Questa scrittrice messicana dice che le lingue non sono camicie di forza ma strumenti per la conversazione bilingue

Mexican author Cristina Rivera Garza speaking to a panel at the 2015 LéaLA Spanish-language book fair in Los Angeles. Credit: Betto Arcos. Published with PRI's permission

L'autrice messicana Cristina Rivera Garza durante un dibattito a LéaLA, una fiera dell'editoria in lingua spagnola tenutasi a Los Angeles nel 2015. Credit: Betto Arcos. Pubblicato con il permesso di PRI.

Questo articolo e resoconto radio dell'editore William Troop [en, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] e del produttore Betto Arcos per The World è apparso originariamente su PRI.org il 19 maggio 2015 ed è qui ripubblicato secondo un accordo di condivisione dei contenuti.

Cristina Rivera Garza è una professoressa e autrice messicana che ha fatto carriera da entrambi i lati del confine tra Stati Uniti e Messico. Ha vinto dei premi letterari in Messico per i suoi romanzi in spagnolo e ha insegnato corsi di scrittura creativa in Messico e negli Stati Uniti.

Rivera Garza sa perciò cosa vuol dire lavorare e scrivere sia in spagnolo sia in inglese. Il produttore Betto Arcos l'ha incontrata a LéaLa, una fiera dell'editoria in lingua spagnola tenutasi a Los Angeles, e le ha chiesto cosa si provi a essere un'autrice pubblicata in due lingue e in che modo l'aver vissuto da entrambi i lati del confine abbia influenzato il suo lavoro. Ecco un estratto della loro conversazione.

Cristina Rivera Garza: I'm a Mexican author who's been living in the United States for the last 25, 26 years. I’m a Norteña in Mexico, I was born in Matamoros, Tamaulipas. This is the city on the other side of the border from Brownsville, Texas. And I've been living in San Diego, California, for a number of years on the other extreme of the border as well.

You know, most of my creative work, I've been publishing that in Spanish. Most of my academic work, I've published in English. And for a while that kind of division worked quite well. But for the last 7 years I've been teaching in the MFA program in creative writing at the University of California-San Diego, and I've been teaching in English mostly. No, not mostly, only. And so that difference, the fact that I saw myself as a Mexican author writing in Spanish and as a continental academic writing in English — all of that was somewhat subverted by this experience. Obviously, I've been here for such a long time that I've been writing also in English, things that I’ve decided not to publish. But that might be changing in the near future.

Cristina Rivera Garza: Sono una scrittrice messicana che ha vissuto negli Stati Uniti per gli ultimi 25/26 anni. Sono una Norteña in Messico, sono nata a Matamoros nello stato di Tamaulipas. Questa città confina con Brownsville in Texas. Ho vissuto a San Diego in California per parecchi anni dall'altro lato del confine tra Messico e Stati Uniti.

Sai, ho pubblicato la maggior parte delle mie opere in spagnolo. I miei scritti accademici invece li ho pubblicati in inglese. E per un periodo questa divisione ha funzionato bene. Ma nei sette anni scorsi ho insegnato nel corso di laurea MFA di scrittura creativa all'Università della California-San Diego e ho per lo più insegnato in inglese. Anzi, non per lo più, solo in inglese. E così quella differenza, il fatto che mi vedevo come un'autrice messicana che scrive in spagnolo e come un'accademica continentale che scrive in inglese, è stata in qualche modo rivoluzionata da quest'esperienza. Certo ho vissuto qui abbastanza a lungo da scrivere anche in inglese, ma sono cose che ho deciso di non pubblicare. Ma questa decisione potrebbe cambiare nel prossimo futuro.

Betto Arcos: Cosa intendi con rivoluzionata? Cosa ha riguardato quell'esperienza?

CRG: Well, I’ve been very concerned with, and I want to maintain, my dialogue with Mexican literature, with Mexican authors, with Mexican readers as well. But living here for such a long time, I’ve had to be aware of the fact that we not only have Mexican readers on this side of the border but also Mexicans who've been reading both in English and Spanish. So for me it has become an issue of just plain awareness, of where I’m located and the kind of critical conversation that I would like to engage with. Based on that, I had to subvert my own way of thinking. You know, that difference between a Mexican author who publishes in Spanish, and an academic who can publish in both Spanish and English — it does make sense, and it’s kind of easy. But at the same time, it does not cover the complexity of our contemporary world, the geopolitics on which I’m located right now. So that has to change, and it has changed in fact.

CRG: Beh, mi sono occupata del dialogo che voglio mantenere con la letteratura, gli autori e i lettori messicani. Ma l'aver vissuto qui per così tanto tempo mi ha fatto capire che non abbiamo solo lettori messicani da un lato del confine ma che ci sono anche messicani che leggono in inglese e in spagnolo. Quindi, in poche parole per me è stata una questione di consapevolezza per capire dove mi trovo e il tipo di conversazione critica che voglio intraprendere. Perciò ho dovuto rivoluzionare il mio modo di pensare. Vedi, quella differenza tra l'autrice messicana che pubblica in spagnolo e l'accademica che pubblica in spagnolo e in inglese ha senso ed è piuttosto facile. Ma al tempo stesso non riflette la complessità del nostro mondo contemporaneo e la geopolitica in cui mi trovo ora. Quindi deve cambiare e infatti è cambiata.

