Per ottenere la carta d'identità in Iran, i membri di minoranze religiose “non riconosciute” devono rinnegare la fede

Carta d'identità della Repubblica islamica d'Iran. Fonte: Wikimedia Commons.

La Repubblica islamica d'Iran ha rimosso l'opzione “altra religione” [en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione] dal modulo di richiesta della carta d'identità, una decisione che sembra essere stata presa per impedire a milioni di iraniani di ottenere la piena cittadinanza.

Le persone appartenenti alle minoranze religiose non riconosciute, come i baha’i, gli yârsân, i mandei e i cristiani convertiti, dovranno mentire o dissimulare le loro credenze al fine di beneficiare dei diritti di cittadinanza in Iran. Secondo la nuova normativa dell'Ufficio di censimento nazionale, i richiedenti della carta d'identità potranno selezionare la loro religione unicamente fra la lista delle religioni riconosciute: islam, zoroastrismo, giudaismo e cristianesimo.

Le minoranze religiose soffrono di discriminazione in Iran da molto tempo e numerosi fra i loro adepti hanno lasciato il paese dalla rivoluzione del 1979.

Quest'ultima decisione presa dallo Stato iraniano è un solo un capitolo in più al dramma che esiste in Iran da diversi mesi. Fa seguito alla repressione spietata sui manifestanti [it] e al massacro di circa 1500 persone dello scorso novembre, fra cui almeno 17 adolescenti, durante delle manifestazioni contro il regime represse dal governo [it], senza dimenticare l'aereo civile ucraino abbattuto l'8 gennaio 2020 dai Guardiani della rivoluzione, con conseguente morte dei 176 passeggeri. Altri arresti di massa hanno avuto luogo durante le manifestazioni che sono esplose dopo le confessioni del governo [fr] che riconosceva, in seguito alla pressione internazionale, che l'aereo fu abbattuto per errore. Nessuna informazione è ancora trapelata riguardo la sorte delle migliaia di persone arrestate durante le manifestazioni di novembre e di gennaio.

Quali saranno le conseguenze di questa nuova normativa?

In Iran, la carta d’identità è indispensabile per tutte le procedure ufficiali, come iscriversi all'università, ottenere un passaporto, comprare o vendere dei beni e delle macchine, prenotare una camera d'hotel, acquistare un biglietto aereo, ottenere un permesso di lavoro, effettuare delle transazioni bancarie, esporre denuncia, firmare un contratto o andare in pensione. Come ha dichiarato a Global Voices, il rappresentante baha’i presso le Nazioni Unite, Simin Fahandej: «il fatto di non poterne ottenere una [carta d'identità] rende la vita di tutti i giorni quasi invivibile.»

Il ricercatore Behnaz Hosseini, che risiede in Europa e che ha pubblicato numerosi libri e articoli sulle minoranze religiose, ha dichiarato ad Articolo 18, l'associazione in difesa della libertà di religione: «Lo Stato sciita vuole che le minoranze rimangano emarginate così da rimanere al potere. Il regime accentua la pressione sulle minoranze per farle emigrare o, nel caso degli yârsân, per privarli della loro propria identità islamizzandoli.»

Quarant'anni di persecuzioni e discriminazioni

La persecuzione delle minoranze religiose è iniziata all'alba della rivoluzione, con l'arresto e l'esecuzione dei baha'i e le esecuzioni sommarie dei cristiani convertiti e di coloro che li avevano sostenuti. Le persone appartenenti a minoranze riconosciute, fra cui i musulmani sunniti, sono divenute nel migliore dei casi dei cittadini di seconda, o addirittura di terza zona.

«La persecuzione dei baha’i per mano della Repubblica islamica è una costante politica di questi ultimi quarant'anni», ha dichiarato Afshin Shahi, docente di relazioni internazionali e politica del Medio Oriente all'università di Bradford, durante un'intervista per Global Voices. «Anche sotto dei governi più moderati, la comunità ha sempre sofferto di discriminazione. I suoi membri sono tradizionalmente considerati dal regime come una Quinta Colonna. Questa concezione deriva da una paranoia politica interconnessa al pregiudizio religioso. Non sono stupito che il regime abbia adottato delle nuove misure finalizzate ad accentuare la pressione su questa comunità vulnerabile nel momento in cui è di fronte a delle difficoltà crescenti.»

Secondo Simin Fahandej, i baha’i non hanno sempre accesso all'insegnamento superiore in Iran, sono esclusi dal lavoro nel settore pubblico e non possono percepire la pensione. «All'università, i candidati baha'i sono tenuti fuori per il minimo intoppo, sostenendo per esempio che la loro documentazione è “incompleta”», ha spiegato a Global Voices. «Anche dopo essersi iscritti, sono esclusi poco dopo essere stati identificati come baha'i.»

«In realtà, nel corso degli ultimi quarant'anni, il governo iraniano ha utilizzato tutte le tattiche possibili per obbligare i baha'i a mentire sulle loro credenze», ha continuato.«Durante i primi giorni della rivoluzione, abbiamo detto ai baha'i che non sarebbero stati giustiziati se avessero rinunciato alla loro fede. Successivamente hanno dovuto scegliere tra quest'ultima e il diritto al lavoro, e ora è il diritto alla cittadinanza ad essere messo in causa. I baha’i tengono all'onestà come “fondamento di tutte le virtù umane” e pertanto non mentono sulle loro credenze. Il nuovo problema sollevato dalla carta d'identità non è quindi che un artificio in più per cercare di spingerli a negare o dissimulare la loro fede.»

Quali risposte apportare?

Prendendo quest'ultima decisione, la Repubblica islamica non viola solamente la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo di cui è firmataria, ma anche la sua propria costituzione.

L’Articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo dichiara che «Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti.»

L’Articolo 19 della Costituzione iraniana stipula che «la popolazione dell'Iran, qualunque sia la sua origine etnica o tribale, gode di uguali diritti: il colore della pelle, la razza, la lingua o altri caratteri non costituiscono motivi di privilegio.»

Dalla rimozione dell'opzione «altra religione» che appare sul modulo di richiesta della carta d'identità, milioni d'individui appartenenti ad una minoranza religiosa si ritrovano esclusi dal gruppo de «la popolazione dell'Iran».

Simin Fahandej confida in un'azione che superi le frontiere dell'Iran. «La Comunità internazionale baha'i denuncia queste violazioni alle agenzie ONU», spiega. «La pressione internazionale è sempre utile a spingere i governi ad assumersi le proprie responsabilità, queste ultime fondate sui loro propri doveri ed impegni presi a livello internazionale. Essi non vogliono essere percepiti come trasgressori dei diritti umani. Pertanto, attirare l'attenzione su questi problemi ed avanzarli sulla scena internazionale costituisce un elemento importante per la ricerca di giustizia.»

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