inclusa una morte correlata al virus [fr]:
Hier l'INRB a confirmé 5 nouveaux cas. Tous sont congolais. Les équipes de prise en charge s'occupent d'eux. Également hier, nous avons connu le premier cas de décès suite au COVID19.
— Dr. Eteni Longondo (@EteniLongondo) March 21, 2020
Ieri l'Istituto nazionale di ricerca biomedica [INRB] ha confermato 5 nuovi casi. Sono tutti congolesi. Il personale medico se ne sta prendendo cura. Ieri abbiamo avuto anche il primo caso di morte da COVID19.
Il governo del Congo ha vietato i grandi assembramenti, ordinato la chiusura di scuole e università per quattro settimane e chiuso le sue frontiere con il Ruanda, tutte misure adottate per fermare la diffusione del virus. Il governo ha anche sospeso tutti i voli internazionali dalle nazioni con un elevato numero di casi di COVID-19.
Mory Keita, il coordinatore di OMS che lavora nelle regioni dell'epidemia di Ebola, dice [fr] che la soluzione chiave è la continua vigilanza, quando si tratta di contenere una malattia infettiva. Ha puntualizzato che con il vaccino la popolazione può impedire di essere contagiata dal virus.
Nella provincia di North Kivu, il virus Ebola ha ucciso più di 2.000 persone. Su 3.400 casi, ne sono stati curati 1.169 dal 1 agosto 2018.
Nzanzu Carly Kasivita, governatore di North Kivu, ha adottato misure decisive per combattere l'Ebola nella sua regione. Kasivita ha detto a Global Voices:
As governor, I organized support marches so that the population of North Kivu can adopt the best attitudes to fight against Ebola and I managed to mobilize the population, I am happy to announce that there are now more than 21 days without cases of Ebola virus.
Come governatore, organizzo marce di sostegno, affinché la popolazione di North Kivu possa adottare i migliori comportamenti per combattere contro l'Ebola. E sono riuscito a mobilitare la popolazione, sono contento di annunciare che adesso sono trascorsi più di 21 giorni senza casi di virus Ebola.
L'OMS ha proclamato, il 17 luglio 2019, l'Ebola un'emergenza di sanità pubblica di portata internazionale, che ha mobilitato rapidamente maggiori risorse e sostegno per combattere l'Ebola in tre province del Congo orientale: North Kivu, South Kivu e Uturi.
Jean-Jacques Muyembe, segretario tecnico di intervento nella Repubblica Democratica del Congo, ha detto a Global Voices al telefono che il 2 marzo 2020 l'ultimo paziente è stato curato e dimesso dal Centro per il Trattamento dell'Ebola.
L'OMS, tuttavia, dichiara che servono 42 giorni dalla conferma dell'ultimo caso affinché il virus sia dichiarato completamente eradicato: 12 aprile 2020.
Muyembe ha detto che la stessa popolazione che ha lottato contro l'Ebola può evitare anche il Coronavirus, usando le lezioni imparate dalla precedente epidemia di Ebola.
Fronteggiare il Coronavirus nella Repubblica Democratica del Congo
Il Coronavirus è una cattiva notizia per questa regione così gravemente colpita dall'Ebola. Tuttavia queste due malattie altamente infettive hanno molti elementi in comune, anche se l'Ebola è molto più contagiosa del COVID-19.
Muyembe racconta che molti congolesi sono informati e preparati per il COVID-19, dopo aver vissuto l'epidemia di Ebola. Gli operatori sanitari useranno misure simili in termini di tracciamento dei contatti e distanziamento fisico e sociale per combattere il Coronavirus.
“Nella Repubblica Democratica del Congo, 11° nazione africana colpita dal COVID-2019, si devono mantenere gli stessi comportamenti protettivi che abbiamo usato per combattere l'Ebola, nella fase di questo nuovo virus”, ha detto Muyembe a Global Voices.
Muyembe spiega che il concilio dei ministri ha finalmente deciso che tutti coloro che arrivano da Francia, Germania, Italia, Iran, Iraq e Cina, anche “senza nessun segno di febbre, tosse, raffreddore, mal di testa, stanchezza intensa saranno isolati per 14 giorni in casa e seguiti per 14 giorni dal team medico tenendo conto delle informazioni raccolte nelle schede sanitarie dei viaggiatori.”
In aggiunta, Muyembe dice a Global Voices che ogni persona che “presenti sintomi [di Coronavirus] all'arrivo e sia considerato un caso sospetto sarà trasferito nel centro di isolamento e trattato dal Ministero della Salute.”
Nel frattempo, gli esperti dell'OMS dicono che progettano di condurre uno studio chiamato “Solidarietà” sul modello di uno studio del 2018 sull'Ebola, per testare i farmaci già impiegati per affrontare altri virus.
Lo studio avrà probabilmente bisogno di registrare migliaia di pazienti, questo potrebbe rivelarsi difficile e dipende dall'efficienza del governo nel gestire la collaborazione con OMS. I risultati potrebbero comunque salvare molte vite.