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La pandemia spinge oltre 34.000 migranti venezuelani a tornare a casa

Categorie: Colombia, Ecuador, Perù, Venezuela, Citizen Media, Diritti umani, Interventi umanitari, Migrazioni, Rifugiati, COVID-19

Screenshot di un video di Euronews [1], pubblicato il 13 aprile 2020.

Camminando lungo le trochas, in autobus o su autocarri, decine di migliaia [2] [es, come tutti i link successivi, salvo diversa indicazione] di venezuelani in esilio tentano di fare ritorno in Venezuela. Il ritorno di massa dai paesi vicini, come il Perù, l'Ecuador e la Colombia, è dovuto, secondo quanto affermato dai migranti, alla mancanza di lavoro, alla difficoltà di pagare un affitto giornaliero [3] e di sopravvivere durante la crisi generata dal COVID-19 nei paesi dove erano giunti mesi o anni addietro.

Stando al giornale colombiano El Tiempo [2], 500 migranti al giorno giungono alla città di frontiera di Cúcuta per far ritorno in Venezuela. Fino al 15 aprile, la città ha visto il transito di 34.000 persone in totale.

Il ritorno in massa di persone in Venezuela è eccezionale se si considera che circa 5 milioni [4] di venezuelani sono emigrati negli ultimi quattro anni a causa del collasso dell'economia [5], l'iperinflazione, la scarsità di servizi e la precarietà della salute pubblica del paese.

Fino a un mese fa, i dati ufficiali indicavano che più di 1 milione e 825 mila [6] migranti si erano stabiliti in Colombia, mentre il governo del Perù ne calcolava 800 mila [7] e quello dell'Ecuador indicava 400 mila [8] venezuelani che vivevano nel paese. Stando all'Agenzia dell'ONU per i rifugiati UNHCR [9], centinaia di migliaia di venezuelani hanno soggiornato senza regolare permesso in questi paesi. Ciò li rende vulnerabili allo sfruttamento lavorativo e sessuale ed alla xenofobia.

La precaria situazione all'estero dei venezuelani è peggiorata a causa delle misure di quarantena e di isolamento prese dai governi di Colombia [10], Ecuador [11] e Perù [12] al fine di combattere la pandemia del coronavirus. La chiusura delle attività commerciali ed il confinamento obbligatorio hanno influito duramente sui migranti venezuelani dal momento in cui la maggior parte di questi cerca la sussistenza giornaliera nell’economia informale [13].

“Vogliamo andare a casa”

Nonostante la chiusura delle frontiere decretata dal governo della Colombia, centinaia di venezuelani in Ecuador si sono affollati nelle vicinanze del ponte di frontiera tra Ecuador e Colombia per chiedere il transito in Colombia e continuare la traversata di 1800 chilometri in direzione nord fino al confine con il Venezuela.

Rumichaca. Frontiera Ecuador- Colombia. ” Vogliamo andare a casa”, dicono in coro i migranti venezuelani.

Nel frattempo, nelle zone di frontiera tra la Colombia ed il Venezuela, il governo colombiano ha aperto dei corridoi umanitari [16] con misure di controllo sanitario per facilitare il passaggio dei migranti che fanno ritorno in patria.

Il sindaco di Cali (Colombia), @JorgeIvanOspina, ha annunciato che è stato aperto un corridoio umanitario per riportare in Venezuela centinaia di migranti provenienti dall'Ecuador.

“Proprio adesso è in partenza verso la frontiera il primo autobus con cittadini venezuelani”

Anche se diverse autorità della regione hanno messo a disposizione autobus e camion [20] per il trasferimento dei venezuelani fino a Cúcuta e Arauca, città di frontiera in Colombia, la maggior parte dei migranti che cercano di far ritorno, trova delle difficoltà di trasporto. Per questo motivo intraprendono il proprio esodo a piedi [21] oppure cercano passaggi per strada.

