La vita ai tempi del COVID-19: la prospettiva dei Caraibi sull'isolamento

Un uovo indossa una mascherina, l'altro è in isolamento. L’ immagine è di Ivan Radic su Flickr, CC BY 2.0.

La pandemia di COVID-19 ha inciso su ogni aspetto della vita in tutto il mondo [it], e i Caraibi non fanno eccezione. Trinidad e Tobago, a sud dell'arcipelago, hanno avuto 114 casi di coronavirus (dati del 17 aprile 2020), mentre la Giamaica, a nord, ne ha avuti 143 di più. Inoltre, diversi territori regionali sono soggetti a una qualche forma di lockdown o ordine di rimanere in casa.

Durante questa “nuova normalità”, i cittadini della rete stanno condividendo le loro esperienze sui social media. I tre esempi proposti qui sono tutti diversi: uno è l'intensa testimonianza di un sopravvissuto al COVID-19, un altro è la storia di un viaggiatore che ha dovuto spendere la quarantena in una struttura statale, e l'ultimo racconto è di un giovane affetto da autismo che scrive di come affrontare l'isolamento.

Tutti loro hanno dovuto lavorare a fondo per riuscire a superare le loro difficoltà.

Il paziente zero di St. Vincent

Ranelle Roberts-Williams, che si descrive come “una moglie, madre ed avvocato 34enne di St. Vincent”, è stata il primo caso confermato di St. Vincent e delle Grenadine, dopo essere risultata positiva al COVID-19 l'11 marzo 2020.

Una volta guarita, ha condiviso la sua esperienza [en, come i link seguenti, salvo diversa indicazione] “non solo per rassicurare chi ha domande o paure, ma anche come parte della [sua] stessa terapia”, a seguito di ciò che definisce un “evento sfortunatissimo”.

Il 10 marzo, ha contattato il Ministro della Salute, del Benessere e dell'Ambiente dell'isola per segnalare una tosse secca e persistente, che la preoccupava dal momento che era tornata da poco dal Regno Unito, dove COVID-19 stava diventando rapidamente un'epidemia.

Benchè la sua prima chiamata non sia stata presa seriamente, ha insistito finchè non l'hanno testata e si è subito isolata in casa, prevenendo in questo modo una potenziale diffusione del virus:

I dare not imagine what the consequences would have been had I not insisted that I be tested for COVID-19 after having been told that I ‘did not fit the criteria’, as I would have been commuting daily and conducting business as usual.

Non oso immaginare quali conseguenze ci sarebbero state se non avessi insistito per essere testata per il COVID-19, dopo che mi hanno detto che non “c'erano gli estremi” per farmi il test, visto che sarei uscita per lavoro tutti i giorni e andata avanti coi miei impegni come al solito.

L'angoscia di Roberts-Williams per la sua diagnosi è stata esasperata quando ha scoperto che il segreto professionale sulla sua diagnosi non era stato rispettato:

My name and photos were being circulated on social media […] Imagine having to cope with a medical diagnosis for an emerging virus, while being in isolation away from your family and loved ones, with your business and staff impacted, while much inaccurate and malicious rumors are swirling around about you and your family.

Il mio nome e le mie foto stavano venendo diffuse sui social media […] immagina dover convivere con la diagnosi di un nuovo virus, mentre stai in isolamento da famiglia e persone care, con la tua attività e il tuo staff coinvolti, mentre si stanno diffondendo voci e pettegolezzi molto imprecisi su di te e la tua famiglia.

Anche se Roberts-Williams ha confermato che “l'isolamento è stato difficile ed è stata un'altalena di emozioni”, i suoi sintomi del COVID-19 erano lievi e si è ripresa senza l'intervento dei dottori. Per lei, le conseguenze della diffusione non autorizzata delle informazioni sulla sua salute sono state molto peggio del virus stesso – compreso il fatto che persone che non erano nemmeno state in contatto con lei sono state prese di mira.

Dopo 23 giorni di quarantena, Williams è ora completamente guarita, ed è risultata negativa al COVID-19 in due test consecutivi. Ha comunque dato qualche consiglio ai suoi concittadini di St. Vincent:

STAY AT HOME. Be kind to one another. COVID-19 does not require the stigma attached. Desist from shaming and discriminating against suspected or confirmed cases and their family and persons in quarantine. […]

No man is an island. We need each other. It is important to let our loved ones know that we love and appreciate them. Leadership involves listening and making and communicating critical decisions with humility and with empathy.

STATE A CASA. Siate gentili gli uni con gli altri. Il COVID-19 non deve essere stigmatizzato. Evitate di svergognare e discriminare i casi sospetti o confermati, le loro famiglie e le persone in quarantena. […]

Nessuno basta a sè stesso. Abbiamo bisogno l'uno dell'altro. È importante che facciamo sapere alle persone care che le amiamo e apprezziamo. Leadership vuol dire ascoltare, prendere e comunicare decisioni critiche con umiltà ed empatia.

