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COVID-19: spostarsi online non è un'opzione nelle zone colpite dal conflitto nel Medio Oriente

Categorie: Medio Oriente & Nord Africa, Libia, Siria, Yemen, Censorship, Citizen Media, Diritti umani, Guerra & conflitti, Tecnologia, COVID-19, Advox

Una scena dalle strade di Sana'a, Yemen, dove la maggior parte di coloro che hanno accesso a internet sono giovani uomini, 28 aprile 2015. Foto di Rod Waddington [1] via Flickr – CC BY-SA 2.0. [2]

La pandemia da COVID-19 ha costretto i governi di tutto il mondo a imporre regimi di lockdown, obbligando miliardi di persone [3][en, come tutti i link successivi] al confinamento in casa. Questa situazione eccezionale ha causato un cambiamento nel modello di stile di vita.

Lavorare, imparare e socializzare online sono diventati la norma, mentre le persone riducono drasticamente il tempo passato fuori per limitare ogni possibilità di contrarre il nuovo coronavirus.

L'uso di internet non è una novità, ma il COVID-19 ha accelerato questo cambiamento globale dove internet domina tutti gli aspetti della vita per coloro che vi hanno accesso.

Se essere online è la strada da seguire in questi tempi di pandemia, che ne è dei paesi colpiti da conflitti con un accesso limitato a internet?

Il COVID-19 accelera la trasformazione digitale

La pandemia da COVID-19 e le misure senza precedenti prese per fermare la sua diffusione hanno cambiato le nostre vite. Ha portato dei cambiamenti fondamentali in come funzionano le società e le imprese.

Mentre il virus mortale sconvolge il mondo e potrebbe continuare a farlo finché non verrà scoperto un vaccino, l'internet ha preso il sopravvento. Studi dimostrano che il traffico internet è aumentato [4] dal 50 al 70 % da quando è iniziato il COVID-19.

Intrappolati a casa, le persone si sono rivolte a internet in massa per continuare le loro routine quotidiane, inclusi lo shopping, il lavoro, l'educazione, la comunicazione e la socializzazione. Questo probabilmente avrà un impatto che durerà ben oltre la fine della pandemia.

Un divario digitale che si allarga

Internet è alla portata di molti e assicura una possibilità di salvezza nei paesi ricchi durante il COVID-19, ma questo non è il caso per quasi metà della popolazione mondiale, che non ha nessun accesso a internet [5]. La maggior parte di questa popolazione vive in paesi poveri e colpiti dalla guerra dove le infrastrutture sono in sfacelo e dove, eppure, il bisogno di informazione è più urgente.

Nei paesi colpiti dal conflitto, molti cittadini affrontano questa ulteriore crisi senza internet. Intanto, nei paesi ricchi e pacifici, l'internet ha dato ai cittadini la possibilità di mitigare l'impatto dei lockdown permettendo loro di continuare a lavorare, studiare, comunicare, socializzare e avere accesso all'informazione.

In alcuni paesi del Medio Oriente e Nord Africa (MENA), il COVID-19 ha colpito in un momento di crisi economica, e conflitti su larga scala o insurrezioni. Anni di conflitto in Yemen, Siria, e Libia hanno portato sofferenze immense, spostamenti di persone e devastazione. Le infrastrutture sono state prese di mira dalle parti belligeranti senza alcun riguardo per la vita dei civili.

In Siria, per esempio, più del 50 % delle infrastrutture non sono più operative [6].

In Libia, gran parte dell'infrastruttura di telecomunicazione è stata distrutta o rubata, incluse circa un quarto [7] delle torri della rete cellulare. Di conseguenza, i servizi di base —  elettricità, servizi igenici, acqua e internet – sono stati portati alla paralisi.

In Yemen, etichettato [8] da Relief Web come la peggior crisi umanitaria al mondo, l'accesso a internet è uno degli ostacoli principali. Soltanto il 27% circa di yemeniti [9], soprattutto giovani uomini in aree urbane, hanno accesso a internet. 

La maggior parte dei giovani faticano a trovare modi per connettersi al mondo esterno. “Internet è il nostro ossigeno ed importante quanto il cibo. Mi sono trasferito dalla mia città alla capitale per essere in grado di connettermi” ha detto Ghomdan, un giornalista yemenita che ha chiesto a Global Voice di usare solo il suo primo nome.

