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Indignazione per le parole dei militari dello Zimbabwe che considerano i social media una ‘minaccia pericolosa’

Categorie: Africa sub-sahariana, Zimbabwe, Citizen Media, Diritti umani, Legge, Advox
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Carro armato dell'esercito dello Zimbabwe. Photo by Tafadzwa Tarumbwa, used under CC BY 2.0 public domain.

A marzo 2020, il comandante dell'esercito dello Zimbabwe Edzai Chimonyo ha detto [2][en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] che l'esercito vuole iniziare ad indagare presto sulle comunicazioni private tra cittadini per “proteggersi dal complotto”.

Parlando ad un corso di laurea militare tenuto allo Zimbabwe Military Academy a Gweru, Chimonyo ha espresso la soddisfazione per la giusta base che il corso ha deposto per ciò che riguarda la cybersecurity, dicendo agli ufficiali superiori:

Social media poses a dangerous threat to our national security. Social media is one of the tools that is being used for misinformation and I believe that your training has been an eye-opener to the rigors and realities of technological advancements.

I social media costituiscono una minaccia pericolosa per la nostra sicurezza nazionale. I social media sono uno degli strumenti utilizzati per la disinformazione e credo che la vostra formazione è stata una scoperta dei limiti e delle realtà dei progressi tecnologici.

Questa dichiarazione da parte dell'esercito ha scatenato indignazione tra gli abitanti dello Zimbabwe, molti dei quali sono preoccupati dell'aumento del deterioramento della libertà di espressione nel paese.

L'anno scorso, il Capo di gabinetto Emmerson Mnangagwa ha dato il consenso per il progetto di legge sui crimini informatici, la sicurezza e la protezione dei dati [3] e lo ha presentato per essere discusso in Parlamento. Il progetto di legge, che era apparso come bozza nel 2016, è concepito per combattere i crimini informatici – ma se passerà, darà al governo la libertà di curiosare nelle conversazioni private dei cittadini.

All'inizio dello scorso anno, il governo ha inoltre imposto un blocco del servizio internet [4], successivamente allo scoppio di proteste per l'incremento del prezzo del carburante. Owen Ncube, il ministro dell'interno che ha prdinato il blocco di internet, aveva affermato che i social media hanno alimentato la rabbia tra i cittadini.

Il progetto di legge, se adottato, contiene un numero di previsioni problematiche che limiterebbe ulteriormente il diritto alla libertà di espressione online degli Zimbabwiani. Il paragrafo 17 sottoscrive una pena detentiva di un massimo di 5 anni di carcere per coloro che circolano false informazioni con l'intenzione di “causare un danno psicologico o economico.”

Harris Dakwa, un insegnante di professione, ha suggerito che se il progetto di legge passerà, indurrebbe all'autocensura su larga scala che sarebbe pari ad un regresso della nazione ad un tempo precedente in cui il concetto di libertà di espressione ancora non esisteva. In un'intervista a Global Voices, ha notato:

This [statement] instills unnecessary fear amongst the populace. I think the government needs to be clear on what constitutes a threat. […] Government and intelligence agencies need to be more transparent about surveillance and not abuse it and people’s rights, or use it to further their insidious activities.

Questa dichiarazione infonde tra la popolazione una paura inutile. Penso che il governo debba essere più chiaro su ciò che costituisce una minaccia. […] Il governo e i servizi segreti dovrebbero essere più trasparenti riguardo la sorveglianza e i diritti delle persone e non abusarne, o usarli per le loro ulteriori attività insidiose.

Patrick Goteka disse a Global Voices che un accesso illimitato ad internet e ai social media permette una buona amministrazione:

The government of Zimbabwe […] wants to control the people in everything. […] The advent of social media alerts everybody to know exactly what is wrong and what is right. It [allows] people to be aware, to understand themselves, their society and to be able to fight for their rights. Once citizens are empowered through social media, they know where to go and who to confront should their rights be violated.

Il governo dello Zimbabwe […] vuole controllare le persone in tutto. […] L'avvento dei social media avverte tutti nel sapere esattamente ciò che è sbagliato e ciò che è giusto. Permette alle persone di essere consapevoli, di comprendere se stessi, la loro società e di essere in grado di battersi per i loro diritti. I cittadini sono incoraggiati dai social media, sanno dove andare e chi affrontare nel caso in cui i loro diritti venissero violati.

Il Media Institute of Southern Africa (MISA) espresse una seria preoccupazione per le dichiarazioni. Il direttore dello Zimbabwe Tabani Moyo ha detto in un tweet:

“…Il linguaggio delle forze armate che minacciano di impegnarsi a sorvegliare una vasta gamma di dichiarazioni per cercare di contrastare i materiali di sorveglianza è shockante”.

Ha inoltre insistito sul fatto che gli spazi digitali debbano continuare ad essere regolati dal Ministero di ICT, non dall'esercito:

“…la regolamentazione degli spazi digitali dovrebbe restare all'armata civile del governo attraverso il Ministero dell'ICT”.

Mentre molti utenti in rete scrivevano osservazioni sferzanti [14], mentre l'utente social Nobleman Runyanga è stato più comprensivo nei confronti del ruolo dell'esercito in “pace e sicurezza”:

L'esercito, come altri stakeholder dei servizi di sicurezza, ha un mandato per mantenere la pace a la sicurezza nazionali. Se i cittadini come @hwendec @hwende & @JobWiwaSikala continuano ad abusare dei social media verranno ripescati e non avranno nessuno da incolpare.

Newsday, un quotidiano indipendente, ha ipotizzato [21] in un editoriale che lo Zimbabwe dovrebbe “sfrecciare per essere uno stato militare”:

[…] it is our sincerest hope that the military’s proposed monitoring of the social media space is not meant to silence citizens and target individuals who choose to freely express themselves on how they and their country are being governed […]

What is currently circulating on social media platforms are public secrets and citizens are largely debating, commenting and expressing their disgust as well as anger at the state of affairs in the country.

While the army has its own intelligence service, citizens hardly ever know what it does — and when the military comes out in the open on such issues, it is bone-chilling and vindicates assertions that the southern African nation is now hurtling toward being a military state

[…] è la nostra più sincera speranza che la proposta dell'esercito di monitorare lo spazio dei social media non significasse silenzio per i cittadini e per determinati individui che scelgono di esprimere liberamente se stessi su come sono e su come la loro città debba essere governata […]

Ciò che circola in questo momento sulle piattaforme social è segreto pubblico e i cittadini ne hanno largamente dibattuto, commentato e espresso il loro disgusto così come la rabbia nei confronti degli affari di stato nel paese.

Mentre l'esercito ha i propri servizi segreti, i cittadini raramente sanno cosa fa — e quando le forze armate escono allo scoperto con certe questioni, sono agghiaccianti e giustificano affermazioni che la nazione del sud Africa sta sfrecciando per diventare uno stato militare.