In quarantena a Trinidad e Tobago

In una lettera anonima all'editore di Wired868, un paziente in quarantena descrive la quarantena forzata ponendo l'accento sul valore dell'empatia:

Life in quarantine is sometimes being disappointed by the lack of empathy of your fellow countrymen.

La vita in quarantena a volte viene svilita dalla mancanza di empatia dei tuoi connazionali.

Argomentando che la richiesta di affrontare la quarantena in una struttura statale sia “prima e innanzitutto una responsabilità nazionale […] per la tua salute e quella dei tuoi connazionali” l'autore prende anche atto di come sia più difficile da gestire della quarantena volontaria – “e non è affatto più sicura”:

It is policing your co-residents because your health depends on them as much as it depends on you. It is reminding 21 other mates to: wash their hands after their vitals, before going to the fridge or to our make-shift kitchen counter, to not pick their nose, to keep on their masks, to keep their distance when they speak to you.

Vuol dire tenere sotto controllo i tuoi compagni di quarantena, perché la tua salute dipende da loro quanto da te stesso. Vuol dire ricordare ai tuoi 21 compagni di lavarsi le mani dopo aver espletato i bisogni, prima di aprire il frigo o di usare il nostro bancone da cucina improvvisato, di non mettersi le dita nel naso, di mettere la maschera, di tenersi a distanza quando ti parlano.

L'autore ha trovato l'imprevedibilità della quarantena uno dei suoi aspetti piú difficili, ma ha trovato conforto nella preghiera:

It is loving the God you cannot see and hating the neighbour you can. […]

It is being ostracised by those you thought were friends and being ‘befriended’ by some who are not. It is trying to keep your physical health while feeling the loss of your mental health.

It is being part of the forgotten; not positive for the virus so you can be treated—but seemingly ineligible to return home.

Vuol dire amare un Dio che non puoi vedere, e odiare il vicino che vedi. […]

Vuol dire venire ostracizzato da chi pensavi fosse amico e venire “accettato” da chi non lo è. Vuol dire cercare di mantenere la tua salute fisica mentre senti quella mentale che viene meno.

Vuol dire essere parte dei dimenticati; non sei positivo al virus e quindi puoi essere curato – ma apparentemente non sei idoneo ad andare a casa.

Nella disperazione, l'autore ha trovato dei barlumi di speranza – l'umanità al suo meglio:

It is pleasant when the strong console the weak, when you can still see gratitude from co-residents in spite of the grumblings. It is seeing loved ones outside drawn even closer in spite of the physical distance.

Life in quarantine is knowing that this too shall pass.

È bello quando i forti consolano i deboli, quando puoi ancora scorgere gratitudine tra i compagni di quarantena malgrado i malumori. E anche sentire le persone care ancora più vicine, malgrado la distanza fisica.

Vivere in quarantena vuol dire sapere che anche questa passerà.

Non è noto se l'autore si trovi ancora nella struttura di quarantena per il COVID-19.

Affrontare l'isolamento quando si hanno bisogni particolari

Tutti vivono l'isolamento in modo diverso, come può confermare Rowan McEwan, uno studente del prestigioso Queen's Royal College. Scrittore di blog per causeaneffect, McEwan si descrive come “uno dei molti teenager nei Caraibi che convivono con l'autismo”.

Pur ammettendo che per lui è stato “devastante” apprendere del primo caso di COVID-19 a Trinidad e Tobago, aggiunge:

Throughout my life, I have overcome multiple barriers to get to where I am, and the one I’m currently facing is no different.

Per arrivare dove sono ora ho dovuto superare ostacoli per tutta la vita, e quello che affronto ora non è diverso.

Malgrado la sua determinazione, la vita in quarantena è indubbiamente una sfida. Gli manca la scuola, il posto dove era abituato a socializzare e rifugiarsi.

To not be able to visit this place at all was truly painful. And it wasn’t just school that was off-limits either. The entire outside world was suddenly beyond my grasp.

Non avere mai la possibilità di visitare questo posto è stato davvero doloroso. E non era solo la scuola ad essermi preclusa. Tutto il mondo esterno è diventato improvvisamente irraggiungibile.

Essendo stato un rifugiato della guerra civile in Libia [it], l'isolamento che McEwan sta affrontando su ordine dei provvedimenti di Trinidad e Tobago per il COVID-19 gli riporta alla mente memorie dolorose, quando lui e la sua famiglia “stavano chiusi in casa, vivendo in paura perpetua”.

Non c'è dubbio che la vita in isolamento possa essere spaventosa, ma forse più severe sono le misure adesso, prima il mondo sarà in grado di uscire da questa pandemia, con meno morti e più apprezzamento per l'umanità che condividiamo.

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