Le donne nella regione sono sproporzionatamente svantaggiate dal divario digitale. Poche donne hanno accesso a internet rispetto agli uomini, il che riflette la disparità di genere nella regione [10], con lo Yemen, la Siria e la Libia in fondo alla classifica rispetto a quasi tutti i paesi.

La combinazione di norme sociali conservatrici, accesso ridotto all'educazione e a risorse finanziarie e un ambiente online ostile [11] sono d'intralcio alla possibilità per le donne di connettersi e accedere all'informazione online e ne minimizzano la partecipazione alle discussioni online.

Internet a costo elevato, a bassa velocità e inaffidabile

In Libia, Siria e Yemen, spossati dal conflitto e il caos economico, gli utenti affrontano un'internet a bassa velocità e a costi proibitivi.

Lo Yemen ha la connessione internet più lenta al mondo con una velocità media di soli 0.38 megabit al secondo nel 2019: servirebbero [12] più di 30 ore per scaricare un film da 5 gigabyte. Nel gennaio 2020, il danno a un cavo sottomarino ha fatto sprofondare [13] lo Yemen in un blackout di internet per più di un mese.

La pandemia da COVID-19 ha costretto a una massiccia chiusura delle scuole, colpendo [14] il 90% della popolazione mondiale di studenti, il che ha portato a una cultura dell'apprendimento virtuale ed educazione online, ma l'apprendimento si rivela quasi impossibile senza una connessione a internet affidabile e ad alta velocità.

Questo inoltre impedisce alle persone di comunicare e ai giornalisti di fare cronaca e raggiungere un ampio pubblico. la bassa velocità rende difficile navigare, scaricare e caricare materiale e comunicare con le fonti. Priva anche dell'accesso  a risorse preziose critiche per scrivere report, articoli ed eventi quotidiani.

Senza un'internet affidabile, conversazioni online o telefonate via Whatsapp o Facebook spesso vengono disturbate o disconnesse.

Censura e carenza di contenuti in lingua araba

La guerra spesso include una guerra all'informazione con le varie parti belligeranti che tentano di mantenere una forte presa sulle loro popolazioni. Esse censurano l'internet e tengono i cittadini sotto stretta sorveglianza.

Per esempio, le autorità di Sana’a [12], in Yemen, e Damasco, [15] in Siria, hanno bloccato un gran numero di siti web, inclusi siti d'informazioni nazionali, arabi o stranieri. Queste restrizioni limitano l'accesso a informazioni critiche sulla pandemia.

Per scavalcare la censura, utenti con buone competenze tecniche si rivolgono alle reti virtuali private (VPN) per accedere ai contenuti bloccati. Anche se molti sono riluttanti a usare una VPN, “dato che aggiunge un carico extra alla già limitata larghezza di banda, rallentando ulteriormente la velocità di download”, secondo Coda Story [12].

Anche se i madrelingua arabi sono circa 4.5% della popolazione mondiale, meno dell'1% [16] del totale di contenuti globali online è in arabo.

Il rapido aumento del numero di utenti che parlano l'arabo non si è ancora tradotto in un maggior numero di contenuti in arabo —  l'arabo rimane una delle lingue più sotto-rappresentate online. Circa 70% dei siti web sono in lingua inglese. La maggior parte delle risorse sulla pandemia non sono disponibili in madrelingua e lingue indigene, che rende più difficile a coloro che hanno un conoscenza limitata della lingua inglese accedere a informazioni critiche sulla salute pubblica online.

L'accesso a internet è considerato un catalizzatore fondamentale dei diritti umani e i governi di tutto il mondo si sono impegnati a fornire un accesso universale e sostenibile a internet entro il 2020 [17], ma grandi fette della popolazione mondiale sono state lasciate indietro.

Il COVID 19 ha reso evidente il divario tra coloro che hanno un accesso a internet affidabile e coloro per cui l'accesso a internet è una prospettiva lontana. Il conflitto costante nel Medio Oriente non fa altro che esacerbare e allargare queste disparità.