BA: È giusto dire che pensi in un certo modo quando scrivi in inglese e in un altro quando scrivi in spagnolo? Che differenza c'è?

CRG: That's a very interesting question, and a very hard one to answer. I thought that there was a difference until very recently, when I was forced to be aware of something. That is, I've been writing material in Spanish that once I get to read it very carefully, and once some translators have been trying to translate this into English, I realized that very often I'm writing this material both in English and Spanish, the original version. And that somehow that gets into the very DNA of the writing. So there is no special side or special compartment for each of these languages. They come in waves, they are totally intertwined. And it’s more a matter of with whom I want to have this conversation, rather than what kind of material I’m working with closely on my own.

So I've been writing bilingually for a number of years. But I've been publishing that in Spanish because that's the conversation that I've been fostering. And [now] I see the tremendous richness that comes to my own world by fostering the same kind of conversation with readers on this side of the border who might be reading both in Spanish and in English.

And I'm not talking about mastery of both languages. I'm talking about taking or borrowing aspects of English, and aspects of Spanish, and combining them in ways that are even to me ways that I’m not necessarily expecting.  And what I'm looking at right now is just to start fostering, and to engage actively with, a conversation with the men and women that I live with here in this country. I've been here for such a long time, and it seems to me I've been waiting, I’ve been slow to react and that's my time right now.

CRGÈ una domanda molto interessate ed è molto difficile rispondere. Fino a poco tempo fa pensavo ci fosse una differenza, ma poi sono stata costretta a rendermi conto di una cosa. Cioè che quando leggo attentamente i testi che ho scritto in spagnolo e quando i traduttori provano a tradurli in inglese, mi rendo conto di aver scritto questi testi sia in spagnolo sia in inglese. E in qualche modo questo entra nel vero e proprio DNA della scrittura. Quindi non c'è un aspetto o un compartimento speciale per ciascuna di queste lingue. Sono come delle onde e sono del tutto intrecciate. E tutto dipende dalle persone con cui voglio avere una conversazione piuttosto che dal tipo di testo a cui sto lavorando.

Ho quindi scritto testi bilingui per molti anni. Ma ho pubblicato solo in spagnolo perché quella era la conversazione che avevo intrapreso. E [adesso] vedo la ricchezza straordinaria che il mio mondo riceve dall'intraprendere la stessa conversazione con i lettori da questo lato del confine che possono leggere sia in spagnolo sia in inglese.

E non sto parlando di padroneggiare entrambe le lingue. Sto parlando di prendere aspetti dell'inglese e aspetti dello spagnolo e combinarli in modi che io stessa non mi aspetto. Mi sto occupando di iniziare a prendere parte attivamente a una conversazione con uomini e donne che vivono in questo paese. Ho vissuto qui per così a lungo e mi sembra di aver aspettato e di essere stata lenta a reagire. Questo è il mio momento.

BA: Stai accennando a un aspetto molto interessante. Infatti quando scrivo e quando provo a dire qualcosa ci sono così tanti modi di dirlo in inglese. E poi provo ad adattarlo in spagnolo e a volte non funziona. Qual è la tua esperienza a riguardo? 

CRG: Yeah, but the thing is if you're trying to force that — well, that happens to me. If I don’t follow not only the language but the format, the structure, the syntax in which that thought or that specific construction came to me, then I get into a lot of trouble. And at times it’s so massive that I become paralyzed! And it’s much easier and much more organic when I just let it go, and I start to write in a way that seems to be more faithful to my own perception, and to the way in which my body reacts to the world that is surrounding me at that point.

So I guess that's the transformation that I'm talking about. Instead of looking at languages as straitjackets, as disciplinarian ways in which I have to behave, I'm taking what is more useful, what is more truthful to the kinds of things that I want to convey, to the kinds of materials that I want to share. And so I've been doing it, and I mean this might not be in perfect Spanish or it might not be in perfect English. But when we write we're not concerned about matters of mastery or dominion or power. When we write, we're talking about a deeper sense of communication, a deeper way of getting in contact with other human beings. So that's what concerns me right now. That kind of possibility.

CRG: Sì, ma il fatto è che se provi a farlo forzandoti, beh, questo almeno succede a me. Se non seguo non solo la lingua ma anche il formato, la struttura e la sintassi in cui ho creato quel pensiero o quel costrutto allora sono guai grossi. A volte così grossi che mi paralizzo! Ed è più facile e più naturale quando mi lascio andare e inizio a scrivere in un modo che mi sembra più fedele alle mie sensazioni e al modo in cui il mio corpo reagisce al mondo che mi circonda.

Credo perciò che questa sia la trasformazione di cui sto parlando. Invece di considerare le lingue delle camicie di forza e delle regole di comportamento inflessibili, prendo ciò che mi è più utile, ciò che è più fedele alle cose che voglio trasmettere e al tipo di materiali che voglio condividere. Ora sto facendo così e quello che scrivo non sarà in uno spagnolo o in un inglese perfetti. Ma quando si scrive non ci si preoccupa di questioni di padronanza, dominio o potere. Quando si scrive si parla di un senso di comunicazione profondo, un modo ancora più profondo di metterci in contatto con gli esseri umani. Quindi è questo che mi interessa ora. Questa possibilità.

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