#6aprile #Táchira #Frontera Gruppi di migranti venezuelani continuano ad attraversare le trochas per arrivare alla frontiera e poter così arrivare al Terminal di Passeggeri di San Antonio,.
Ha riportato: Jonathan Maldonado

Centinaia di famiglie di migranti sono bloccate a metà del proprio viaggio. A Bucaramanga, una città a 200 km dalla frontiera, le si vede, con i loro pochi averi, ferme nel Parque del Agua [29] in attesa di un mezzo di trasporto per il Venezuela. Il governo locale ha noleggiato alcuni autobus per trasferire i migranti ed evitare, stando alle parole del governatore di Santander [30], rischi di diffusione del virus nella regione.

Ci sono dei casi in cui i migranti sanno di non poter fare ritorno ma non hanno neanche le risorse necessarie per restare. È il caso di Eduardo José Rondón e di sua moglie, che sono arrivati in Colombia a piedi quattro mesi fa da Puerto Orzar, situato nell'est del Venezuela. Si sono stabiliti a Bucaramanga, una città vicina alla frontiera dove lui si guadagnava la sussistenza giornaliera in un un parcheggio, sorvegliando le auto.

Eduardo Rondón ha detto a Global Voices che non può tornare in Venezuela perché sua moglie è incinta e partorirà a breve.

“All'ospedale [di Bucaramanga] hanno promesso di prendersene cura”, ha dichiarato Rondón a Global Voices ed ha aggiunto che sua moglie vuole restare in Colombia per poter avere il bambino in un posto che ritiene sicuro.

Nonostante ciò, sono ad un bivio: “ci sfratteranno dalla stanza perché sono diversi giorni che non paghiamo. Ma non abbiamo neanche da mangiare! Non so cosa faremo”.

Venezuela poco preparata per l'accoglienza

Il governo del Venezuela ha lanciato nell'agosto del 2018 il “Piano Ritorno in Patria [31]“, descritto come una strategia diplomatica ed economica per facilitare il rimpatrio dei cittadini venezuelani in necessità economica che volontariamente desideravano far ritorno al proprio paese. Attraverso questo piano centinaia di famiglie hanno fatto ritorno in aereo da vari paesi, inclusi il Brasile e la Repubblica Dominicana.

Tuttavia i migranti che riescono ad attraversare la frontiera Colombo-Venezuelana tramite trochas o autobus trovano un'accoglienza poco calorosa, come dimostrano le reti sociali, nella città di San Antonio in Venezuela. Lo scrittore ed esperto in politica Gustavo Azócar la descrive come un “caos”:

San Antonio de Táchira: centinaia di venezuelani ritornati dall'Ecuador e dalla Colombia continuano ad arrivare al terminal di passeggeri oltrepassando la capacità di risposta delle autorità. Il caos è totale.

Le autorità venezuelane, stando a quanto mostrano i media ufficiali [34], fanno controlli sanitari e spostano coloro che hanno fatto ritorno in alberghi temporanei affinché vi trascorrano le due settimane di isolamento. Sono, però, state fatte denunce [35] per falle nella logistica e nella somministrazione dei cibi per assistere i rimpatriati che in alcuni casi si sentono maltrattati a causa delle condizioni del confinamento [36].

Queste le condizioni, lontano dalle misure di protocollo dell’ OMS/OPS di isolamento per #COVID-19, che trovano i migranti venezuelani che ritornano dall’ #Ecuador/ #Colombia.
Posto di frontiera Tienditas

In Colombia, a seguito delle dure critiche per mancanza di coordinamento a livello nazionale e di leadership per aiutare i migranti venezuelani durante la pandemia, il presidente Iván Duque ha affermato  [44]che il suo governo continuerà a sostenere la popolazione migrante che risiede in Colombia, in special modo i più vulnerabili e ha chiesto pazienza mentre si distribuiscono gli aiuti umanitari. Ha anche condannato la discriminazione e la xenofobia contro i migranti venezuelani: “loro hanno bisogno del meglio della solidarietà colombiana”.